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Uno studio multidisciplinare pubblicato su Italian Journal of Geosciences confermerebbe l’ipotesi siciliana sui Bronzi di Riace: le celebri statue greche, secondo la ricerca, sarebbero rimaste per oltre duemila anni in fondali diversi da quelli calabresi.
L’ipotesi, proposta negli anni ’80 dall’archeologo americano Robert Ross Holloway, sostiene che i Bronzi fossero originariamente nel mare di Brucoli, in Sicilia, e che vi siano affondati durante i saccheggi romani del 212 a.C. Successivamente, sarebbero stati trasportati dai trafficatori nei bassi fondali di Riace, dove furono ritrovati nel 1972.
Lo studio ha coinvolto 15 esperti, tra geologi, archeologi, storici, paleontologi e biologi marini, provenienti da sei università italiane: Catania, Ferrara, Cagliari, Bari, Pavia e Reggio Calabria. L’analisi si è concentrata su patine di alterazione e biota marino presenti sulle statue.
I risultati indicano che i segni presenti sui fondali calabresi risalgono solo a pochi mesi prima del ritrovamento, mentre la presenza di organismi tipici di fondali profondi (70-90 metri), come serpulidi circalitorali, croste di coralligeno e patine di solfuro di rame, confermerebbe una giacitura originaria in mari profondi, compatibili con la costa ionica siciliana.
«La novità più importante», spiegano gli studiosi Anselmo Madeddu e il prof. Rosolino Cirrincione dell’Università di Catania, «è il primo lavoro scientifico che integra dati nuovi e preesistenti, restituendo una lettura unitaria e coerente della storia delle statue».
Lo studio rappresenta un passo significativo per la comprensione della storia dei Bronzi di Riace, aprendo nuove prospettive sull’arte greca e sul traffico di opere antiche nel Mediterraneo.
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