Locri (RC), al liceo pedagogico Mazzini il progetto Conoscere per capire in ricordo della Shoah

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Per raccontare ad una classe di studenti liceali la storia della Shoah non sono sufficienti immagini, pellicole filmiche, proiezioni. Serve la testimonianza. Serve conoscere per capire. Ascoltare il vissuto nei campi di sterminio. Serve un racconto. E a volte, si può ricostruire la storia di quegli uomini, anche attraverso la storia di un cognome. Attraverso la lettura di un passo.
E la storia di ieri ritorna tra i banchi di scuola. Gela e confonde. Spiazza la meglio gioventù, forte e arrogante. Quella gioventù che conoscendo l’esperto Antonio Sorrenti, è rimasta di stucco, incredula, scioccata. Per riprendere fiato solo dopo che Sorrenti ha abbandonato la classe. In quell’aula del “Mazzini” tutto si è trasformato. Mille perché, centinaia di domande. Una sola risposta: la storia siamo noi.
E così fu la mattina dell’11/11/11. La “lezione” iniziò con il solito appello. I cognomi iniziavano a scandire. Parecchi di essi ci davano la netta sensazione di appartenenza ai convogli che partivano per i campi di sterminio; poi uno fu agghiacciante. Lasciò anche Sorrenti sbigottito ed attonito; capì che la lezione doveva ritornare ai passi iniziali. Cominciò a parlare del 16 ottobre, il famigerato racconto del “Portico di Ottavia”. Le prede furono 1023. Raccontò poi che il carro bestiame partì dalla stazione Tiburtina, chiamò la ragazza, di cui scriveremo solo il nome, Ylenia, e le fece leggere una parte di quel convoglio. Quindi lesse il suo cognome. Il tempo della lettura fu lungo. Smisurato, pieno di dolore. Ad ogni cognome e nome Ylenia doveva prendere quella poca forza che le era rimasta in gola ed andare avanti. Nell’aula regnava quel silenzio che anticipa la morte in un campo di sterminio. Gli occhi erano strabuzzati. Non si sentiva neanche l’alito del respiro; una cosa era certa: l’elenco era interminabile. Quando Ylenia finì, depose il libro, tornò al suo posto e portò con sé un carico di dolore condiviso dalla scolaresca. Poi si alzò e disse: «Non potrò raccontarlo alla nonna. La nonna è morta. È morta senza sapere. Cosa dirò a mia madre? Cosa dirò agli altri? E perché a me che sono la più giovane, è capitata questa responsabilità?» E poi al dilemma “è meglio sapere o è meglio non sapere?” aggiunse: «meglio tardi che mai!». Questo è ciò che accadde l’11.11.11 alle ore 11 alla scuola “Mazzini”. Se questo non è cabalà e se questo non è disegno imperscrutabile dell’eterno, quale altro numero sceglieremmo?
Al liceo pedagogico “ Mazzini” si è scelto un progetto “Conoscere per capire”. Capire per non ricommettere gli errori dei padri. Alcuni componenti della scuola, sotto l’abile regia della professoressa Maria Pia Battaglia, porteranno avanti un lavoro teatrale sul racconto di alcune persone cristiane ed ebrei che passarono alcune giornate di vacanza a Locri, provenienti da Cittanova. Due di esse finirono ad Auschwitz. Il lavoro viene ricavato da una geniale estrapolazione di Alberto Cavaliere. Egli per primo, nel mese di settembre, stamperà il libro (1945). Sarà il racconto meticoloso di sua cognata Sofia e la signorina Molpurgo che prenderanno il convoglio 6 dal binario 21 di Milano. Il binario 21 è il famigerato binario sotterraneo. I ragazzi e le ragazze dell’Istituto locrese, in questi giorni, stanno costruendo il canovaccio. Affronteranno il lavoro nelle ore pomeridiane, rubando il tempo al trucco, allo shopping, allo “struscio”, alla palestra.
La Shoa è dolore, il teatro potrebbe essere banalità; non vogliamo scomodare i grandi pensatori sulla banalità del male e del bene – dice Sorrenti. Una cosa è certa: basta con le frasi stereotipate. Cosa vogliono questi ragazzi? Cosa capiscono questi ragazzi? Ecco una buona risposta da una terra buona. Dove ci sono buoni semi nascono buoni frutti. E quindi ai detrattori diremo: «dalla vostra banalità del male, dalla vostra frettolosa banalità dell’etichettare, eccovi il dono della banalità del bene».
I ragazzi saliranno sul palcoscenico, Maria Pia Battaglia li guiderà. Antonio Sorrenti, li osserverà e coglierà, attimo dopo attimo, tutte le sensazioni ed emozioni che quel racconto susciterà. Dalla rivisitazione di quella bella gioventù che fino a ieri vedeva nella Shoah la storia di altri. Ma oggi è la storia. La nostra storia.
DOMENICA BUMBACA

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Author: ntacalabria

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