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<<L’Area Grecanica comprende il territorio di dodici comuni e si estende su circa 454 km² di superficie ed è compresa tra il basso Jonio reggino e l’Aspromonte. Nonostante, la sua posizione privilegiata, si presenta come una zona marginale, una periferia, un’area mantenuta nel limbo dello sviluppo, una sorta di terra di nessuno, da conquistare in occasione delle diverse tornate elettorale o speculandoci sopra con proposte incompatibili con il c.d sviluppo sostenibile del nostro territorio. Solo una corretta visione del futuro ci potrà dare le giuste direttive per governare il presente: un territorio sano che rispetti l’ambiente (inteso come unicum di luoghi e persone – ricordiamoci che luoghi e persone hanno un’identità) e crei i presupposti per un corretto sviluppo socio-economico. In questo contesto si inserisce il Coordinamento del Partito Democratico dell’Area Grecanica per chiedere con forza una politica unitaria, che garantisca la popolazione da speculazione e sviluppi un piano socio-economico compatibile con i bisogni della collettività.
I presupposti per lo sviluppo ci sono tutti, ne siamo ricchi, basta individuarli, saperli gestire e valorizzare. È lo stesso territorio che ci offre, la possibilità di creare la giusta economia per queste terre: turismo, agricoltura (biologica), piccole attività economiche possono essere il volano per lo sviluppo di quest’area. Su questo scenario, purtroppo, incombono varie problematiche che vanno risolte in via preliminare altrimenti non si lascia spazio ad iniziative concrete che vanno in questa direzione di sviluppo. Stiamo parlando delle infrastrutture, soprattutto quelle viarie, dei servizi, quali scuola e la sanità. In campo sanitario l’OSPEDALE TIBERIO EVOLI di Melito Porto Salvo (RC) è il caso emblematico di come sono stati affrontati i problemi dell’area da parte delle forze politiche: tante chiacchiere, tante passerelle e nulla di concreto. Un ospedale ridimenzionato e in fase di chiusura tanto da non garantire l’assistenza di primo livello ad un bacino di utenza di 40.000 abitanti. Situazione divenuta drammatica con la disattivazione del punto nascita e delle attività specialistiche di ostetricia del Presidio Ospedaliero di Melito di Porto Salvo, fatte salve le prestazioni di ginecologia, sono state disposte nel giugno 2012 dal Direttore Generale pro tempore, in ottemperanza al Decreto n. 26 del 16/11/2010 del Presidente della Giunta Regionale della Calabria e Commissario ad acta per il piano di rientro della spesa sanitaria. Detto provvedimento, obbliga, le partorienti a recarsi nel Presidio Ospedaliero di Reggio Calabria, dopo un tragitto di circa 30 minuti da Melito di Porto Salvo e di circa un’ora e mezza dalle zone montane. Una situazione insostenibile per l’intera Area Grecanica occorre intervenire subito evitando il deserto sanitario. E poi la centrale a carbone di Saline, un progetto calato dall’alto, e che la comunità locale osteggia poiché lesivo dello sviluppo vocazionale che questo luogo possiede e della salute dei cittadini.
Riaffermiamo per l’ennesima volta, in sintesi, le ragioni del NO.
Salute: il carbone è, tra le fonti fossili, quella che per la produzione di energia emette più CO2 (più del doppio del gas naturale, ad esempio), oltre a rilasciare molte sostanze dannose per la salute (arsenico, cadmio, cromo, mercurio, polveri sottili). La letteratura scientifica non lascia dubbi in proposito e le statistiche parlano chiaro dell’aumento di malattie, anche gravi quali tumori, intorno alle centrali già esistenti, le recenti notizie sulla chiusura della centrale di Vado Ligure ne è un ulteriore prova. L’ordinanza con cui il gip ha disposto il sequestro della centrale a carbone Tirreno Power di Vado Ligure parla di nesso di causalità tra le emissioni, le morti e le patologie. E la prova del disastro ambientale doloso con conseguenza sulla salute dei cittadini starebbe nella rarefazione dei licheni e nell’aumento delle malattie. Da precisare che da quando la centrale è stata disattivata le polveri sottili attorno all’impianto si sono quasi dimezzate.
Inquinamento: le emissioni creano inquinanti che incidono su territori fino a 300 km di distanza, la ricaduta di piogge acide e metalli pesanti creeranno problemi per le falde acquifere e le coltivazioni agricole. Inquinamento elettromagnetico la dove sarà predisposto l’elettrodotto.
Economia: non vi è nessuna ragione economica di sviluppare una centrale in una regione come la Calabria che già esporta almeno il 40% della produzione, senza contare l’aumento della produzione per effetto delle piccole installazioni di fotovoltaico e mini-eolico, per poi trasportarla a 1000 km di distanza. Inoltre si fa presente il rispetto del protocollo di Kioto, che l’Italia ha sottoscritto, porta come conseguenza il pagamento dei certificati verdi per la CO2 prodotta ne consegue che il tornaconto di pochi sarà pagato dalla collettività.
Squilibrio Socio-Economico: a fronte dei paventati (ma sempre pochi) posti di lavoro si creerà un insostenibile instabilità dal punto di vista, anche, socio economico. La famosa costa dei gelsomini, che ormai di gelsomini non ne ha più, per errori commessi in passato e che oggi si tende a ripetere, sicuramente perderà quello che è il suo gioiello, il bergamotto.
Il Partito Democratico Area Grecanica, ha una visione di sviluppo diversa, che sicuramente è incompatibile con l’insediamento di una centrale a carbone o di qualsiasi altra fabbrica pesante. Noi vogliamo uno sviluppo ecosostenibile che valorizzi i centri storici, l’ambiente naturale, i prodotti enogastronomici, ecc.
Per questo motivo e per creare i presupposti di uno sviluppo dell’area di Saline diverso, chiediamo ai vari organi competenti di definire l’ambito portuale dello stesso , auspicando una destinazione di tipo commerciale e turistico attrezzato ed efficiente, dando attuazione alle proposte che sono state definite nelle sedi opportune e che sicuramente crerebbero posti di lavoro in numero superiore alla centrale a carbone.
Noi rappresentanti territoriali del Partito Democratico dell’Area Grecanica chiediamo al Presidente del Consiglio ed a tutti i Ministri di affermare il loro dissenso a questo progetto, di revocare il Dpcm, del 15 giugno 2012, che sanciva la contrastata compatibilità ambientale e autorizzava all’esercizio il progetto a carbone della Sei Spa, considerando il fatto che a breve sarà necessario procedere alla chiusura di vari impianti di produzione elettrica a partire da quelli meno efficienti e più inquinanti, come quelli alimentati a carbone che emettono grandi quantità di Co2 in atmosfera e di intraprendere tutte le azioni che creino i presupposti per un diverso modello di sviluppo in sintonia con le prerogative e le aspettative di questo territorio. In particolare, invitiamo il Ministro dello Sviluppo economico a venire nell’Area Grecanica al fine di presiedere una serie di iniziative che il PD sta organizzando a Saline Joniche per riaffermare convintamente il No alla Centrale.
Va precisato, poi, che allo stato della legislazione vigente necessita “l’intesa forte” della Regione Calabria, ossia il consenso della stessa, perché possa essere autorizzata dal Ministero per lo Sviluppo Economico la costruzione della centrale a carbone a Saline Joniche, pertanto, è necessario che il Consiglio regionale e la Giunta regionale manifestino il loro dissenso alla costruzione della centrale a carbone attraverso l’adozione di una nuova delibera che tenga conto delle risultanze dell’istruttoria e motivi in modo chiaro e dettagliato le ragioni del dissenso.
Anche attraverso le risorse messe a disposizione dal Fondo Sociale Europeo: perchè sviluppo economico e sviluppo delle competenze sono facce della stessa medaglia. Acquisire competenze significa accrescere le possibilità di trovare un impiego così come per il sistema produttivo è fondamentale poter contare su una forza lavoro preparata, adattabile ai cambiamenti, in grado di sostenere i processi di innovazione e trasformazione. L’ obiettivo è quindi quello di legare le competenze da sviluppare con la domanda di lavoro e le relative necessità attuali e future espresse dalle imprese, attraverso l’istituzione di un sistema di monitoraggio permanente dei fabbisogni professionali, fruibile da tutti gli attori istituzionali, economici e sociali.
I servizi pubblici locali devono essere potenziati e migliorati e possono diventare occasione di nuova economia e lavoro stabile, basti pensare al ciclo dei rifiuti ed alla raccolta differenziata. Bisogna promuovere lo sport e una cultura di tutti e per tutti che siano occasione di crescita diffusa e di valorizzazione delle nostre risorse umane oltre che volano di crescita economica. Per questo riteniamo improrogabili, sia una svolta nella direzione del rigore e dell’efficienza, sia la messa in campo di un progetto innovativo di sviluppo che connetta il progresso economico a quello sociale, ambientale e culturale. Servono scelte che vadano oltre l’ordinaria amministrazione, capaci di innescare un processo di cambiamento che faccia uscire l’Area Grecanica dall’isolamento>>.
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Trascrivo una mia riflessione sul tema dell’energia elettrica e della Stategia Energetica Nazionale che potrebbe essere utile per una migliore valutazione sul Carbone:
Q U O T E
L’urgenza di una Strategia Energetica Nazionale sostenibile.
di Rinaldo Sorgenti
E’ ben evidente che una Strategia Energetica Nazionale (SEN) debba affrontare argomenti che riguardano le prospettive a medio e lungo termine ed è quindi opportuno delineare una strategia bilanciata e sostenibile che comprenda argomenti come l’Efficienza Energetica e lo sviluppo della ricerca per la messa a punto di Fonti Rinnovabili affidabili e sostenibili per il futuro.
Ma una componente fondamentale di una SEN deve altresì riguardare la produzione elettrica, che sempre più sarà la spina dorsale per un Paese che aspira a mantenere la propria posizione a fianco delle economie più avanzate nel mondo.
Questo è purtroppo il principale handicap che condiziona da lungo tempo l’economia del ns. Paese, che storicamente si base sulle capacità manifatturiere e sull’export dei propri prodotti.
Peraltro, il rischio strategico che il sistema Italia subisce non ha eguali tra i Paesi sviluppati ed è ormai urgente che il Governo e i vari Stakeholder ne prendano finalmente atto per attuare quindi tutte quelle indispensabili iniziative che ci consentano di superare questo grave problema, che inficia pesantemente le capacità competitive del ns. Paese.
Per fortuna non c’è bisogno di guardare nella “palla di cristallo” per capire cosa necessiti fare: allo scopo, una semplice analisi del “Mix delle Fonti” per la produzione elettrica che si riassume nella media del 27 Paesi Ue ed ancor più la realtà del “Mix” dei Paesi del G8 e del G20 (con l’eccezione rischiosa ed insostenibile proprio dell’Italia), non può non fare da parametro e guida per le indispensabili decisioni strategiche da attuare.
Quali scelte quindi per il nostro Paese?
L’evidenza nella Ue27 dimostra che le “Fonti di Base” di un sistema affidabile e sostenibile debba necessariamente basarsi su CARBONE + NUCLEARE (come insegnano tutti i Paesi del G8 – Italia esclusa) e quanto più una delle 2 fonti è trascurata, maggiore è la necessità di ricorrere all’altra.
L’Italia presenta chiaramente una situazione anomala ed asimmetrica, avendo solo il 13% di produzione da CARBONE e nulla (sul ns. territorio) dal NUCLEARE.
L’altra pesante anomalia italiana, è quella della produzione elettrica nazionale, dove l’Italia storicamente produce sul proprio territorio solo circa l’85% dell’elettricità che consuma ed è infatti il principale importatore in Europa di questo importante vettore.
In compenso, è positivo riscontrare che l’Italia indiscutibilmente presenti la migliore situazione in termini di intensità elettrica pro-capite (5,6) rispetto a tutti gli altri principali Paesi. Siamo infatti il Paese più “virtuoso” in termini di consumo elettrico. Lo siamo peraltro anche in termini di emissioni di CO2 pro-capite; elementi questi spesso mistificati e distorti nella comunicazione mediatica.
Peraltro, nessuno in Europa ha fatto così tanti investimenti negli ultimi 10 anni per ammodernare il proprio parco di generazione elettrica; purtroppo però questo è avvenuto quasi esclusivamente con la realizzazione di moderni “Cicli Combinati” alimentati a Gas Metano, per sostituire i vecchi “Cicli a Vapore” alimentati ad Olio Combustibile.
La demagogia e la speculazione comunicativa che si basa fondamentalmente su fuorvianti aspetti emotivi, ha invece impedito di diversificare ed equilibrare il ns. “Mix” con la realizzazione di alcune moderne Centrali a Carbone che per le caratteristiche orografiche del ns. territorio potrebbero agevolmente trovare la loro dislocazione lungo la penisola.
Infatti, concetti razionali di vera “Sostenibilità” per il sistema di generazione elettrica di un Paese avanzato si possono agevolmente riassumere nei punti seguenti:
1) Facilità degli approvvigionamenti
2) Economicità
3) Continuità (vs. intermittenza di eolico e solare)
4) Sicurezza strategica
5) Efficienza di utilizzo dei combustibili primari
6) Rispetto ambientale
Da un’analisi obiettiva risulterebbe quanto mai evidente che il Carbone sia un combustibile a tutti gli effetti “Sostenibile”, rispondendo in maniera opportuna a tutti e 6 i parametri sopra citati, soprattutto per un Paese notoriamente povero di “materie prime” come l’Italia, che dipende più di qualunque altro dalle importazioni energetiche per soddisfare i propri bisogni.
La risposta tecnologica comprende: le CCT (Clean Coal Technologies), che consentono di utilizzare il Carbone senza particolari inconvenienti di natura ambientale, mentre con la CCS (Carbon Capture & Storage) è possibile anche rispondere all’eventuale necessità di ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera.
Come noto, la Commissione Europea ha posto le tecniche di CCS tra le iniziative da attuare per rispondere alla Direttiva di riduzione delle emissioni in atmosfera, ma è evidente che applicare tali tecniche CCS solo all’utilizzo del Carbone NON risolverebbe affatto il problema delle emissioni, in quanto la realtà italiana nel 2010 evidenzia che 2/3 delle emissioni di CO2 dalla generazione elettrica siano dovute all’utilizzo degli idrocarburi: 56% al Gas Metano e 7% all’Olio Combustibile, essendo il contributo emissivo del Carbone solo del 35%, mentre un 2% è dovuto ad altri combustibili. Come sappiamo, le emissioni di CO2 dalle Biomasse non sono considerate, anche se sarebbe forse opportuna una riflessione, sul breve-medio periodo (se questa è la preoccupazione), perchè la combustione di un albero che ha impiegato 20-30 anni mediamente per crescere, rilascia immediatamente in atmosfera tutta la CO2 che lo stesso ha assorbito per la sua crescita e ce ne vorranno ancora 20-30 per farlo ricrescere tal quale.
Inoltre, applicare la contabilizzazione delle emissioni di CO2 alle emissioni di sola “combustione” (post-combustion), come prevede la Direttiva ETS-Ue, e trascurando invece totalmente le emissioni dovute alla “estrazione/produzione” (pre-combustion) dei combustibili fossili – come di fatto avviene con il Protocollo di Kyoto e come abitualmente considerato da tutte le Istituzioni internazionali (IPCC, Ue e Paesi emettitori) – si determina una chiara discriminazione che nulla ha a che fare con il supposto concetto del contrasto ai “Cambiamenti Climatici”, generando invece un’evidente ed impropria discriminazione ed un’alterazione dei principi di “libera concorrenza” (peraltro non consentita dalle stesse leggi fondanti della Ue) tra: Paesi – Settori – Prodotti, all’interno della stessa Comunità europea.
Per dare un esempio di cosa significhi quanto sopra citato ed un parametro di valutazione globale, basterebbe andare ad osservare cosa avviene in fase di estrazione del Gas Metano nei vari Paesi produttori, dove risulta che: “Almeno 1/3 delle riserve mondiali di Gas Naturale presentano in giacimento alti livelli di anidride carbonica (CO2)”, che l’industria del settore da decenni provvede a separare dal flusso dei Gas in estrazione per liberarla in atmosfera (vented), senza che questa sia conteggiata ne attribuita ad alcuno (chiedetelo ad IPCC)!
Quindi, la strategia necessaria per l’Italia, per :
Migliorare la propria competitività;
Ridurre i rischi di approvvigionamento energetico;
Incrementare la sostenibilità Paese;
non può non considerare l’urgente necessità di diversificare ed equilibrare il proprio “Mix delle Fonti”, con:
1) Carbone: Raddoppiare il suo contributo, con l’utilizzo delle tecnologie CCT e CCS.
2) Gas Metano: Ridurre/dimezzarne l’uso, rispetto all’eccessiva dipendenza attuale.
3) Nucleare: Valutare se continuare con l’import, dopo l’esito del recente Referendum ???
Perché il Carbone è:
Diffuso ampiamente nel mondo
Disponibile in grandi quantità
Economico (molteplicità di fornitori)
Sicuro (non è velenoso, ne’ esplosivo)
Eco-compatibile grazie a CCT e CCS.
Parliamone quindi, senza pregiudizi e fuorvianti ideologie, nell’interesse di tutti.
Rinaldo Sorgenti
Sorprendenti le cose scritte ed ipotizzate in merito all’importante Progetto della Centrale di Saline Joniche.
Danno la chiara impressione che si seguano molti “luoghi comuni” e che non si sia approfondito affatto l’argomento.