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Riceviamo e pubblichiamo un comunicato di Vincenzo Crea, Responsabile del Comitato spontaneo “Torrente Oliveto” e Referente unico dell’ANCADIC Onlus:
“Gli abitanti del Casalotto Ferrina di Lazzaro non dormono sonni tranquilli. Che una tragedia non avvenga da anni non significa che il rischio sia inesistente. E’ comune ed è comodo pensare che di fronte a situazioni di potenziali pericoli che perdurano da decenni l’evento non succede, la domanda che ci si deve porre è: ma se succede?
Il recente incendio che ha interessato il Torrente Ferrina ci spinge a ritornare sulla necessità di un intervento urgente di manutenzione ordinaria dell’alveo fluviale. Invero intorno alle ore 19,30 dello scorso 10 ottobre si è sviluppato un incendio lungo la scarpata della strada provinciale per Motta che ha interessato il Torrente Ferrina. Punto di riferimento poco dopo le ultime abitazioni poste lungo la predetta strada. Sono intervenuti prontamente i Carabinieri di Lazzaro che hanno provveduto a richiedere l’intervento dei Vigili del Fuoco. Non è la prima volta che il tratto fluviale è interessato da incendi, mettendo a rischio le abitazioni situate lungo il Torrente, i cui abitanti, raccontano che durante tali eventi hanno vissuto momenti di paura nel vedere le fiamme alte avvicinarsi alle loro case. E’ necessario un intervento di manutenzione idraulica ordinaria, taglio e rimozione di alberi, canneti e arbusti presenti sia sulla strada per Motta che in alveo e sulle sponde del torrente.
Tale intervento è necessario anche ai fini igienico sanitari in quanto l’alveo è divenuto habitat ideale per la proliferazione di ratti, veicolo di diffusione di malattie infettive, e di altri animali. I rischi sanitari legati alla presenza di topi per strada o nelle vicinanze dei torrenti sono di vario tipo e dipendono dal tipo di animale e nel caso di topi di fogna è molto ampia la gamma di infezioni che possono trasmettere attraverso il morso o i liquidi biologici. L’alveo fluviale è interessato dall’accumulo di materiale di sedimentazione proveniente dai processi di erosione delle pendici, nonché da altro materiale accumulatosi nel tempo e non rimosso. Il muro d’argine (dx), a nostro avviso, non è più idoneo a garantire il contenimento delle acque in caso di piena, atteso che l’altezza dello stesso dal piano di campagna è meno di due metri. Pertanto si ravvede la necessità di un intervento di abbassamento dell’alveo”.
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