Calabria grecanica, come il bergamotto

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La Calabria grecanica è come il bergamotto: è unica, inimitabile, ma ha bisogno di cura, racconto, visione. Il bergamotto non è solo un frutto. È simbolo di identità fragile, di eccellenza ignorata, di terra fertile che produce valore senza trattenerlo. Metaforicamente, il bergamotto è la Calabria grecanica: racchiude bellezza, unicità, profumo, ma non riesce a convertirli in benessere diffuso.

Il bergamotto cresce (quasi) solo in Calabria. Come certi dialetti, certe tradizioni, certi paesaggi, ma non può essere esportato. Lo si può distillare, confezionare, vendere… ma la pianta madre resta qui. Come le radici di chi, pur partendo, resta legato alla terra. È restanza vegetale: un radicamento silenzioso, testardo.

Il bergamotto non è coltivato per essere mangiato e consumato come le arance e i limoni. Da esso si estrae un’essenza.  La sua funzione è invisibile ma potente, proprio come la restanza a distanza: l’effetto è nel pensiero, nella narrazione, nella presenza che non si vede.

È una delle essenze più preziose al mondo, la zona dove nasce è tra le più povere d’Italia. Questo contrasto è la metafora di una terra che produce bellezza ma non trattiene sviluppo. Come il talento che emigra.

Il profumo del bergamotto resta anche quando il frutto è stato colto. È traccia, memoria, persistenza. Come le parole grecaniche che sopravvivono ai parlanti. Come la voce di chi è partito ma continua a scrivere, raccontare, parlare.

Le battaglie per ottenere l’IGP o la DOP per il bergamotto sono frammenti di una lotta identitaria che manca di unità. Il bergamotto allora diventa anche metafora di una comunità che si divide, invece di unirsi per valorizzare ciò che ha. È un frutto conteso che nessuno riesce a proteggere davvero.

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Author: Nicola Priolo