Omar Minniti (Prc): “La vertenza Gdm sarà lunga e complessa. Le istituzioni e la società civile non devono abbassare la guardia”

Omar Minniti

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Ho partecipato, in rappresentanza della Provincia di Reggio Calabria, ai due tavoli in Prefettura sulla crisi della Grande Distribuzione Meridionale (Gdm) s.p.a. che si sono svolti il 23 marzo e il 1° aprile. In quest’ultima occasione, si sono presentati al cospetto di S.E. il Prefetto i rappresentanti del gruppo con sede amministrativa in Campo Calabro, annunciando la decisione – assunta in maniera unilaterale pochi giorni prima – di procedere al concordato preventivo e la nomina dei commissari liquidatori.

Le organizzazioni sindacali di categoria, le Rsa e le istituzioni presenti si sono trovate, pertanto, davanti al fatto compiuto e con limitatissimi spazi di manovra.

Questo è un primo aspetto meritevole di attenzione. Il secondo, invece, riguarda le sommarie informazioni fornite dai rappresentanti della Gdm s.p.a. sulle cause che hanno portato alla crisi, definita dallo stesso commissario (e già presidente del gruppo) Piergiorgio Sacco “irreversibile”.

Si è parlato esclusivamente della progressiva caduta della forniture dovuta alla riduzione del fido da parte dei fornitori, senza però fare accenno ad eventuali investimenti sbagliati, operazioni immobiliari ardite o possibili errori condotti nelle trattative con alcune cordate nel tentativo di cedere parte delle quote societarie. Non si è fatta, pertanto, piena luce sul perché un marchio considerato solido dal punto di vista finanziario, appartenente ad una classe di fatturato superiore ai  100 milioni di euro, con un ricco patrimonio di immobili e per anni quasi monopolista del commercio reggino si sia sfaldato come un gigante dai piedi di argilla.

Il terzo e più importante aspetto (per via delle ricadute sociali ed economiche sul nostro territorio) che intendo affrontare, è quello riguardante le prospettive degli oltre 700 lavoratori interni della Gdm s.p.a., di quelli dell’indotto immediato (pulizie, vigilanza, movimentazione merci, ecc.) e delle piccole e medie aziende locali verso le quali il gruppo ha accumulato debiti. Durante l’incontro in Prefettura del 1° aprile, il commissario Sacco ha utilizzato, senza troppi giri di parole, il termine “spezzatino” per intendere la messa sul mercato, per segmenti, di tutti i punti vendita  della Gdm a Reggio Calabria e in provincia, nonché a Milazzo (Me), Vena di Jonadi (Vv) e Crotone.

L’auspicio espresso dai liquidatori della Gdm è di dismettere tali proprietà in favore di non meglio precisati “imprenditori locali”, chiedendo loro l’impegno di mantenere invariati i livelli occupazionali. Un proposito nobile, quest’ultimo, ma troverà strada in discesa  in un’area economicamente depressa come la nostra, desertificata a livello industriale e commerciale dalla chiusura e il fallimento – anche nei mesi scorsi – di numerose attività produttive?

La stessa Gdm, sempre in occasione del tavolo del 1° aprile, ha espresso qualche dubbio sulla piena ricollocazione di tutti i lavoratori: si è parlato candidamente di  possibili “esuberi” e di “difficoltà” nel fornire uno sbocco in particolare ai dipendenti amministrativi del menagment, ipotizzando l’accesso agli ammortizzatori sociali.

Misura, questa, non certo indolore, vista la tempistica che richiede l’iter burocratico e tenendo in considerazione il target di gran parte dei dipendenti del gruppo: molti giovani e giovanissimi (per i quali il periodo di integrazione al reddito è ridotto), tanti lavoratori anagraficamente più maturi ma comunque lontani dalla pensione, diversi nuclei familiari con due o più dipendenti Gdm.

Anche la procedura del concordato preventivo non è esente da insidie. Ancora non si conoscono i termini proposti dalla Gdm, ma è plausibile – come riferito da fonti istituzionali – che questa si impegni a versare ai fornitori circa il 50% (o meno) dei debiti contratti. Accetteranno queste condizioni le aziende creditrici? Il concordato è regolato dal regio decreto del 16 marzo 1942 n. 267 e prevede la possibilità per i creditori, riuniti in adunanza davanti a un giudice delegato, di votare a favore o contro la proposta della società debitrice. Il concordato preventivo è approvato solo ed esclusivamente quanto raggiunge il voto favorevole di tutti i creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti. Se ciò non si verifica, viene decretato il fallimento del debitore, con tutte le conseguenze del caso.

Le rassicurazioni fatte dalla Gdm non bastano: è prevedibile che avremo a che fare con una vertenza lunga e complessa, con costi sociali ancora da calcolare, ma di certo non tollerabili per un tessuto locale già falcidiato da disoccupazione, precarietà e lavoro nero. Le istituzioni, le forze politiche e tutte le articolazioni della società civile non devono abbassare la guardia. Va vigilato fino in fondo su tutti i passaggi delle trattative, fatto quadrato coi sindacati, i lavoratori e le loro famiglie e supportata la richiesta di un tavolo ai massimi livelli presso il Ministero del Lavoro.

La perdita anche di alcune decine di posti non sarebbe soltanto una sconfitta morale, l’ennesima per questa città e questa provincia, ma un ulteriore rintocco di campana a morto per l’economia e la possibilità di rinascita civile del nostro territorio.

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Author: Cristina

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