La bella lavanderina

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di Marina Crisafi (Pubblicato su Calabria Ora)

Uno dei giochi più semplici e divertenti che appartengono alla tradizione classica e che hanno accompagnato l’infanzia dei bambini di diverse generazioni, è “la bella lavanderina”.

Non appena arrivava la bella stagione, e, con essa, le opportunità di trascorrere parecchie ore all’aria aperta, i bambini si riunivano in gruppo e intonavano la nota filastrocca, accompagnandola con i gesti e introducendo un’infinità di varianti, a volte anche inventando, muniti solo della propria fantasia e di tanta voglia di divertirsi insieme.

Al gioco, amato soprattutto dalle femminucce, partecipavano un po’ i bambini di tutte le età, anche i più piccoli: il numero dei partecipanti era illimitato. Il gruppo si disponeva, quindi, in cerchio per la partenza obbligatoria: il “tocco”, ovvero, la conta per individuare chi di loro doveva ricoprire il ruolo della “bella lavandaia”.

Chi veniva sorteggiato dalla conta, prendeva posto all’interno del cerchio costituito dai compagni e doveva mimare con i gesti il mestiere delle lavandaie, mentre gli altri bambini, in coro, formavano un girotondo e l’accompagnavano nei suoi movimenti, girandogli intorno, tenendosi per mano e cantando la seguente filastrocca: “la bella lavanderina, che lava i fazzoletti, per i poveretti della città”. Poi continuavano, invitando: “fai un salto, fanne un altro, fai la riverenza, fai la penitenza”. E terminavano così: “fai una giravolta, falla un’altra volta, guarda in su, guarda in giù, dai un bacio a chi vuoi tu”.

A questo punto, la lavanderina doveva spostarsi dal centro del cerchio e dare un bacio ad un altro giocatore del gruppo.

Il prescelto riceveva l’investitura ufficiale e prendeva il suo posto al prossimo turno, ponendosi all’interno del cerchio, mentre la precedente lavanderina raggiungeva il resto del gruppo, disponendosi a girare insieme agli altri. Così il gioco ricominciava, all’infinito, finché non giungeva l’ora di ritornare a casa.

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Author: Cristina

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