Catanzaro, Emmanuel Raffaele (CasaPound) su progetto “Safe City”

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Tecnologie militari e settecento telecamere di sorveglianza a Catanzaro? Le istallino nelle sedi della Regione, del Comune, della Provincia e in tutti gli uffici pubblici sparsi per la città, visto che in Italia pare che i problemi maggiori e i fenomeni meno chiari vengano dai “palazzi del potere” più che dalle strade.

È in riferimento alla notizia che ben novecento telecamere (duecento quelle fittizie) della multinazionale Bunker Sec, diretta dall’ex capo dei servizi segreti israeliani Meir Dagan, verranno istallate su il territorio cittadino, che scopriamo con soddisfazione che l’imminente Grande Fratello catanzarese è finalmente diventato una notizia degna di locandina fuori dalle edicole e di titoloni.

Ma la notizia avrebbe meritato questo risalto quando, già in agosto, il sindaco aveva reso noto ufficialmente l’intenzione di telesorvegliarci tutti. Non a caso lo scorso 20 dicembre avevo personalmente e pubblicamente esposto su una testata locale online le mie personali perplessità in merito, chiedendo chiarimenti mai arrivati sul progetto. Soltanto ora che la notizia rischia di diventare ininfluente sul processo decisionale (o forse proprio per questo) ci è invece concesso sapere di più sulle modalità secondo la quale verremo controllati, dimentichi che i cittadini le decisioni dovrebbero semmai parteciparle, non subirle.

Non è il caso di ritornare sugli interessi lobbistici che paiono esser dietro a questa iniziativa, né sull’opportunità politica e morale che suggerirebbe di non coinvolgere nella sicurezza della nostra città aziende che – considerata la provenienza professionale dello staff, l’offerta tecnica dell’azienda ed una clientela costituita per la gran parte da enti e governi (com’è scritto sul loro sito) – sono potenzialmente coinvolte nelle dinamiche del duro e spiacevole conflitto israelo- palestinese.

È il caso, invece, di sottolineare l’impressione negativa con la quale questo progetto si presenta ai catanzaresi sia nella forma che nella sostanza. Innanzitutto, perché si tratta di un progetto di una certa rilevanza, che influenzerà direttamente la vita dei cittadini, ne invaderà letteralmente gli spazi e, dunque, sarebbe stato d’obbligo un maggiore coinvolgimento della popolazione. Considerato soprattutto il fatto che nel programma del sindaco non se ne trova traccia e, quindi, l’elettorato non gli ha certo dato mandato di portare avanti questa iniziativa.

In secondo luogo, disturba senz’altro la sostanza di un progetto che costerà 23 milioni di fondi europei, che ha come finalità e contemporaneamente ragion d’essere, tra l’altro, quello di spremere ulteriormente i cittadini, incrementando del 50% su base annua i proventi delle multe per infrazione del codice della strada – un obiettivo che, per la verità, appare anche contraddittorio, per lo meno sul medio-lungo termine, con quello di ridurre le infrazioni.

Altra finalità, secondo quanto riportato da “Il Quotidiano”, quella di «abbattere i costi, attualmente attestati a 3,5 milioni, delle attestazioni false degli incidenti addebitati all’amministrazione per la gestione delle strade». Ora, nel chiedere chiarimenti sui numeri, che appaiono poco chiari nel riferimento alle «attestazioni false» e nella definizione stessa della cifra, ci chiediamo se per la risoluzione di questa problematica siano necessarie centinaia di telecamere e 23 milioni di euro e non siano invece sufficienti (ed auspicabili) periti ligi al dovere e giudici attenti.

Sulla questione criminalità, che maggiormente giustificherebbe un intervento simile, sappiamo tutti che, sebbene in crescita, la microcriminalità nella nostra città non è certo un’emergenza. Non al punto da richiedere un intervento ineguagliato persino nelle città più a rischio.

E se invece ci riferiamo alla criminalità diffusa, chiunque sa che esiste pressoché soltanto un quartiere, a cavallo tra centro storico e quartiere marinaro, che meriterebbe un’attenzione emergenziale simile. Un quartiere dove non saranno di certo le telecamere a risolvere il problema (quante ne saranno istallate in quella zona poi?), visto che puntualmente contestare una violazione o effettuare un semplice controllo diventa per gli agenti di pubblica sicurezza un atto estremamente pericoloso, costretti ad intervenire in forze o ad effettuare blitz con tanto di elicotteri per far sentire di tanto in tanto la voce dello Stato. Occorrerebbero una volontà e mezzi diversi, non certo qualche telecamera.

Ciò che passa, invece, è soprattutto la sensazione che sotto torchio si vogliano mettere i cittadini nella loro totalità. E che, d’altra parte, nessuno percepisca il (solito) ricatto morale per cui ciascuno deve rinunciare ad un (bel) po’ di libertà per sentirsi più sicuro. Perché è libertà anche non sentirsi spiati ovunque, non sentirsi ricattabili per qualunque atto privato, continuamente “intercettati” senza esser sospettati di nulla, così come sarebbe impensabile fare con le intercettazioni telefoniche.

Inquietanti, dunque, gli scenari proposti dalle novecento telecamere che vigileranno su Catanzaro, che nel frattempo è diventata una cittadina abitata da poco meno di 90.000 persone, ma sarà spiata addirittura da una media di otto telecamere per chilometro quadrato e da tecnologie militari di rilevazione dati, in una sproporzione evidente tra mezzi impiegati ed obiettivi dichiarati.

È per questo che, visto il tono repressivo che ha l’esperimento – quasi che la casta sentisse l’urgenza di sperimentare nuove tecniche per difendersi da impeti di ribellione popolare – la nostra proposta è di istallare le telecamere, semmai, laddove in questi decenni si è consumato lo sfacelo del nostro paese, in quei palazzi che hanno fatto dell’Italia il penultimo paese più corrotto dell’Eurozona, al settantaduesimo posto su scala mondiale, perdendo ben tre posizioni nel 2012. Quei palazzi che hanno prodotto spechi e debito, che hanno portato la sanità e l’ambiente all’emergenza ed al commissariamento. Quei palazzi occupati e gestiti da partiti che hanno frodato i nostri soldi dei rimborsi elettorali, che hanno pagato i voti, comprato deputati e senatori, candidato impresentabili, visto consiglieri eletti e poi arrestati, in questo caso anche in Calabria.

Caro sindaco, non ci faccia sentire ancora una volta sudditi. Porti quelle telecamere nei palazzi del potere oppure le rimandi indietro, grazie.

Emmanuel Raffaele, CasaPound Catanzaro

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Author: Cristina

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