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Chissà se incontrerai quell’amico di Siderno che parcheggiava la sua Dino 246 Gt proprio davanti alla porta del ristorante… e ti incazzavi.
Se incontrerai Gabriella Ferri che veniva a cena due tre volte al mese… quella che cantava dove sta Zazà…
Non incontrerai Barbara Bouchet, è ancora su questa terra, ricordi? Era quella che rimandava indietro il filetto cinque volte perché troppo al sangue, e tu non vedevi l’ora che finissero le riprese di quel film per non vederla più.
E il lavapiatti che rubava il vino in cantina, quello di marca buona. Poi però poverino lo hai visto… e da allora non ha più rubato. Forse è vivo… chissà.
Il mio compaesano Franco e qui in giro. Non lo incontrerai di sicuro, era quello che in attesa del primo piatto mangiava cinque cestini di pane…
Il siciliano con i baffoni che ti rimproverava che nelle polpette non mettevi l’aglio e ti diceva: Don Bruno, ma che c… di calabrese siete!
E poi, Antonio, il cuoco, che lanciava coltelli e li conficcava alla porta della cucina.
Ci siamo sentiti e visti giusto domenica, in video chiamata. Abbiamo parlato tanto…forse la più lunga chiacchierata da quando non ci vedevamo. Sarà stato un segno del destino?
È morto Bruno Lucisano. È morto Bruno Lucisano, quello di San Remo.
Si è spento un pezzo del mio cuore, della mia giovinezza, dell’Università Cattolica di Milano, del Papillon, dell’agenzia di Rivera, del ristorante la Scaletta dove mangiavano ogni sera Sandra e Raimondo.
Meritavi ben altra fine. Ma poi, pensandoci bene, sei morto sulla strada e tu venivi dalla strada. E di strada nei hai fatta costruendo una famiglia che, nel dolore, manterrà vivo il tuo ricordo, la tua bontà d’animo… e la gioia per la vita.
A Dio, grande cugino. Addio fratello.
Di Bruno Lucisano
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