Gianpaolo Catanzariti sulla “querelle” innescata dalle dichiarazioni dell’assessore Lamberti

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Uno dei capisaldi delle democrazie, corollario della libertà, è quella di potersi esprimere, pur nei limiti stabiliti dal nostro sistema giuridico, su ogni argomento di pubblico interesse. Senza tabù alcuno. Non comprendiamo, pertanto, quale tabù abbiano infranto le esternazioni pubbliche, e non private, dell’assessore provinciale di Reggio Calabria, dott. Eduardo Lamberti-Castronuovo in merito alle iniziative convegnistiche anti-mafia di recente avvenute.

Non si intende, certo, sindacare il contenuto ed il valore “scientifico” del “Museo della Ndrangheta”. Però un amministratore pubblico ha il dovere di porre e di porsi determinati interrogativi su come vengano spese le risorse pubbliche, specie nell’attuale momento di crisi ed alla luce di cifre indicate dallo stesso assessore che, se rispondenti al vero, esse sì imporrebbero una maggiore cautela, nel rispetto del sacrosanto valore della legalità quale pratica di condotta e di vita e non certo predica da salotto e conferenze.

Non esistono, in buona sostanza, come qualcuno vorrebbe, che determinate iniziative meritino sostegno “a prescindere” in ragione del tema trattato.

Troppo spesso siamo costretti a constatare, oltre a viverla sulla nostra pelle, come, incidendo pesantemente sul versante sociale, economico, civile, politico, la “ferita”, certamente grave e su cui fiumi di inchiostro e di parole sono state spese nelle differenti prospettive esplicitate, costituita dalla criminalità, organizzata e non, diffusa sul nostro territorio, in alcuni contesti abbia rappresentato una buona occasione per l’inizio di carriere, politiche e non, “antimafia”.

Addirittura, nel nome della antimafia, ci permettiamo il lusso di avere una commissione regionale, fonte enorme di spreco di risorse e di posti da assegnare alle varie clientele, la cui utilità nessuno finora ha dimostrato, se non per “l’incisiva” scelta di donare ad ogni comune calabrese una targa da far apporre sulla porta dei municipi “qui la ndrangheta non entra”. Certo, sul fronte anti-ndrangheta, sarebbe stato più utile che le non poche risorse, ogni mese spese dalla speciale commissione regionale, fossero destinate alla realizzazione di strutture sportive e culturali per i bambini di comuni come Platì, paese simbolo dell’arretratezza calabrese. Sarebbe un segno molto più efficace di targhe sistematicamente ignorate.

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Author: Cristina

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