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“In attesa dell’avvento”, cortometraggio vincitore della sezione “Orizzonti” alla biennale di Venezia 2011, è stato proiettato nel pomeriggio di ieri all’auditorium della scuola di Polizia nell’ambito della IV edizione del “Calabria Film Festival”. Subito dopo la visione dell’ opera si è tenuto l’ incontro con uno dei registi, Felice D’Agostino, il quale ha annunciato che si tratta di un lavoro preparatorio ad un prossimo lungometraggio sul brigantaggio con una coproduzione italo-francese.
“In attesa dell’avvento” focalizza la realtà storica della regione, con una rilettura critica dei 150 anni della storia unitaria, mettendo in primo piano la “questione meridionale” e le condizioni di una parte della Calabria, come specchio di tutta la duplicità storica sull’Unità d’Italia, raccontata con enfasi retorica.
Una storia negata o ancora da raccontare in 150 anni, dall’Unità d’Italia ad oggi, con tanta traboccante retorica e profonde ferite nell’anima. Un’identità da ricostruire o da ritrovare è quella che viene fuori dal cortometraggio. I fotogrammi che in alcuni momenti si fissano in una sorta di immobilità estatica, fanno sentire tutta la problematicità e il dramma che si cela dietro i volti e le immagini del paesaggio.
Sullo sfondo c’è Nicotera Marina, luogo di elezione e di ispirazione dei due autori, Felice D’Agostino e Arturo Lavorato, con il suo mare, con la sua gente, con il suo degrado nelle facciate delle case e vicino, e a due passi dal porto di Gioa Tauro, decantato come l’avvento di un futuro riscatto e dello sviluppo di una regione prigioniera di se stessa, o imprigionata dalla retorica che è stata costruita per renderla sempre più emarginata. Una doppia lettura, con il duplice linguaggio che caratterizza una terra in attesa, che si dibatte tra la speranza e la fatalità, che prepara un nuovo lavoro sul Risorgimento – o come ha spiegato Felice D’Agostino nell’incontro che si è svolto dopo la visione del corto – “contro l’apologia del Risorgimento”.
“In attesa dell’avvento” in effetti è stato un piccolo studio preparatorio per un lungo metraggio sul brigantaggio, a cavallo tra documentario e fiction con una coproduzione italo-francese. I due registri hanno già strutturato la storia. D’Agostino durante il dibattito con il direttore artistico Alessandro Russo e il giornalista Nicola Rombolà, dopo la visione del cortometraggio vincitore della sezione “Orizzonti” alle biennale di Venezia, ha spiegato la poetica che informa questo lavoro e l’opera in preparazione: “un’opera deve colpire, deve interrogare, deve creare conflitti e tensioni dialettiche”.
I due giovani registi hanno alle spalle un’importante esperienza di documentaristi. Si ricorda lo struggente documentario dedicato al poeta morto suicida Franco Costabile, “Canto dei nuovi emigranti”, in cui si ricostruisce la vicenda del poeta di San Biase, che ha deciso di togliersi la vita come atto estremo di fronte alla disperazione di una terra senza speranza, come canta nei suoi versi.
Il lavoro di ricostruzione della memoria di questa terra continua con questo nuovo lavoro. E non a caso l’opera è dedicata a Nicola Zitara, economista, scrittore e giornalista che ha vissuto per tanto tempo a Siderno, che ha speso la sua vita per smascherare le cause sociali, storiche e politiche che hanno prodotto la famigerata “questione meridionale”, raccontata in diverse opere, al cui pensiero e ricerca sono debitori molti intellettuali e storici, come “Terroni” di Pino Aprile.
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