A Scilla in passerella la #Calabriaoltre gli inchini

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«Il Vangelo non è una clava ma un’interrogazione alla coscienza. La verità sbattuta in prima pagina dell’inchino a Oppido è un’occasione d’oro, un’opportunità per chiedersi: tu da che parte stai?»: così Giovanni Ladiana, superiore dei gesuiti di Reggio Calabria e tra i fondatori del movimento ReggioNonTace a #Calabriaoltre gli inchini, quarta declinazione di Scilla in passerella, l’evento organizzato dalla Filodrammatica Scillese con la direzione artistica di Ossi di Seppia e Sabbiarossa Edizioni.

«A chi abbiamo affidato la nostra sicurezza?» ha continuato Ladiana «È il momento di metterci la faccia».m Un appello raccolto dalle numerosissime persone accorse al Lido Francesco per sviscerare le commistioni tra sacro e profano durante la serata moderata da lla giornalista Josephine Condemi.

«La Chiesa può diventare sistema di potere o di servizio» ha sottolineato il procuratore Stefano Musolino «e può avere un ruolo liberante nella nostra terra, in cui la ’ndrangheta reggina si può permettere di non ricorrere all’intimidazione perché la società civile è già omertosa, per una formazione culturale che incide sulla percezione della realtà».

«È singolare che la questione degli inchini non sia stata trattata in modo strutturale» ha evidenziato Alessandro Russo, giornalista e uno degli autori del libro-inchiesta La ‘ndrangheta davanti all’altare, «ne deriva un paradosso: anche se la copertura mediatica del prodotto-Calabria negli ultimi tempi è aumentata, il cono d’ombra informativo si è allargato, per verità stereotipate diffuse da chi non ha contezza della complessità del territorio».

Da qui, l’importanza dell’impegno e della memoria: «Rispetto a un paio di anni fa, sono stati fatti dei passi indietro» ha puntualizzato Alessio Magro, giornalista, tra i fondatori dell’archivio Stop ’ndrangheta, «Perché? Sembra si stia diffondendo una sorta di strategia identitaria di difesa tesa all’individuazione di un nemico esterno che scredita la comunità». Un’identità da riformulare con sinergie positive: «Occorre imparare a coniugare il noi» ha sottolineato Paola Bottero, giornalista e una degli autori del libro-inchiesta La ’ndrangheta davanti all’altare «spesso qui in Calabria ci si inchina senza neanche accorgersene, attraverso piccole rinunce quotidiane derivanti dalla solitudine. Forse, imparando a stare gli uni accanto agli altri, a unire i puntini, diventa più difficile abbassare la testa».

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