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C’è un paesello nella Locride, in provincia di Reggio Calabria, appollaiato sopra un altopiano, agli argini dell’Aspromonte. Un paesello che è (per antonomasia) una delle capitali della cultura e dell’arte calabrese. Questo paese è Sant’Agata del Bianco. Ovvero il paese natale di personaggi illustri quale lo scrittore Saverio Strati, il pittore Fabon, l’intellettuale Barbagallo; è il paese di Antonio Marrapodi (illustre agente musicale e vicepresidente della S.I.A.E. che ha rappresentato cantanti come Vasco Rossi, Claudio Baglioni, Pino Daniele, Ramazzotti e tanti altri); ma è anche il paese di Domenique Scarfone attuale luminare della psicoanalisi mondiale. E poi è il paese di Vincenzo Baldissarro.
E noi oggi abbiamo deciso di dedicare il nostro tempo proprio a Baldissarro: lo scultore e pittore autodidatta che con le sue opere traccia un solco indelebile nell’arte santagatese, assicurandosi un posto in primo piano anche nel podio dei grandi artisti calabresi. Baldissarro – come lui stesso ci racconta – da bambino si divertiva a intagliare il legno, riuscendo a ricavare delle opere da cui anche lui rimaneva affascinato. Poi, col passare del tempo, la sua passione divenne interesse, il suo interesse arte, la sua arte immortali meraviglie.
Traspare un piglio schietto e di dinamicità, con una forte propensione alla mitologia e alla storia, in quasi tutte le opere del Baldissarro (soprattutto quando si tratta di scultura). L’artista, in questo caso, si cimenta a liberare dal superfluo la roccia; come se, nelle sue ipotetiche radiografie del corpo roccioso, lui riuscisse davvero a intravede in anticipo l’opera alla quale – come abbiamo appena finito di spiegare – sta per sottrarre il di troppo, facendo sì che vengano alla luce le sue creazioni e riuscendo a dare essi una forma e un aspetto che lasciano esterrefatti.
Insomma, stiamo parlando di un personaggio illustre e determinato, che riesce, attraverso la sua bravura, a conferire alla materia un’anima immortale e vera.
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