E se le partecipazioni statali non fossero mai venute in Calabria oggi dove saremmo?

caisli

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Riceviamo e pubblichiamo:

La situazione di crisi globale in Calabria va letta come crisi totale dell’industria presente con piccoli insediamenti storici, della cultura industriale e della speranza di uno sviluppo possibile. Lentamente ed inesorabilmente tutto ciò che è essenziale alla vita civile, sta venendo meno sotto l’insipienza della classe imprenditoriale, la mancanza di competenza amministrativa, manageriale e la distrazione della politica, del sindacato confederale e non, dei cittadini sempre più rassegnati e ormai incapaci anche di indignarsi contro i soprusi più efferati.

Carissimi addetti allo sviluppo economico e al bilancio, come pensate si possa immaginare un mondo dove “le liberalizzazioni” vogliono significare solamente che devono essere eliminate tutte le regole di civiltà e progresso collettivo per permettere un nuovo sfruttamento che continuerà a rendere sempre più ricchi i ceti benestanti e sempre più poveri gli onesti e i meno ambienti? Nella nostra Calabria tutto quello che si era realizzato nel dopo guerra fino agli anni ottanta, anche se viziato da “clientelismo”, “assistenzialismo”, “nepotismo”, “malaffare”, dalle partecipazioni statali, dalla cassa del mezzogiorno e dagli enti così detti inutili, e chi ne ha più ne metta, lentamente è sparito per essere sostituito da proclami e dal nulla. Oggi qualche ministro tecnico, in evidente contrasto con ciò che fa per se e per i suoi, dice agli altri ciò che non deve essere fatto se si vuole rilanciare l’Italia. Ma di quale Italia parlate, Presidente Monti e signori ministri? Ma quando mai un Calabrese o un meridionale in genere non ha dovuto emigrare per avere quello che altri, come Voi, hanno a poche decine di chilometri da casa? Ma quando mai un Calabrese ha potuto avere auto, ville, barche lussuose, se non appartenente alla ‘drangheta o alla politica o se non emigrato? Oggi ci raccontate con linguaggio forbito e accademico che è necessario fare altri sacrifici perché altrimenti lo Stato fallirà, ma per noi calabresi lo stato esiste solo quando si parla di delitti. In questi ultimi vent’anni tutti i risparmi di una vita della Povera Gente Onesta dove sono andate a finire? Quanto devono pagare ancora per essere Italiani con la “I” maiuscola!

Infatti, chi ha speculato e si è arricchito rubando ai poveri, continua a far festa, a fare e disfare le regole del vivere civile promulgando leggi esclusivamente a suo favore!

Guarda un po’, mentre Trenitalia si ferma con i propri investimenti molto prima di Eboli, così pure l’Enel, la Telecom, il sistema bancario, per non parlare degli industriali, Voi tecnici siete “giustamente” preoccupati solamente del blocco della TAV, senza la quale il nord resterebbe escluso dallo sviluppo. E il Sud? Quella è un’altra Italia e un’altra Europa!

Cari professoroni, non credete che sarebbe opportuno impegnarvi perché com’è stata aiutata la Grecia ad uscire dal rischio default, anche il Sud sia aiutato in modo che lo spread tra Nord e Sud ritorni almeno ai valori degli anni ottanta? Altro che gabbie salariali e salario legato al contesto locale.

Fra non molto anche l’Eni sarà chiamata a cedere la Snam Rete Gas e con essa sicuramente altre società del gruppo appetibili per i privati che non avranno l’obbligo istituzionale e morale di presidiare, naturalmente in modo produttivo ed efficiente, le zone non organizzate, non infrastrutturate e senza servizi eccellenti come la TAV. Nello specifico nel lontano 1988 in Calabria vi è stato il picco della presenza delle società dell’Eni (Nuovo Pignone, Snamprogetti, Agip Depositi-Gas-Avio, Enichem, Snam, Italgas, Syndial, Sasol, ecc.) delle società fornitrici e dei lavoratori occupati, con localizzazioni significative quali Crotone, Vibo Valentia, Cosenza, Catanzaro e Reggio. Oggi è rimasta una consistente presenza, pur anche se fortemente ridimensionata nella provincia di Vibo e di Cosenza, con pochi sopravvissuti nella provincia di Crotone, Catanzaro e di Reggio.

Logicamente, come prima detto, da anni in Calabria tutti si parla della necessità di un futuro migliore per noi e per i nostri figli, ma nessuno l’ha preparato o quantomeno creato i presupposti perché ciò si realizzasse.

E allora signori politici e sindacati importanti, quando comprenderete che se si continuerà a fare solo enunciati di principio sullo sviluppo turistico-ambientale, sulla compatibilità ecologica degli insediamenti industriali, sul rilancio dell’agricoltura e sulla realizzazione di attività imprenditoriali di servizio, la nostra Calabria lentamente morirà. Non potete continuare nei fatti a curare esclusivamente i Vostri bacini d’interesse elettorale, quali possono essere gli impiegati nei pubblici servizi, i cassa integrati cronici, i pensionati e i portatori d’interessi forti onesti e/o disonesti che siano. Continuando così, le poche aziende esistenti si lasceranno morire perché non capaci più di sostenere i costi generali derivanti da una povertà pubblica sempre più esasperata e da un fisco sempre più esoso.

Cari signori, con esse morirà anche la possibilità per i nostri giovani di restare qui, con grande soddisfazione dei tecnocrati che auspicano la mobilità della risorsa umana verso gli insediamenti produttivi e non la generazione di posti di lavoro nelle zone depresse. Se tutti gli uomini in futuro per vivere dovranno andare dove ci sono già degli insediamenti industriali e il lavoro (mobilità residenziale), cara professoressa Fornero e company, allora gran parte del mondo resterà deserta perché i ricchi possano realizzare le loro ville e i loro desideri più nascosti. Ma che mondo avrete costruito! Per comprendere questo non mi pare ci vogliano delle super lauree in economia. E se non si lavora tutti chi potrà comprare ciò che si produrrà? Carissimi Amici, non vi pare che questi siano enunciati veramente cervellotici e senza via d’uscita. Se tutti per vivere dovremo muoverci dove c’è già il benessere alla fine non avremo “il mondo” ma solamente delle grandi aree urbanizzate ed industrializzate dove l’uomo vivrà come in un formicaio e il malaffare ringrazierà. E a che fine!

Carissimi, se si chiede a noi lavoratori del sud di avere salari ”sterilizzati” per essere più competitivi, perché non si fa altrettanto con le tasse governative! In poche parole vista la minore presenza dello Stato nella nostra terra, come fonte di crescita e sviluppo, è giusto che ci sia minore presenza anche dell’erario! Logicamente questa è una nostra riflessione provocatoria, perché tutti noi ci sentiamo prima italiani, poi calabresi e infine anche europei.

Queste nostre riflessioni sono un grido di allarme che nasce dalla visione quotidiana della povertà che sta assalendo sempre di più la nostra popolazione, per svegliare i politici, i sindacalisti, i giornalisti e i cittadini calabresi che vorranno ascoltarlo senza preconcetti e prendersi carico per un serio impegno atto a non perdere anche gli ultimi insediamenti industriali aperti, quali le società del gruppo Eni. Solamente tutti insieme potremo bloccare l’avanzata della desertificazione imprenditoriale che sta riducendo sempre più ad un lumicino la mappa degli insediamenti produttivi della Calabria.

In particolare sentiamo di rivolgere un accorato invito ai politici e ai sindacati Vibonesi ad interessarsi di più a cosa è necessario in infrastrutture e servizi, perché la Saipem, il deposito costiero dell’Eni, l’Italgas, la Snam Rete Gas, l’Eni servizi, le altre industrie locali possano essere sempre più produttive ed efficienti, ritrovando le necessarie ragioni imprenditoriali per restare aperti sul territorio continuando a dare la possibilità a migliaia di lavoratori Calabresi di far vivere dignitosamente le proprie famiglie, di poter pagare ancora le tasse per avere ancora un apparato pubblico e i servizi minimi necessari.

CaISLl

  Pino Conocchiella

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Author: Cristina

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