Lanucara (Chi collabora non deve più morire ingoiando acido): “Si fa sul serio come sanno fare le donne calabresi”

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Quanti sforzi, quante lotte, per riscattare la dignità negata, le donne italiane e calabresi hanno sostenuto nel secolo scorso!

Lotte dure, a volte non comprese nella loro essenza.

E va bene!

Oggi, quando si ritiene di essere pari nella dignità umana ci accorgiamo che si ripresenta il rischio del ritorno al passato.

Le donne, né ieri e né oggi come fatto di massa si venderebbero “la madre per fare soldi”.

Eppure l’intervista impudente di una povera donna italiana ha riempito i mass-media.

Come è possibile?

I mass-media hanno dato spazio, si sono indignati e hanno pubblicizzato l’intervista di una poveraccia e forse hanno trascurato le testimonianze di quelle altre a cui avrebbero dovuto dare grande visibilità e sostegno.

Si tratta nella fattispecie delle testimoni e collaboratrici di giustizia calabresi che stanno testimoniando contro i loro stessi familiari, capi della ‘ndrangheta.

Per questa ragione il comitato che si è formato a Reggio Calabria, che già ha operato, sta continuando l’azione che si è prefissata e che ha aperto una relazione con la società, le istituzioni locali e nazionali di ogni ordine e grado.

La domanda che ci poniamo è: “perché è così difficile mettere insieme rapidamente società civile e Stato sulle scelte che donne super coraggiose hanno posto in essere?”.

Certo a Giuseppina Pesce minacciata dal marito ‘ndranghetista non serve la sola pubblicità, serve invece un movimento nazionale che riunisca tutti coloro che si adoperano nelle loro associazioni contro le mafie che proprio nel loro ruolo di protagonisti siano capaci di suscitare meraviglie e dunque innamoramenti come sostiene Proust.

Meraviglia e innamoramento senza i quali il nostro paese non si libererà dalla ‘ndrangheta e dalla sua cultura.

Ci viene in mente un detto calabrese: “petra disprezzata cantunera i muru”; pietre disprezzate sono le donne che si ribellano alla ‘ndrangheta ma sono quelle pietre che sono fondamentali a sostenere le strutture portanti di una casa.

Le attuali testimoni rappresentano, nella violentata terra calabrese, quel “genere Femminile” considerato spesso dalle loro consimili incapaci di svincolarsi dal padre-padrone e si badi non si tratta di una ribellione per andare in discoteca di notte.

Noi donne del comitato ci siamo messe in gioco per riallacciare quel filo spezzato e abbandonato dalle varie culture femminili nel nostro paese.

La mafia, la camorra, la ‘ndrangheta e la sacra corona unita hanno invaso quasi tutta l’Italia, Milano compresa, inserendosi nei gangli vitali ed economici del nostro paese.

Ci domandiamo: basta il magistrato Gratteri per materializzare le indignazioni? Sicuramente no, noi siamo con lui.

Pensiamo e dunque ci rivolgiamo alle donne autorevoli ovunque esse siano, capaci di partire da se stesse svolgendo quella stessa riflessione coraggiosa di genere che hanno messo in opera le collaboratrici  e testimoni di giustizia, le quali, come le loro consimili del XX secolo hanno desiderio di riscatto, di ribellione e di libertà.

Loro vogliono difendere i figli, la loro carne e vogliono per loro un futuro di libere persone civili.

È questa la forza positiva delle donne, capaci di scardinare la violenza.

La forza delle donne insieme alla scuola per la legalità sono un binomio rivoluzionario che potrà fare riflettere l’Italia intera, rimettendola sui coraggiosi binari della solidarietà consapevole.

Si, consapevole in quanto la lotta contro gli interessi arroganti della mafia si incontra spesso con quelli leciti.

Il danaro non puzza anche se viene dagli orinatoi! Ricordiamo “pecunia non olet”.

Registriamo con piacere in questa fase l’intervento autorevole, su questa tematica, della dottoressa Paola Rizzuto vicepresidente dei giuristi cattolici.

Facciamo dunque tutti e tutte un passo avanti, tanto serve a una donna coraggiosa che chiede di collaborare perché colpita nella dignità e nei suoi affetti più cari.

Sono gli affetti più cari quelli che muovono il mondo e che consentono alla natura di riprodursi nella pace.

Con questo rinnovato appello chiediamo urgenti incontri con i Presidenti delle Camere, con i loro Capi Gruppo e con le Deputate e Senatrici della Repubblica.

Vogliamo e pensiamo di fare sul serio da donne calabresi.

Reggio Calabria, 27 settembre 2011

IL COMITATO “chi collabora non deve morire piu’ ingoiando acido”:

  1. ANTONIA LANUCARA (347/8757920)
  2. ON. ANGELA NAPOLI
  3. ON. MARIA GRAZIA LAGANA’
  4. ON. DORIS LOMORO
  5. GIOVANNA FERRARA
  6. ROSY PERRONE
  7. MIMMA PACIFICI
  8. COORDINAMENTO DONNE FLI CALABRIA

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Author: Maria Cristina Condello

Maria Cristina Condello ha conseguito la laurea Magistrale in "Informazione, Editoria e Giornalismo" presso L'Università degli Studi Roma Tre. Nel 2015 ha conseguito il Master di Secondo Livello in "Sviluppo Applicazioni Web, Mobile e Social Media". Dal 2016 è Direttore Responsabile della testata giornalistica ntacalabria.it

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