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Ogni turista che arriva dev’essere immaginato anche come un potenziale abitante temporaneo, un futuro residente stagionale, un possibile compagno di strada in questo progetto di rinascita. La vera sfida è questa: trasformare il viaggio in legame, la visita in cura reciproca.
In questo il turista nord europeo rappresenta una delle opportunità più concrete e coerenti per la Calabria grecanica. È un viaggiatore esigente, ma anche profondamente rispettoso. Ama la natura, la cultura, la lentezza, la qualità. Non cerca il mare da cartolina, ma l’esperienza autentica. Ama la bicicletta.
Proprio su questi fronti la Calabria grecanica è ancora in ritardo. Peccato, perché c’è un filo invisibile, eppure teso, che lega i paesi del Nord Europa ai luoghi del Sud, e quindi alla Calabria grecanica.
Un filo fatto di ammirazione, di distanza, di incomprensioni e, spesso, di una sottile, ambigua forma d’invidia. Non dichiarata, mai ammessa apertamente. Si manifesta invece in espressioni velate, in giudizi passivo-aggressivi, in sorrisi tesi e battute che, sotto la superficie, nascondono un turbamento più profondo: il desiderio inespresso di una vita che sfugge.
Quando un nordico arriva in Calabria — terra di sole, lentezza, mare infinito, pane fragrante e comunità compatte — ciò che lo colpisce non è solo il paesaggio o la cucina, ma un modo di vivere radicalmente altro. Qui il tempo sembra avere un valore diverso. Non è un’entità da riempire freneticamente, ma da godere, da abitare con consapevolezza.
Le giornate si dilatano, il ritmo si fa umano, e la vita — nella sua semplicità — assume una pienezza che nei paesi del nord viene spesso sacrificata sull’altare della produttività.
Ed è proprio qui che nasce la tensione.
I nordici sono, per formazione culturale e storica, figli del dovere. Il lavoro, l’efficienza, l’organizzazione sono valori scolpiti nella loro identità, oggi diventati status symbol cui non si può rinunciare, a parole.
Pianificano ogni dettaglio, vivono con l’orologio nel sangue. Il tempo libero è programmato tanto quanto quello lavorativo, e il senso del merito è strettamente legato alla fatica. Riposarsi è lecito, sì, ma solo dopo aver dato prova concreta di essersi guadagnati quel riposo.
Così, quando osservano due anziani seduti per ore e ore su una panchina a chiacchierare non possono fare a meno di storcere il naso. Non capiscono — o forse più semplicemente non vogliono— che in quel gesto c’è tutta una filosofia di vita.
Eppure, quella lentezza li attrae. Li incuriosisce. E in fondo, li turba.
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