Reggio Calabria, ennesimo grido d’allarme di un LPU in crisi d’identità

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Riceviamo e pubblichiamo:

Eccellenze,

è trascorso quasi un anno dall’ultima lettera, indirizzata al Presidente della Regione Calabria, e da cui non ho ricevuto  risposta ma, non per questo, demordo o perdo le speranze.

Rimane, da parte mia, infatti, il desiderio di incontrarlo pacificamente, per confrontarsi sulla problematica riguardante la categoria di lavoratori, di cui faccio parte (lsu/lpu), e di cui sono certa nessuno si sia dimenticato né, tanto meno, si vergogni, perché, sono certa e mi auguro, non la pensiate come l’On. Brunetta, il quale sostiene che noi siamo “l’Italia peggiore”.

Sempre che lui si riferisca a noi, in quel contesto, perché quando sento parlare in televisione di precari, mi sorge sempre il dubbio che l’argomento non  riguardi la categoria dei Lavoratori Socialmente Utili (L.S.U.)  e di Pubblica Utilità (L.P.U.), visto e considerato che per i Centri per l’Impiego noi siamo dei DISOCCUPATI  e per precari si intende “lavoratore dipendente assunto con contratto a termine”.

E proprio a tal proposito che scrivo, in quanto, è giunto il momento per l’Istat di censire la popolazione e le abitazioni, infatti, da qualche giorno ci sono stati recapitati i relativi questionari e, nel compilare il mio,  sono stata colpita dall’ENNESIMA CRISI D’IDENTITA’ che, ormai, mi perseguita da più di dieci anni.

Ho provato, infatti, a rispondere alle domande nella sezione 6 del foglio relativo alla condizione  professionale/lavorativa e, a questo punto, mi sono sorti una serie di dubbi tali da ricadere in uno stato di agitazione, ansia,stress e, turbamento, dal quale non riesco a riprendermi, anche perché, alle innumerevoli mie richieste di chiarimento fatte ai rilevatori, al personale del Centro per l’impiego di Locri, al Responsabile dell’Ufficio Censimento del mio Comune (che, oltre ad essere quello di residenza è anche l’Ente Utilizzatore), nonché a seguito di un lungo confronto/dialogo con molti miei colleghi L.S.U./L.P.U., ad oggi, ho ottenuto soltanto  risposte molto contrastanti che non mi hanno assolutamente chiarito le idee.

Il quesito principale è il seguente: “OCCUPATA O DISOCCUPATA?”

Perché da questa risposta dipendono tutti i quesiti della sezione 6 del questionario suddetto.

Il Centro per l’Impiego mi certifica lo stato di disoccupazione ma io mi rendo conto di non esserlo, in quanto, mi reco abitualmente (da più di dieci anni) sul posto di lavoro.

Il secondo quesito: “CHE TIPO DI LAVORO SVOLGE?”

Sicuramente sono consapevole di essere alle dipendenze,  ma di chi? Dell’Ente Utilizzatore?

No, o meglio, non credo! Mi utilizza soltanto, inoltre, il disciplinare precisa a chiare lettere lo svolgimento di attività socialmente utili o di pubblica utilità non comporta l’instaurarsi di un rapporto di lavoro subordinato con l’Ente Utilizzatore” , tanto da non sganciare un centesimo per la mia prestazione lavorativa. Allora sono alle dipendenze della Regione Calabria? Quanto meno, è l’Ente che impegna le somme necessarie per il pagamento dell’integrazione salariale, visto che, per il sussidio, si ricorre al Fondo Europeo per l’Occupazione (fino ad ora).

E allora? Regione Calabria o Comunità Europea?

Non mi dite che devo dichiarare all’ISTAT di essere una dipendente della Regione Calabria o, meglio ancora, della Comunità Europea? Sempre che al primo quesito riusciate a far capire al Centro per l’Impiego che non sono disoccupata o, per meglio dire, non posso ritenermi disoccupata alla stregua di tutti quelli che, per tale situazione, percepiscono un sussidio/indennità di disoccupazione senza, però, prestare attività lavorativa.

Io,  per dovere di cronaca, è vero che percepisco un sussidio, ma, per averlo devo prestare un attività lavorativa, instaurando con qualcuno, di conseguenza, questo “benedetto” rapporto di lavoro, motivo per il quale non mi sento di dichiarare il falso nel quesito del censimento. Resta il fatto che per, il personale del Centro per l’Impiego, non presentando un contratto di lavoro rimarrò disoccupata.

Torniamo al questionario dell’ISTAT.

Anche se ho le idee chiare (si fa per dire) sulla risposta da dare al quesito 6.10 (“IN CHE COSA CONSISTE LA SUA ATTIVITA’ LAVORATIVA?”)  e 6.11 (“QUAL E’ IL SETTORE DI ATTIVITA’ ECONOMICA DELL’ENTE IN CUI  LEI  LAVORA?”), il problema sorge lo stesso, perché, mi aspettavo, infatti, che da qualche parte potessi specificare meglio quale è la mia situazione reale, ovvero, poter dichiarare che,:

  1. presto un attività lavorativa,
  2. presso una pubblica amministrazione
  3. senza aver sottoscritto un contratto, però,
  4. part time e a tempo determinato
  5. ma senza posizione contributiva e
  6. mantenendo lo stato di disoccupata
  7. ecc..

Correggetemi se sbaglio, bastava che, chi ha provveduto ad elaborare il questionario, avesse chiaro il quadro occupazionale nazionale e si rendesse conto che ci sono migliaia di persone, come me, che non rispondono a buona parte di quelle condizioni, bensì, parlando realisticamente sono:

“LAVORATORI  IN NERO, PRESSO PUBBLICHE AMMINITSRAZIONE, AUTORIZZATI DALLO STATO”. Questa, per il momento, è l’unica certezza.

Ora, il dubbio di cui sopra, è: devo scegliere io a chi dichiarare il falso e quali dichiarazioni false devo rendere, consapevole  di farlo e quindi con eventuali aggravi e conseguenze?

All’Istat?

Dovrei dichiarare:

  1. di essere dipendente a tempo determinato e part time presso una Pubblica Amministrazione?

Ma sono cosciente che ciò non risponde a totale verità!

  1. di essere disoccupata così come risulta dal mio certificato di disoccupazione rilasciatomi dal competente Centro per l’impiego?

Ma sono, altresì, cosciente che nemmeno ciò risponde a totale verità!

Quali sarebbero le conseguenze? (e non mi riferisco soltanto a quelle legali).

A questo punto, correggetemi sempre e ancora se sbaglio, nella prima ipotesi non sarò censita come disoccupata e quindi non andrò ad incidere sulla percentuale di disoccupati (che aumenta vertiginosamente giorno per giorno in Italia), ragion per cui,  quando l’On. Brunetta parla dell’Italia Peggiore non mi dovrò sentire offesa ed umiliata, frustrata e stanca ma, orgogliosa di far parte di coloro che vengono definiti dipendenti statali, consapevole, però, di aver reso una dichiarazione FALSA.

Nella seconda ipotesi, sarò censita come disoccupata e il mio dato andrà ad incidere, purtroppo, su quella odiosa percentuale di cui parlavo prima e, così facendo, qualcuno potrebbe rendersi conto che i dati fin’ora comunicati dall’ISTAT sui tassi di disoccupazione, nonostante si presentino già allarmanti, subiranno, conseguentemente, un notevole incremento.

Tutto ciò, consapevole, mio malgrado ed ancora una volta, di aver reso una dichiarazione FALSA.

Quello che mi preme sottolineare è il fatto che non mi voglio macchiare di un reato, quale quello della “falsa dichiarazione”,  per cui pretendo che qualcuno mi dica, chiaramente ed assumendosi l’onere di quello che dice, CHE COSA DEVO DICHIARARE, sollevandomi, una volta per tutte, da questa situazione di esasperante ambiguità.

Magari, quel qualcuno, potrebbe essere lo stesso che si è assunto la responsabilità di autorizzare gli Enti Pubblici ad utilizzare LAVORATORI IN NERO mentre, oggi, decanta  leggi contro l’emersione dal lavoro nero.

Il mio desiderio è che, ciascuno di voi, ognuno per le proprie competenze, facesse una disamina della situazione in maniera seria, attenta e soprattutto onesta e, successivamente, si  pronunciasse a tal proposito.

Non mi rimane sperare che, invece di continuare a mitigare la rovinosa condizione generale della nostra Nazione purtroppo prossima a seguire le orme della Grecia, qualcuno si svegli e, prima del verificarsi dell’inevitabile e dell’irreparabile, provveda a trovare degne soluzioni a tutte le problematiche (occupazione, turismo, sanità, ricerca, formazione, viabilità, infrastrutture, ecc).

Gli italiani sono stanchi, frustrati, umiliati ed offesi da un potere politico che li tratta con esacerbante disparità. Non si può assolutamente più sopportare questo stato di cose, non possiamo accettare ulteriormente che le cifre incassate dai nostri politici, i quali dovrebbero  rappresentarci e tutelarci, siano spese, o meglio, sperperate a finanziare indecenze, quando, la metà di quelle somme, basterebbero a far dormire sonni un po’ più tranquilli a mezza Italia e non soltanto noi L.S.U./L.P.U. della Calabria

Non possiamo accettare che, per risanare le loro malefatte, ad essere colpita deve essere sempre e soltanto quella parte di  popolazione più debole e che:

  • è abituata ai sacrifici ma, purtroppo, non è più, nemmeno, nelle condizioni di comprare il pane, nonostante i sacrifici;
  • onestamente paga le tasse, anche per chi dell’onesta se ne infischia;
  • se, eventualmente non ha pagato le tasse, non lo ha fatto certo per comprarsi uno yacht o la villa in uno dei più remoti paradisi fiscali, ma per sfamare la famiglia e, ciò nonostante, oggi si trova senza una casa, perché l’Equitalia non utilizza il metro della buona o della cattiva fede;
  • per non vedersi ipotecata la casa, situazione più grave ed intollerabile, è ricorsa agli usurai e agli  strozzini pur di pagare le tasse;
  • per garantirsi una cura non estetica ma salvavita, efficace (almeno si spera), è costretta a pagare e, se impossibilitata, può anche morire…tanto;
  • vorrebbe investire nel proprio futuro ma, ormai, deve trovare il necessario per il presente;
  • per andare a lavorare, con l’auto perché il lavoro si trova in zone sprovviste di servizi pubblici, paga l’assicurazione e il gasolio anche per chi l’assicurazione la usa per ben altri scopi…e il gasolio e l’auto….

Potrei andare avanti quasi all’infinito ma, sono stanca, frustrata, umiliata ed offesa da questa Italia che da decenni dice di fare tanto per i suoi figli e quel tanto, purtroppo, si concretizza sempre e perennemente in troppo poco, per non dire niente in favore di chi ha realmente bisogno.

Se i risultati sono questi, ovvero quelli che tutti sentiamo, vediamo e tocchiamo con mano ogni giorno che passa, significa che, in realtà, ciò che è stato fatto non ha risollevato le sorti di tutti, ma soltanto dei soliti ed in alcuni casi ignoti e pochi.

Però, io non mollo, da madre, una spiegazione ai miei figli devo assolutamente darla.

Una speranza devo necessariamente seminarla e, allora dico loro, siate onesti ma non fessi, tempratevi al peggio che è sempre meglio, ma tenete alta la testa e esigete spiegazioni anche davanti al minimo sopruso.

Per quanto mi riguarda, è già da anni che lo faccio e continuerò a farlo fino a quando qualcuno si deciderà a darmi delle risposte serie e, soprattutto, sensate.

È opportuno dire che, insieme a me, migliaia di altre persone con i miei stessi problemi e/o con problemi anche più gravi, continueranno a farlo anche per coloro che la forza, il coraggio, l’autostima, la determinazione, la voglia e la vita,  li hanno, purtroppo, persi lottando.

Onorevoli Signori, secondo noi e, Vostro malgrado, anche secondo moltissimi ITALIANI oltre noi, è veramente arrivato il momento di dare risposte concrete, serie, dignitose, senza troppi giri di parole e soprattutto risparmiandoci tutte quelle scenette televisive a cui ormai ci avete abituati che, sanno solo di sarcasmo, puzzano di falsità e hanno i colori dell’inciucio.

Nel frattempo (augurandomi,  che questo sia un arco di tempo brevissimo) date una risposta al mio quesito, perché non voglio credere sia tra quelli che metta in crisi nessuno di Voi.

In crisi, purtroppo, lascia migliaia di persone che come me, non sanno definire il proprio “STATUS OCCUPAZIONALE”.

E’ se questa non è CRISI “ITALIANA” D’IDENTITA, ditemi voi che cosa è.

Cinzia Musitano

LPU del comune di Ardore

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Author: Maria Cristina Condello

Maria Cristina Condello ha conseguito la laurea Magistrale in "Informazione, Editoria e Giornalismo" presso L'Università degli Studi Roma Tre. Nel 2015 ha conseguito il Master di Secondo Livello in "Sviluppo Applicazioni Web, Mobile e Social Media". Dal 2016 è Direttore Responsabile della testata giornalistica ntacalabria.it

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