Il PdCI si pronuncia in merito ai fatti accaduti a Reggio Calabria

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E’ un momento difficile per Reggio Calabria, per i suoi cittadini onesti.

 Da mesi ormai, si reiterano gli attentati, le minacce, sempre più gravi nei confronti dei Magistrati e dell’Istituzione Giustizia. Dopo la bomba di gennaio alla Procura Generale e l’attentato al portone di casa del Procuratore Generale adesso è stato fatto trovare un bazooka nei pressi del Tribunale ed una telefonata anonima individua nel Procuratore Pignatone il bersaglio predestinato.

Certo, la Magistratura Reggina, si stà contraddistinguendo per una lotta alla ndrangheta senza precedenti.

 Le inchieste attivate dal Procuratore Pignatone e dal suo pool hanno segnato risultati importanti e significativi, che in passato non erano mai stati raggiunti. Da qui la reazione violenta e terroristica da parte della delinquenza organizzata, che forse spera, con questi attentati clamorosi di dissuadere gli inquirenti dall’azione di legalità attualmente in atto.

Siamo sicuri che l’azione investigativa andrà avanti e che, anzi, i recenti attentati non faranno altro che stimolare ancor di più i Magistrati e le Forze dell’Ordine nel loro impegno per il ripristino della legalità.

Tuttavia, sappiamo che non è sufficiente l’azione dei Magistrati e delle Forze dell’Ordine per sconfiggere l’illegalità diffusa. La lotta alla mafia non è una questione pivata tra Magistrati e cosche criminali.

In questi giorni si sono susseguiti tanti messaggi di solidarietà, tante iniziative, fiaccolate.

Tutte cose importanti che  danno il senso che c’è in  città un voglia di riscatto dall’oppressione mafiosa. C’è tanta gente onesta, insomma che si pone al fianco dei Magistrati e che crede nella legalità come pilastro della società; anche e soprattutto di quella reggina. In questo senso riteniamo molto importante la manifestazione svoltasi lo scorso lo scorso 25 settembre. Hanno partecipato in tanti, rappresentanti delle istituzioni, dei Partiti, dei Sindacati, tante  Associazioni, singoli cittadini.

 Anche noi ovviamente eravamo presenti come sempre abbiamo partecipato ad ogni iniziativa orientata a significare il valore fondamentale dell’impegno per la legalità.

Ma ci dobbiamo serenamente domandare è stato sufficiente? Evidentemente no; soprattutto se si predica bene e poi nella vita quotidiana si razzola male.

Perché troppo spesso a Reggio non emerge chiara la discriminante per cui si assiste al prevalere di una sorta di pensiero unico nel quale è difficile distinguere e in cui si può trovare di tutto: vittime della ndrangheta e consiglieri comunali che compaiono nelle intercettazioni riguardanti inchieste importanti per le loro sospette frequentazioni, magistrati in prima  linea costretti a vivere sotto scorta e personaggi politici regionali e nazionali che non sono certo campioni di legalità e che talvolta hanno costruito le loro carriere politiche nella zona grigia che rappresenta la vera forza della ndrangheta.  

Occorre fare il massimo di chiarezza altrimenti si rischia di perdere fiducia e credibilità.

 E c’è bisogno di uscire da un coro che ricorda molto lo scenario del Gattopardo. Non vorremmo rivedere  ancora spettacoli indecorosi come quelli che avvenivano durante le manifestazioni antimafia degli anni 70 e 80 nella piana di Gioia Tauro quando sui palchi delle manifestazioni salivano personaggi discussi e chiacchierati, memorabile rimane una manifestazione svoltasi a Taurianova quando salì sul palco un personaggio all’epoca assai noto come Ciccio Macrì.  Non vorremmo rivedere scene simili.

Lo spettacolo davvero indecente dato da alcuni componenti della Giunta e del Consiglio Comunale nonchè da esponeti della politica provinciale e regionale rappresenta un esempio negativo di un modello da abiurare perché diseduca anzicchè educare. E non basta a far dimenticare quei comportamenti il fatto di partecipare alle manifestazioni  e ai presidi antimafia. Se il ruolo della società civile si riducesse solo a quello sarebbe come il voler lavare l’abito esteriore lasciando appassire la propria coscienza civile.

Noi siamo convinti che il caso Reggio deve rappresentare un caso Nazionale nel senso che la Reggio sana ed onesta ha bisogno di un sostegno forte che deve venire dallo Stato perché questo darebbe anche la convinzione a tutti che non siamo abbandonati a noi stessi, che le forze dell’Ordine ed i Magistrati non sono soli nella loro battaglia. Purtroppo, la risposta che è arrivata in queste ore ci sembra assolutamente inutile e sbagliata.

Non è con l’invio dell’Esercito che si combatte la mafia Ministro La Russa !

Questa decisione ci appare un tentativo, ipocrita, demagogico e sbrigativo per far vedere che lo Stato reagisce, ma in realtà è uno strumento assolutamente inidoneo.

Peraltro a Reggio Calabria e nel Mezzogiorno l’arrivo dell’Esercito è anche un fatto dannoso sul piano sociale in quanto evoca altri momenti negativissimi dell’approccio dello Stato con le popolazioni del Mezzogiorno d’Italia. Sarebbe visto come le altre volte come un tentativo repressivo generalizzato verso un’intera comunità e non diretto e mirato verso gli appartenenti alla ndrangheta.

Né segni tangibili hanno dato le “apparizioni” del Governo e dei suoi Ministri a Reggio Calabria.

La venuta a Reggio del Governo ha solo deciso la localizzazione a Reggio dell’Agenzia per i beni confiscati. Troppo poco per una seduta definita storica del Consiglio dei ministri a Reggio Calabria. Ancor più censurabile ci è apparso l’arrivo del Ministro Alfano che “orgogliosamente” ha destinato risorse straordinarie pari ad un’elemosina di poche migliaia di euro, nemmeno sufficienti a pagare la benzina per le autovetture delle Forze dell’Ordine per un paio di mesi. Insomma la montagna ha partorito il topolino.

Non si può combattere una vera battaglia per la legalità se non arrivano Magistrati, agenti di Polizia qualificati, tecnologie avanzate. Risorse finanziarie aggiuntive –vere e non promesse – tali da retribuire servizi notturni indagini a vasto raggio e quanto si renda utile ed opportuno alle investigazioni in corso.

Come emerge dalla relazione – consegnataci dallo stesso in occasione dell’incontro avuto alla presenza del nostro Segretario Organizzativo Nazionale Orazio Licandro – presentata dal Presidente del Tribunale all’assemblea di ANM svoltasi questa estate a Reggio Calabria, il Tribunale di Reggio Calabria presenta una scopertura di pianta organica dei Magistrati superiore al 30% ed una dotazione di personale amministrativo inferiore di oltre 80 unità rispetto ai fabbisogni indicati dal Ministero nel lontano 2001. Così come le risorse finanziarie destinate al nostro Tribunale che invece di essere aumentate sono state ridotte negli ultimi due anni: cioè nel momento del maggior bisogno. I dati si commentano da soli e la domanda sorge spontanea: come pensa il Governo di aiutare i Magistrati in questa difficile battaglia se non pone rimedio a tali carenze?

In ultimo, ma sicuramente non ultimo riteniamo che un ruolo fondamentale è chiamata a svolgere oggi la città.

In questo senso riteniamo che bene abbia fatto il Presidente del Tribunale nel concludere il documento letto all’ANM con un monito forte alla città. Non facciamo parte di chi si considera meridionalista semplificando la battaglia solo con il richiedere aiuto al Governo Nazionale.

Sappiamo benissimo che il riscatto del Mezzogiorno e della nostra città, soprattutto per quanto riguarda la battaglia per la legalità passa attraverso la capacità del popolo reggino di saper fare scelte nette e chiare, alla sua classe politica ed intellettuale di parlare con chiarezza e coraggio; oggi per la politica è il momento di usare il linguaggio della verità senza infingimenti. Solo così si potrà creare uno spartiacque tra chi crede nella legalità come principio ispiratore della società e chi no e soprattutto tra la gente onesta e quella zona grigia che rappresenta l’humus per consentire alla mafia di infiltrarsi nelle istituzioni e nell’economia della città.

A questo compito siamo chiamati tutti a partire dal gruppo dirigente politico e sindacale.

Pensiamo al ruolo che deve svolgere la Chiesa reggina e che sicuramente svolgerà per raccogliere le forze sane e per emarginare chi delinque.

Pensiamo però anche e soprattutto al ruolo che devono esprimere gli Ordini Professionali di traino positivo e civile, rafforzando il senso etico e deontologico degli iscritti, alla classe intellettuale e culturale, alla scuola, all’Università. La “Mediterranea” faccia sentire alta la voce del mondo scientifico nella città che la ospita e che spesso sente poco la ricaduta positiva che un’università ha il dovere di dare al territorio.

In una città in cui i giovani possono essere tentati da un modello deviante  il compito del mondo scolastico, didattico e scientifico deve essere tale da far capire quale è la rotta giusta da seguire.

Dobbiamo lavorare, tutti insieme, per ridare alla città un tessuto sociale e culturale che oggi è smarrito, insomma occorre un nuovo patto sociale del quale responsabilmente ci facciamo promotori e chiamiamo tutti a raccogliere questo nostro monito e ad aderirvi.

 

     Il Segretario Provinciale del PdCI                                                      Il Segretario Regionale  del PdCI

                   Lorenzo Fascì                                                                                     Michelangelo Tripodi

 

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