Melito Porto Salvo (Rc), la partecipazione come strumento di cambiamento

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mario alberti

di Francesco Iriti

Viene stimato il numero di 84 mila disabili ed anziani non autosufficienti nella nostra regione. Di questi il 70% è rappresentato da persone anziane.

Intanto il bisogno assistenziale che si innesta per salvaguardare l’ovvia esigenza, per fortuna garantita dalla carta costituzionale, di mantenere il proprio stato di salute intesa nell’accezione letterale, ovvero benessere bio – psico – sociale.

Quindi le finestre che si aprono sono immense.

Anzitutto vorrei evidenziare che il sistema parentale tanto enfatizzato nel nostro contesto spesso ricade sui carer di sesso femminile. Se da un lato la famiglia sostiene, anche se di meno rispetto al passato, il congiunto non completamente autosufficiente, altrettanto vero è che questo avviene a discapito dei sogni e della realizzazione di tante giovani donne che sfioriscono alterna dosi nei ruoli di madre e assistente.

Questo una società moderna non lo può permettere né tantomeno visualizzare soltanto la parte buona della vicenda.

Da questa parte buona, ovvero i principi di solidarietà ancora solidi nel contesto calabrese, bisogna partire per dare valore aggiunto ai sevizi e restituire la committente, la famiglia, il ruolo che le compete, ovvero di soggetto attivo nella verifica del sistema servizi.

Auspicabile sarebbe l’incremento delle Associazioni di familiari, ancora poco radicate sui nostri territori, che inevitabilmente agirebbero sul livello partecipativo.

Questo avverrebbe comodamente se si superasse la percezione di inutilità ed il disincanto che spesso, come cittadini, abbiamo nei confronti delle Istituzioni, che per la verità non fanno molto ad agevolare questo passaggio di fondamentale civiltà.

Possiamo quindi identificare nel meccanismo partecipativo la chiave di volta che occorre per snodare alcuni grovigli che non facilitano la riscossione di diritti fondamentali, come la cura e l’assistenza, da parte di molti soggetti deboli.

E’ necessario che gli attori Istituzionali come gli Enti locali, competenti per i Servizi territoriali, guardino alle organizzazioni sociali ed all’associazionismo familiare con fiducia e sentimenti collaborativi, oltre quanto sancito dalle normative di settore che quasi stanca ripetere.

Invito a guardare tutti con ottimismo e benevolenza alla recente costituzione del Forum Distrettuale del Terzo Settore dell’Area Grecanica, inteso come catalizzatore di forze buone e professionali in grado di facilitare lo sviluppo del nostro territorio.

Questo attraverso l’esecuzione di buoni servizi alla persona, come quelli che già si fanno, di progettazione altamente professionale e di produzione di lavoro qualificato che nella nostra martoriata terra non risulta mai sufficiente.

Storicamente la nostra è un Area ricca di organizzazioni sociali.
A realtà antiche, che operano nel contesto da più di trent’anni, si sono aggiunte altre organizzazioni che hanno diversificato l’intervento, prima quasi esclusivamente rivolto a situazioni di disabilità ed estrema gravità.
Adesso viene offerta la ludoteca piuttosto che servizi domiciliari “leggeri” o assistenza scolastica. Nello stesso tempo mi preme rimarcare che all’impulso dei primi anni duemila, dove abbiamo assistito, attori sociali partecipi, a progetti in rete come il Dopo di Noi territoriale, l’Assistenza scolastica, il progetto “un anziano per amico”, prove generali per il Piano di zona, ed altrettanti impulsi provenienti dalle Amministrazioni locali, purtroppo ci si trova in un momento di pericolosa stasi.
Perché pericolosa?

Adesso rischiamo di percepire come non essenziale un servizio domiciliare o un centro diurno.
Si registra un estremo ricorso alle risorse economiche familiari per un sistema sociale parallelo, surrogante il servizio pubblico.
Le indennità d’accompagnamento diventano, causa situazioni di inadeguatezza di reddito, proventi aggiuntivi senza apportare qualitative modifiche all’intervento per il familiare disabile o anziano.
La previsione di voucher da assegnare alla famiglie, se non in qualche modo blindata al ricorso ad Enti certificati e qualificati, potrebbe ulteriormente implementare questo sistema riparatorio.
In Italia il ricorso all’assistenza privata, tramite badanti, è notevole. Circa 770.000 badanti operano sul territorio nazionale, e tenendo conto che soltanto una su tre è portatrice di un regolare contratto di lavoro, questa cifra andrebbe ritoccata verso l’alto.
L’offerta residenziale per persone non autosufficienti nel Sud è 8 volte inferiore agli standard europei!
Nel contesto del Distretto Socio Sanitario n.4 questi fenomeni rilevati a livello nazionale assumono contorni più percepibili.
Vediamo un capofila di Distretto, il comune di Melito di Porto Salvo, in qualche modo coperto da vari servizi, mentre una periferia distrettuale a mio avviso ancora distante dai livelli minimi di prestazione sociale
Tornando al terzo settore, che nell’Area Grecanica è numeroso e variegato, non posso non registrare un ulteriore indebolimento del principio di sussidiarietà, ovvero quel sistema definito dall’art.118 della Costituzione che legittima l’impegno delle organizzazioni piccole ma attrezzate nello svolgimento di compiti pubblici con la facilitazione dello Stato e sue diramazioni locali.
I principi della legge 328/2000, attuata nel 2003 in Calabria attraverso la legge regionale n.23, ovvero l’art. 1, comma 4 ( Gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell’ambito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale), comma 5. (Alla gestione ed all’offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato), nonché art.3 comma 2 lettera b ( concertazione e cooperazione tra i diversi livelli istituzionali, tra questi ed i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4, che partecipano con proprie risorse alla realizzazione della rete) sembrano lontani nel tempo e soprattutto nello spazio di diritto.
Ultimamente non si può negare che i Piani d’intervento vengono redatti senza che questi principi siano applicati, se non, in taluni casi, più per rispondere ad una forma che usufruire di una risorsa preziosa.
Mi riferisco alla concertazione partecipata.
Nel distretto queste avvengono a titolo personale, senza il rispetto del principio di rappresentanza ed omogeneità.
Il Forum non è un sindacato, è stato più volte espresso, ma non può non richiamare questi principi, anche verso gli stessi componenti del Terzo Settore, affetti sovente da autoreferenzialità conservativa.

Lo stato delle Politiche Sociali dell’Area a mio avviso richiede una svolta di metodo, quindi un viraggio verso un sistema di concertazione fattiva e non simbolica, quindi di sfruttamento del know – how territoriale posseduto dal Terzo Settore.

Da qui le nostre pressanti richieste verso le Istituzioni per essere considerati per quello che possiamo apportare al territorio in termini di ridefinizione di un modello di welfare adeguato ai diritti dei cittadini dell’Area.
Come Forum annunciamo l’attivazione di un percorso di animazione territoriale, dove si ascolteranno gli stakeholders per arrivare ad una visione generale ed esaustiva tendente all’attivazione di un meccanismo democratico di social governance.

Specifiche commissioni su aree tematiche di rilievo, come “le non autosufficienze”, il sistema giovanile, l’immigrazione, saranno attivate entro il mese di ottobre con lavori ad evidenza pubblica.
Siamo anche convinti che questo nostro impegno vedrà consenso e partecipazione, anche in chi non porta interessi diretti, ma soprattutto nei giovani e speriamo, anche negli Amministratori illuminati, che potranno percepire in questo percorso un sistema di benessere equanime e soprattutto centrato sugli effettivi bisogni del territorio.

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