Forum III settore Area Grecanica: “E’ civile oltre che legale scegliere di investire nelle Politiche Sociali”

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Il III settore è più povero delle persone che assiste, è soffocato dalle esposizioni bancarie, accumula ritardi nei pagamenti da parte degli Enti pubblici, che pubblicamente affermano di voler investire nella solidarietà e poi di fatto non pagano i servizi resi.

Quanto sta accadendo a Reggio Calabria è quindi  emblematico di una Società, in momenti di crisi, che tende ad escludere sempre di più i propri figli deboli.

Potremmo dilungarci su aspetti normativi violati, dalla Carta Costituzionale alla legge regionale n.23 del 2003 mai applicata, ma preferisco richiamare l’attenzione su una problematica che sta annichilendo in pochissimo tempo esperienze e culture vecchie di trent’anni.

Quanto sta accadendo a Reggio Calabria, che esortiamo a non sentire distante da noi, è drammaticamente trasferibile ovunque, ma in particolare nella nostra Regione.

Dietro carenze di liquidità, riduzione o addirittura abolizione di fondi dedicati al Sociale, dietro i tagli a cascata, si nasconde la scelta incomprensibile di azzerare un settore che risponde a bisogni, magari sommersi per dignità, enormi nella popolazione.

Ancor più in questi frangenti.

Reggio Calabria, che potrebbe arrivare concretamente alla sospensione dei servizi, sollecita tutto il Paese al dramma del sociale che si sta avvicinando all’epilogo.

Non ritengo che nell’Area Grecanica le cose vadano meglio.

A monte si assiste ad un basso profilo del III settore dovuto prevalentemente a carenza di programmazione da parte degli Enti locali, ed inspiegabili passi indietro su traguardi quasi raggiunti, vedi i Piani di Zona, in situazione incomprensibilmente stagnante.

Dovrebbe completarsi tra non molto l’iter burocratico per dare avvio al servizio di assistenza domiciliare rivolto a persone non autosufficienti già affidato, che dovrebbe seguire per i prossimi due anni circa centoventi persone nel distretto.

Il problema forse più grave di questo servizio è che, terminatone gli effetti, essendo azzerato il Fondo sulle Non Autosufficienze, allo stato attuale non avrà prosecuzione.

Le soluzioni ci sono e sono a portata di mano.

Anzitutto i comuni non possono e non devono essere passivi spettatori di una macelleria sociale che evidentemente parte dall’alto.

Devono essere alleati del III settore e soprattutto delle fasce deboli della popolazione, sovente percepite come situazioni senza possibilità di risposta.

In buona sostanza bisogna fare fronte comune.

Occorre da subito che gli Enti Locali riversino la quasi totalità dei tributi comunali verso i Servizi Sociali, fonte di reddito e sostegno ed anche di cultura.

Oltre che valutare forme di compensazione o moratoria dei tributi comunali a vantaggio delle Aziende Sociali e dei loro dipendenti.

In una comunità locale la cultura della solidarietà, se affermata, è fonte di crescita e rinnovamento.

Si potrebbe giungere anche alla decisione di ridurre o addirittura azzerare eventi dal sapore effimero, come molte feste di piazza, pur riconoscendone il valore aggregativo, a vantaggio dei servizi ai più deboli.

Inoltre gli Enti locali non possono più prescindere dalla programmazione dei piani di Zona.

Uno strumento validato che definisca per bene gli ambiti, le risorse e soprattutto i bisogni del territorio è fonte di ottimizzazione di fondi, in tempi di inspiegabili tagli, e soprattutto permette di essere pronti quando e se le attuali politiche di governo comprenderanno che è civile oltre che legale scegliere di investire nelle Politiche Sociali.

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Author: Cristina

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