Addio a Paolo Pecora, l’ultimo artigiano del genio reggino

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Ci sono uomini che passano tra noi senza mai davvero andarsene. Non perché immortali, ma perché lasciano nell’aria la loro impronta: discreta, testarda, inconfondibile. Paolo Pecora era uno di questi. Regista, inventore, conduttore, ma prima di tutto artigiano della fantasia, nato e cresciuto a Reggio Calabria, la sua città di mare e di vento, di partenze e di ritorni.

Era il 1967 quando a Bruxelles gli misero in mano l’Oscar mondiale delle invenzioni per un telefono che pareva uscito da un racconto di Jules Verne: niente fili, niente vincoli, un sussurro di libertà tecnologica in un’Italia ancora legata ai gettoni e alle cabine. Da lì non smise più di creare. Non un genio rinchiuso in un laboratorio, ma un uomo di bottega, di televisione, di piazza: la sua officina era la città, la sua ribalta i programmi che conduceva con ironia e bonomia, dai titoli talvolta sornioni come Tuttopecora o quasi.

Regista di pellicole controcorrente – Faida e La lucertola – e fondatore di una piccola casa di produzione, Pecora apparteneva a quella razza in via d’estinzione che non separa la tecnica dall’arte, né l’ingegno dall’umanità. Ogni invenzione era per lui una finestra, non una vetrina.

Reggio Calabria lo ha salutato sotto quella luce che al tramonto taglia lo Stretto come una lama di miele. E la città, che troppo spesso dimentica i suoi figli, per una volta si è fermata. Perché Pecora non era solo “di” Reggio: era Reggio. Nelle sue invenzioni c’era la voglia di sfidare il destino, nei suoi programmi il gusto del racconto, nel suo passo lieve la memoria di chi non ha mai smesso di crederci.

Si dice che i geni siano destinati a vivere avanti rispetto al loro tempo. Lui, forse, ci è passato accanto un po’ in anticipo. Ma oggi, nel ricordo, sembra già tornato.

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Author: Ntacalabria Redazione J