La restanza a distanza, un modo per continuare a vivere la propria terra anche da lontano

Questo post é stato letto 460 volte!

La restanza a distanza è un atto di fedeltà culturale, un modo per continuare a vivere la propria terra anche da lontano. La restanza vissuta e praticata da lontano, una forma di presenza e appartenenza che trascende la lontananza geografica.
La distanza non è più solo mancanza, ma spazio di elaborazione, di racconto, di cura. La Calabria grecanica come orizzonte affettivo, cucina e cultura come strumenti di restanza a distanza.

Portare sapori, tradizioni e racconti grecanici in Belgio, rivolgendosi ad un pubblico internazionale, il mio piccolo contributo per far conoscere questa terra.
Il legame emotivo con la terra d’origine, o del cuore, non si spezza con la partenza. Al contrario, si intensifica nella nostalgia, nei ricordi, nei gesti quotidiani che rievocano la casa lontana. Chi resta a distanza racconta la propria terra, la propria infanzia, tradizioni e sapori.
La narrazione diventa strumento di resistenza e di trasmissione culturale. La distanza può aiutare, con forme espressive come la fotografia, la scrittura, le ricette, la musica, a creare linguaggi nuovi, complementari a quelli grecanici in senso stretto.

Restare a distanza è anche un atto politico. È un modo per rivendicare il diritto alla memoria, alla complessità, alla pluralità delle appartenenze. È una critica implicita alla retorica del ritorno forzato o della fuga definitiva.

Nostalgici? No. Si fa della memoria uno strumento di attivazione, non di rimpianto. Raccontare una Calabria che spesso non ha voce nei media nazionali: una terra dura, sì, ma pensante, che riflette su di sé. La restanza a distanza, che non ha bisogno di presenza fisica quotidiana, è anche un lavoro simbolico di manutenzione della memoria collettiva.

Questa forma di restanza è possibile, oggi più che ieri, grazie alla tecnologia: scrivere, pubblicare, condividere, dialogare con le comunità locali pur stando altrove è ormai una pratica diffusa. I social, i blog e le riviste online, diventano luoghi di ritorno simbolico.

La parola di chi resta a distanza può essere più lucida, più penetrante, perché uno sguardo educato alla distanza può cogliere le sfumature che chi vive immerso in una realtà non sempre vede bene. In questo senso, la “restanza a distanza” non è secondaria: è complementare.
Quanti sono, oggi, i calabresi che vivono la restanza a distanza? Centinaia di migliaia…

Questo post é stato letto 460 volte!

Author: Nicola Priolo