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Sono storie che raccontano anime fragili, solitudini, dipendenze, debolezze umane. Storie profonde che hanno come protagonisti nomi di fantasia di una vita vera, quelle tratte da “Come un equilibrista sul filo”, il libro di Elisabetta Felletti, edito da Citta del Sole, interpretate da Basilio Musolino e Giulia Squillaci con le musiche di Domenico Bucarelli, durante il caffè letterario della Commissione Pari Opportunità del Comune di Villa San Giovanni “Alle cinque della sera” che si è tenuto domenica al Caffè Italia.
“Il primo racconto l’ho scritto sette anni fa – spiega l’autrice – portando avanti una passione e una necessità che avevo sin da bambina. Perché anche la mia è stata una storia personale di solitudine. Di figlia unica che spesso si rifugiava nella scrittura”. Si racconta così l’autrice, psichiatra, psicoterapeuta, dirigente medico del dipartimento della dipendenza ASP di Reggio Calabria, Elisabetta Felletti, che continua – il passaggio più difficile, forse, è stato quello di condividere i miei racconti. Un passaggio molto bello. Inaspettato. Questo perché per ognuno di noi la vita può rivelare sfumature inedite”. Come per i protagonisti dei racconti, pazienti in terapia, che sono riusciti ad emergere dal tortuoso percorso di vita, dando luce a quella labile scintilla che li ha condotti verso il cambiamento. “Il mio non è un libro per addetti ai lavori, l’aspetto clinico c’era prevalentemente all’inizio della scrittura. Poi, mi sono lasciata andare alle emozioni. Ed ho iniziato ad arricchire i miei racconti su quello che i miei pazienti mi trasmettevano.
Sul rapporto empatico che si instaura tra medico e paziente”. Sono gli aspetti più squisitamente umani a caratterizzare la lettura, infatti, come sottolineato nell’introduzione di Maria Graiza Richichi, Presidente della commissione pari opportunità e anche geriatra che ha sottolineato come possa essere delicato e complesso il rapporto medico-paziente, come sia difficile non lasciarsi toccare dal dolore e come sia quindi corretto l’esempio offerto dalla Felletti, proprio per l’equilibrio, l’umanità, l’accettazione che non sconfina mai nel travolgimento emotivo. “Nell’universo sofferente il terapeuta non dovrebbe mai immergersi” si legge infatti nella prefazione di Alessandro Melluzzi. La lettura scenica dei racconti è stata intramezzata dagli interventi Anna Denaro, Presidente della Commissione Pari Opportunità dell’Ordine dei Medici di Reggio Calabria e da Caterina De Stefano, direttore del Dipartimento della Dipendenza dell’ASP di Reggio Calabria, componente della CPO dell’ordine dei medici e della CPO regionale. Parole non solo di apprezzamento per il lavoro propriamente editoriale di Elisabetta Felletti, ma anche per il contributo che il libro offre alla riflessione sui retroscena dei servizi dati dagli psichiatri e dalle equipe mediche per curare e prevenire le dipendenze.
“Le dipendenze non sono solo quelle della droga o dell’alcol, ci sono svariate forme di dipendenza e la nostra società deve farsene carico. Il ruolo che noi con fatica e passione abbiamo come responsabili delle strutture sanitarie non può essere vanificato da una cultura che ancora è distante dal concetto di equipe o da una legislazione che non tiene in debito conto dei fenomeni – sentito e applaudito l’intervento della dottoressa De Stefano – ripreso dai medici in sala, che hanno partecipato al dibattito che ne è seguito. Rocco Cassone, pediatra, attuale Presidente del Consiglio Comunale ed ex Sindaco di Villa ha in merito enfatizzato l’aspetto delle debolezze della famiglia. Che emergono sin dalle prime visite sui bambini. ”Dobbiamo intervenire per colmare le fragilità e i vuoti familiari”. Il rischio è che i vuoti dei bambini diventino disagi adolescenziali e possano trasformarsi in aspetti patologici della personalità, come le dipendenze. “Le mie sono le preoccupazioni di padre”, sottolinea.
Il dibattito si conclude con l’intervento dello psichiatra Giacomo Romeo, che analizza l’aspetto della cancellazione del tempo attraverso la dipendenza. “I nostri tempi di crisi hanno cambiato in modo radicale la percezione del tempo. Prima il futuro era speranza. Oggi il futuro viene percepito come minaccia. Dobbiamo tornare al passato. E ridare speranza”.
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