Le cronache di Africo Memoria, fango e dignità

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C’è un’Italia che non finisce nei manuali di storia, e che pure è la vera carne e sangue del Paese. È un’Italia fatta di paesi appesi alle montagne, di fiumare che d’estate sembrano strade polverose e d’inverno diventano colate d’acqua e detriti. È lì, in quella Calabria estrema, che Andrea Morabito ha piantato la sua bandiera di cronista con Le cronache di Africo (Kaleidon Editrice).

Morabito, a differenza di molti sedicenti narratori di periferie, non si limita a un giro di frasi pittoresche: scava. Fruga tra faldoni e archivi, mette il naso nelle carte ingiallite dei municipi, ascolta voci che non sono mai finite su un giornale. Ne esce una ricostruzione che non ha nulla della favola consolatoria. Qui c’è l’alluvione dell’ottobre 1951, che non fu soltanto acqua e fango, ma un evento sismico nella vita sociale: case spazzate via, famiglie divise, rapporti tesi con le autorità, la solita Italia dove lo Stato arriva tardi e male, e la comunità si arrangia come può.

Africo non è un simbolo, è una cicatrice. Un paese che ha conosciuto la miseria estrema, le promesse mai mantenute, eppure ha continuato a resistere con quella testarda volontà di sopravvivere che i manuali chiamano “spirito di comunità” e che invece, più semplicemente, è fame di vita.

La prefazione di Vincenzo De Angelis e la postfazione di Gioacchino Criaco fanno da cornice a un’opera che ha il pregio raro di parlare di cose piccole — le zappe, i compiti a scuola, la stretta di mano in piazza — per raccontare cose grandi: il senso di appartenenza, la dignità, l’ingiustizia.

Non è un libro da leggere per distrarsi. È un libro da leggere per ricordarsi che l’Italia non è fatta solo di Milano e Roma, ma di Africo e di tanti Africo, ognuno con la sua storia di fango e di sole. E se volete capire questo Paese, è da lì che bisogna ricominciare.

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Author: Ntacalabria Redazione J