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La poesia celebra la grandezza storica della Calabria e denuncia il suo abbandono attuale, tra dialetto, memoria e speranza di rinascita
Il testo, scritto dal Dott. Paolo Pansera, in un dialetto calabrese ricco e musicale, è un canto nostalgico che rievoca con orgoglio la grandezza del passato e denuncia con amarezza il presente. Le polis greche che resero celebre la regione — da Sybaris a Reghion — evocano un tempo di splendore, cultura e ricchezza ormai lontano. Oggi, la Calabria piange “lacrime amare, lacrime di sangue”, sparse dai suoi figli emigrati in ogni angolo del mondo.
Cara Calabria mia,
Sybaris, Kroton, Scolacium, Hipponium, Metauros, Lokroi Epizephyroi, Reghion
ti ficiru GRANDE.
Poi spargisti lacrime amare,lacrime di sangue pi tutto lu mundu.
Ancora oggi li figghi più belli fuiunu i sta terra.
Non ci sunnu chiu li grandi famiglie e mancu li grandi tavolate cu tanta allegria.
C’è grande pena nda lu cori di li mamme che non vonnu chiu criare na criatura.
Cara terra mia li toi politici ti distruggiro tutta.
Sti quattro vecchi si ni stannu iendo e TU cara terra mia, forse ingrata pi li figghi toi, rimani sula e sconsulata con le unde du to mare.
Paolo Pansera
Questa poesia è anche un atto di resistenza. È il segno di chi non vuole arrendersi, di chi ancora sente forte il legame con la propria terra, pur nella sofferenza. Come tutte le poesie popolari, questa invocazione porta dentro una speranza silenziosa: che qualcosa possa cambiare, che ci sia ancora qualcuno disposto ad amare, proteggere e far rinascere la Calabria.
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