Ultimi tentativi di bloccare il Ponte sullo Stretto

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È arrivata sulla scena del dibattito, pro o contro il Ponte sullo Stretto, la proposta del Ponte galleggiante dell’architetto israeliano Mor Temor. Completo di strade, ferrovie, case, alberghi, locali notturni, giardini pensili e darsene per medie e piccole imbarcazioni, il progetto offre un certo richiamo, un sicuro charme, ma è presentato, dai detrattori del Ponte a campata unica, come alternativo allo stesso, con la speranza, neanche tanta nascosta, di poterne bloccare l’iter realizzativo.

Anche la proposta di Ponte galleggiante conferma così il furore nichilista di quanti, per scelta ideologica, cavalcano aprioristicamente qualunque ipotesi che sia in opposizione al Ponte sullo Stretto. Ed è stato così anche al Convegno di presentazione del progetto del Ponte galleggiante dove sembrava di assistere, con qualche timida eccezione, alla celebrazione del No, caratterizzata, oltre che dai soliti catastrofismi (venti, terremoti, smottamenti, finanziamenti, difficoltà di costruzione, disastri ambientali) da subdole ipotesi sospensive che possiamo così sintetizzare: ‘il ponte galleggiante abitato è il non plus ultra nel settore dei ponti e, ergo, sarebbe opportuno che ci si fermasse un attimo per valutare se la medicina alternativa proposta è veramente innovativa’.

Pura e semplice irragionevolezza giocata contro il Ponte che ha già subìto un iter quanto basta travagliato e lungo, che ha visto una gara d’appalto regolarmente espletata, con gli aumenti di capitale della Società Stretto di Messina decisi, con gli stanziamenti del Cipe effettuati, e che si trova adesso nella fase di progettazione esecutiva da rendere concreto entro il 30 settembre prossimo. Ma questa scellerata  illogicità va diritto contro gli interessi delle popolazioni calabre e sicule che sull’attraversamento stabile dello Stretto fondano le loro speranze di un sano riscatto economico e sociale. Ma onde evitare d’essere accusati di identico aprioristico atteggiamento contro l’ultima proposta avanzata, facciamo un minimo di ragionamento.

I due Ponti supposti alternativi (a campata unica o galleggiante) non sono per nulla tali per tre importanti motivi: la localizzazione, le ipotesi di finanziamento e le motivazioni che li sorreggono. Nel caso della localizzazione, il Ponte a campata unica sarà costruito nel punto più vicino tra le due sponde e, attraverso una serie di viadotti e gallerie, si eviterà il massacro del territorio determinando l’amalgama con le zone abitate. La seconda ipotesi progettuale, vale a dire il Ponte galleggiante, avverrebbe diversi chilometri più a sud, vale a dire direttamente tra due zone densamente abitate delle due città, che non sarebbero sorvolate ma interessate massicciamente e direttamente, e con le tante difficoltà operative che è ingenuo sottovalutare.

Il finanziamento. Nel primo caso oltre al 40% di capitale pubblico, pari a 2,5 miliardi di euro, già deciso e deliberato, si ricorrerà al project finance per il restante 60% pari a 3,8 miliardi di euro; per il ponte galleggiante abitato si ipotizza un autofinanziamento con la congetturata vendita di 3 milioni di mq. di abitazioni ed altro!

Diverse profondamente le motivazioni delle due opere. Per il Ponte galleggiante si tratta di realizzare un collegamento che sia propedeutico all’interscambio tra le due città e le due province. In poche parole è un’opera finalizzata al pendolarismo o, se proprio si vuol andare oltre, utile alla conurbazione ed alla creazione della Città dello Stretto. Valore importante per le due realtà urbane e per i cittadini dei due territori, ma senza una rilevante portata economica per un tangibile sviluppo delle aree meridionali. Il Ponte sullo Stretto, quello per intenderci già appaltato e avviato alla realizzazione, è nato come collegamento tra le due sponde ma è diventato, nelle scelte europee, segmento importante del corridoio 1 Berlino-Palermo il cui obiettivo è quello di  ridurre i tempi di percorrenza  delle merci da e per il Nord Europa da e per Medio ed Estremo Oriente.

Non può sfuggire a nessuno, salvo preconcetti e furori ideologici, l’importanza di captare il traffico merci che nel Mediterraneo ammonta al 30% dell’intero traffico mondiale,  e delle ricadute che tale captazione determinerà nelle regioni meridionali che diventeranno una reale base logistica dell’Europa. Né potrà sfuggire che il Ponte determinerà un’infinita serie di ricadute infrastrutturali le più importanti delle quali saranno l’Alta velocità, oggi ferma a Salerno, che toglierà anche la Calabria e la Sicilia dall’isolamento in cui si trovano; il potenziamento dei porti che attorno all’hub principale di Gioia Tauro necessariamente dovranno essere sorretti e potenziati (da Siracusa a Catania, da Palermo a Milazzo, da Messina a Reggio e Vibo Valentia); la conclusione del rinnovo della A3, della Statale Jonica 106 e delle pedemontane. Questa lista non esaustiva di conseguenze positive per l’intero territorio fanno difetto nell’ipotesi alternativa.

C’è troppo in gioco per permettere che venga rimesso in discussione quanto, faticosamente, si è riusciti a far partire. La baricentricità mediterranea del Ponte rispetto ai Paesi rivieraschi ne fa un’opera che può saldare il Sud d’Italia con i paesi che si affacciano nel Mediterraneo: una cerniera tra Africa ed Europa. Dovrebbero solo far sorridere i lai di quanti pensano che basta avere un minimo di visibilità per sentenziare sul futuro di intere popolazioni.

Nessuno osi toccare il futuro del Mezzogiorno.

Bruno SERGI*

Giovanni ALVARO

* Docente Facoltà Economia Università di Messina

Cofondatori del ‘Comitato Ponte Subito’

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2 thoughts on “Ultimi tentativi di bloccare il Ponte sullo Stretto

  1. “…già nel 1985 «…quando Craxi annunciò l’avvio dei lavori si scatenò una guerra tra mafia e ’ndrangheta che si concluse in un bagno di sangue: oltre 600 morti». Il controllo dei futuri appalti e l’acquisto dei terreni su cui si insedieranno le infrastrutture sono i rischi veri che potranno far scatenare, nuovamente, una faida fra i vari clan che gestiscono il territorio…” Se il Ponte ha questo primo effetto per me è positivo. Se poi si vuol dire che non bisogna commerciare perchè c’è il pizzo, non bisogna costruire perchè c’è il pizzo o il riciclaggio, non bisogna produrre ecc. Bè.. lor signori che parlano cosi.. siate coerenti ed andatevene!! Perchè se non ci fossero commercianti, imprese edili, produttive di vario genere che ORA continuano a lavorare in queste condizioni VOI come potreste vivere qui?

  2. Spettabile redazione,

    con la presente Vi allego l’intervento di Enzo Siviero tenuto all’ultimo incontro di Catania e mia relativa replica.

    Vi sarò grato se vorrete darne notizia.

    Cordialmente

    Carlo Mancosu

    Enzo Siviero: Tre libri sul ponte di Messina

    L’ organizzazione del convegno, da me promosso unitamente all’amico Ing. Luigi Bosco, “Il Ponte sullo Stretto. La sfida dell’Ingegneria” (Catania, 21 Maggio 2010) mi spinge a commentare tre libri sul Ponte di Messina. Il primo, appena uscito, “Il Ponte sullo Stretto – Rischi, dubbi, danni e verità nascoste” a

    cura di Carlo Mancosu, il secondo, dello scorso anno, di Giuseppe Cruciani “Questo Ponte s’ha da fare – Lo Stretto di Messina e le opere incompiute che bloccano l’Italia” e il terzo, recentissimo, edito dalla Società Stretto di Messina, “The Messina Strait Bridge A challenge and a dream”.

    Nel primo, il filo conduttore, al di là delle dichiarazioni iniziali, appare decisamente orientato verso il NO PONTE. Nè bastano gli spunti di Luigi Prestinenza Puglisi, che fornisce un contributo ‘intrigante’

    capace di far riflettere nell’oscillazione PONTE NO/PONTE SI. In effetti, a ben vedere, assai diverse da quelle puramente tecniche sono le motivazioni che fanno propendere per il PONTE SI: suggestioni ed emozioni, percezioni e sogni, miti e realtà che toccano il cuore più che la ragione.

    Il libro di Cruciani, al contrario del primo, si spinge in modo enfatico verso il PONTE SI, tentando di ridicolizzare chiunque si opponga a questo che, per come viene posto dall’autore, si configura come un vero e proprio “imperativo

    categorico”. A sua volta il libro della Società Stretto di Messina finalmente rende palese un progetto, per molti versi sconosciuto ai più, ben illustrando dalla parte del committente il quadro complessivo dell’opera dalla sua genesi storica, allo stato attuale, puntualizzandone ogni elemento significativo in uno sguardo complessivo mai, prima d’ora, affrontato. Un volume, dunque, più che necessario per far chiarezza su questa controversa tematica.

    Peraltro, a mio avviso, sia nel caso del NO PONTE che in quello del SI PONTE il tema non viene ben posto. No si possono, infatti, condividere in modo preconcetto ed acritico né i SI né i NO senza motivazioni solide che attengono

    ben più al “luogo” che al “non luogo”.

    Tornando a Mancosu, va detto, senza tema di smentita, che l’insieme delle opinioni raccolte in questo libro ricalcano temi arcinoti, trattati talvolta frettolosamente, ma prevalentemente, oserei dire, quasi ‘urlati’. Proprio

    per questo se ne raccomanda la lettura! Se si intende affrontare un dialogo e svilupparlo appieno, è necessario, in via prioritaria, abbattere le muraglie ideologiche, costruire un ‘ponte culturale’, non ideologizzato, percorrerlo

    fino in fondo, senza timore alcuno. Solo così si potrà pervenire alla convergenza complessiva. Ecco quindi che, paradossalmente, e forse inconsapevolmente, proprio all’interno di questo stesso libro, si trova la soluzione, correttamente fornita, nel suo lucidissimo approccio culturale, da Franco Zagari. Straordinario interprete di un pensiero collettivo, non ben compreso dai più, senza pregiudizio alcuno, ma con una forte sensibilità, non solo paesaggistica, Zagari fornisce una chiave di lettura, non nuova forse, ma qui riproposta in forma unitaria. Vi si ritrovano le suggestioni della metropoli dello Stretto ben colte dal mitico Samonà, così come la rivisitazione dell’intero impianto paesaggistico nelle varie scale, e ancora le evoluzioni economico/sociali che si potranno determinare con la realizzazione dell’opera (ben inteso nel suo complesso urbanistico-territoriale declinata in

    modo culturalmente elevato). In buona sostanza, una visione del ‘luogo’ che coglie un’opportunità unica e irripetibile, per ritrovare se stesso, in una trasformazione epocale che, in non più di uno, massimo due decenni

    (meno di una generazione…) potrà risorgere a nuova vita. Sono, queste, alcune delle riflessioni che io stesso da tempo coltivo, e molte volte, anche pubblicamente, ho espresso senza pregiudizio alcuno. Un plauso dunque

    al collega Zagari che, punto di riferimento dell’architettura del paesaggio e coordinatore nazionale di molte ricerche sul tema, ci fornisce con il suo scritto, la delicatezza dei suoi pensieri, la sensibilità del suo operare, ma soprattutto, l’eleganza della moderazione. Di questi tempi una vera e propria rarità!

    Di mio vorrei aggiungere un’ulteriore riflessione. Ovvero, come la realizzazione della Metropoli dello Stretto, se opportunamente accompagnata da uno statuto speciale che ne definisca la vocazione mediterranea anche in termini di ‘zona franca’ (peraltro già attiva a Messina e mai resa veramente operativa), potrebbe determinare un virtuoso riavvio delle dinamiche evolutive di un ‘luogo’ capace di dotarsi di nuove e più moderne identità, come valore aggiunto rispetto ad una tradizione di cui, forse, si è persa financo la reale percezione. Un vero e proprio ‘punto di accumulazione’

    fortemente attrattivo anche per investitori internazionali. In tal modo, anche le risorse locali, dense di capitale umano di assoluto rilievo, verrebbero pienamente valorizzate, con una decisa

    inversione di tendenza rispetto ad un passato, più o meno recente, che, ahimè, da troppo tempo si protrae, nella stanca inerzia di chi ha perso ogni speranza di riscatto.

    Anche per questo il PONTE assume un valore simbolico di straordinario valore: fusione di usi, costumi, dialetti fino alla creazione di una nuova realtà non più esclusivamente isolana, ma una grande unica “città metropolitana” che fa della Sicilia una parte integrante dello Stivale, raccordandosi con la Calabria in un processo virtuoso di ritorno alle più antiche tradizioni del passato. A partire dalla Magna Grecia, di nuovo culla di una civiltà che, superando d’un balzo il difficile presente, guarda direttamente ad un futuro migliore.

    Enzo Siviero

    Diritto di replica – Il Ponte sullo Stretto

    Caro Siviero, spero mi permetterà di replicare a quanto affermato in relazione alla pubblicazione dell’ultimo mio libro “Il Ponte sullo Stretto. Rischi, dubbi danni e verità nascoste”.

    Nella presentazione tenuta presso la Feltrinelli di Galleria Colonna a Roma il 12 u.s. si è svolto un serio dibattito, con alcuni dei relatori del libro dove ha avuto modo di esporre le sue posizioni, in modo pacato e con altrettanto garbo ha avuto risposta. Devo quindi dissentire dalle sue affermazioni, poiché l’unica intenzione del libro è quella di portare gli interlocutori al dialogo e non allo scontro. Pertanto, sia nel libro che nell’incontro non sono state assunte posizioni preconcette, né tantomeno “urlate”. Se le verità e le opinioni espresse – poiché hanno una autonomia ed una autorevolezza – le si valuta come “urla” di dissenso, me ne dispiaccio.

    All’interno del libro si traccia un quadro d’insieme su tutti gli argomenti che vanno a interessare il progetto, da quelli strutturali a quelli ambientali, da quelli sismici a quelli geologici, da quelli economici a quelli politici. Nell’invitare i vari autori a dare un contributo sul tema non si è fatta una selezione esclusiva dei pareri contrari, ma si è accettata qualunque posizione (come nel caso del prof. Zagari). Lei nel suo appunto scrive «Ecco quindi che, paradossalmente, e forse inconsapevolmente, proprio all’interno di questo stesso libro, si trova la soluzione, correttamente fornita, nel suo lucidissimo approccio culturale, da Franco Zagari». Mi preme sottolineare che in questo libro, come nei tanti finora pubblicati, nessuna scelta e decisione avviene in modo inconsapevole, il lavoro editoriale segue ancora un approccio di “scuola” e tutto quello che viene pubblicato arriva da mie specifiche richieste mai da proposte esterne. L’intervento del prof. Zagari è stato da me fortemente voluto perchè rappresenta un momento di riflessione a grande scala; il pezzo in questione rivela infatti, a una lettura attenta, una richiesta di maggiore chiarezza, lancia l’ipotesi di aprire una «Casa del Ponte dove informarci e incontrarci». Una proposta quindi decisamente condivisibile ma che non esclude nè oscura gli altri spunti di riflessione che invece toccano la scala del dettaglio a diversi livelli. Nella ragionevolezza e scientificità delle posizioni espresse dagli altri autori non vi sono a mio pare quelle che Siviero chiama «suggestioni ed emozioni, percezioni e sogni, miti e realtà che toccano il cuore più che la ragione», ma problemi reali, con una esigenza di risposta chiara a questioni contingenti.

    Invocare un futuro migliore per le regioni meridionali, e soprattutto per la Sicilia e la Calabria, non vuol dire giustificare il rimedio del Ponte come simbolo vincente. Lo possono essere altrettanto la creazione di un polo universitario, un progetto di rilancio dell’economia turistica (realtà per la quale quella regione ha una vocazione naturale).

    Nel suo intervento alla presentazione del libro, ha confermato che esistono ad oggi problemi non risolti su quello che dovrà essere il comportamento elastico del Ponte alle sollecitazioni del vento. Ha aggiunto certo che è tutto risolvibile nel campo delle nuove sperimentazioni e tecnologie. Ecco, il punto è che non siamo propriamente nel momento delle sperimentazioni ma in quello che viene oggi propagandato attraverso i media come il momento della realizzazione, il Ponte verrà inauguranto, secondo le dichiarazioni fatte, tra sei anni. Quello che mi ha spinto a pubblicare il libro è proprio questa contraddizione che evidenzia una chiara volontà propagandistica .

    Ben vengano le sperimentazioni su nuovi materiali e nuove tecnologie e credo che potremmo oggi sentirci orgogliosi se sapessimo che i fondi stanziati finora fossero stati utilizzati a questo scopo: nella ricerca e nella sperimentazione ingegneristica applicata al Ponte di Messina e magari portata avanti da giovani ingegneri italiani. Potremmo in tal caso certamente farcene vanto nel mondo, purtroppo però abbiamo riscontro che le cose non sono andate in questo modo.

    Mi corre l’obbligo, per chi non potesse o non volesse leggere il libro in questione, di elencare i punti che vengono trattati nei saggi ospitati all’interno del libro.

    Aspetti strutturali

    Il prof. Antonio Michetti con il prof. Andrea Cinuzzi, seri professionisti di induscusso valore, tracciano un’analisi attenta e minuziosa sugli aspetti tecnici del progetto, non entrando nel merito se questo sia quello giusto o si debba ripensarne uno nuovo. Indicano i punti deboli delle valutazioni espresse dal progetto preliminare con una serie di “Considerato” del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, a cui ancora la società che gestisce il progetto non ha dato risposta. Già in occasione di un confronto pubblico, trasmesso su internet, che organizzammo nel 2005, la Società Stretto di Messina si limitò a dire che «…del progetto preliminare non se ne deve tener conto, perché le nuove tecnologie sono in fase di evoluzione e durante l’esecuzione dei lavori verranno apportate le opportune correzioni».

    Aspetti Ambientali

    Lei sottolinea, con merito, la posizione a favore del Ponte espressa dal prof. Franco Zagari nel suo contributo e la elogia, senza però tener conto di opinioni e teorie contrarie, espresse da Osvaldo Pieroni, da Alberto Ziparo, da Emilio Di Domenico e da altri autorevoli cultori dell’ambiente.

    Aspetti geologici

    Il dr. Giuseppe Gisotti, presidente della Società Italiana di Geologia Ambientale e il prof. Alessandro Guerricchio, ci rapprentano la fragilità di quel territorio e gli ultimi avvenimenti ne sono una chiara dimostrazione, con le frane nella provincia di Messina.

    Aspetti sismici

    Mario Tozzi, dopo aver fatto un’attenta analisi delle falde, ci rammenta che «…in quel punto, ciclicamente, ci sono dei terremoti devastanti, come quello che coinvolse Messina e Reggio Calabria nel 1908 dove ci furono oltre 100.000 morti».

    Aspetti economici

    Osvaldo Pieroni, Domenico Marino e Giuseppe Virgilio esprimono alcuni seri dubbi sulla fattibilità economica, parlando di «finto finanziamento privato e vero debito pubblico».

    E le verità nascoste, se si parla di sviluppo del traffico marittimo nel Tirreno, esistono quando si scopre che l’altezza del Ponte (65 metri circa) non consente alle navi post-panamax (navi da crociera e porta-containers) di transitarvi, costringendole a circumnavigare l’intera isola.

    Aspetti politici

    Questo argomento è il più discutibile, poiché le fazioni che hanno nel tempo portato avanti l’idea del progetto sono state sia di destra che di sinistra. Andrebbe invocata la saggezza dei politici che dovrebbe imporre una valutazione più attenta sulle priorità di cui ha necessità la Sicilia e la Calabria (strade, acquedotti, sviluppo del turismo, ecc) anche in considerazione delle infiltrazioni mafiose.

    Il giornalista Claudio Cordova rammenta nel libro che già nel 1985 «…quando Craxi annunciò l’avvio dei lavori si scatenò una guerra tra mafia e ’ndrangheta che si concluse in un bagno di sangue: oltre 600 morti». Il controllo dei futuri appalti e l’acquisto dei terreni su cui si insedieranno le infrastrutture sono i rischi veri che potranno far scatenare, nuovamente, una faida fra i vari clan che gestiscono il territorio.

    Gli elementi presi in considerazione non sono, quindi, solo quelli di chi assume una posizione per “partito preso” e sono sufficienti per indurci a riflettere. Questo, d’altronde, è la vera vocazione di questo libro.

    Se non ne esistessero già molti sarei tentato di fondare un nuovo movimento: quello dei “ponti possibili”.

    La mia personale opinione è che, se il ponte si può fare, che si faccia.

    Un caro saluto

    Carlo Mancosu

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