Il destino politico dell’Area Grecanica secondo Domenico Principato

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“Ho sempre vivamente e vibrantemente sostenuto in questi anni di prolusioni politiche, fatte anche di ampi dissidi e divergenze, che i problemi dell’Area Grecanica, area tra le tre più povere della nazione per reddito pro-capite, fossero non solo questioni annose che affondano le proprie radici in questioni storiche complesse (vedasi fra tutte il periodo della rivoluzione partenopea, o l’epoca devastante e devastevole della dominazione spagnola), in situazione di precaria instabilità economica su cui giocano le drammatiche condizioni di una economia di mercato che non decolla per via della scarsità di capitali, mancanza di adeguate infrastrutture, e incresciosi rapporti di forza padronali in qualche contesto. Su queste ultime pesano la sfiducia collettiva verso i sindacati, la perdita di coesione di coscienza dopo la fine dei partiti di massa, la globalizzazione, la ricerca sempre più sofisticata di manodopera alternativa e a basso costo.

Perdura invece tra le genti una certa solidarietà umana, soprattutto verso gli stranieri che si integrano bene con i nostri popoli. Stranieri cui dobbiamo la tenuta della sopravvivenza della nostra economia agricola, e che molto spesso mal pagati (per questioni di mera sopravvivenza delle nostre aziende agricole) aiutano nella produzione, che non è destinata ai mercati al dettaglio, ma a grossisti dediti al cartello(….) Relativamente invece, alla condizione delle infrastrutture, su di essa pesano le scelte poco esatte delle politiche passate, le errate analisi dei costi benefici, investimenti statali che sono andati più a beneficio dei rapporti partitocratici della prima repubblica che verso un’ottica di un vero sviluppo inteso come volano economico che ha al centro il mediterraneo.

Al di là delle polemiche degli ultimi giorni, di tutto si fa meno che imbastire un tavolo di ricerca serio che miri alla sopravvivenza del territorio da mare a monte e che guardi al benessere futuro. Per quanti di loro non fossero a conoscenza invito a leggere “La Restanza” di Vito Teti, con cui ho personalmente interloquito e avuto l’onore di presentarne l’opera presso Sant’Ilario dello Jonio questo inverno. In pochi ne conoscono l’opera, ma credo che il concetto di Restanza, ovvero il diritto di vivere e lavorare dove si è cresciuti, il diritto a non veder morire i propri paesi faccia parte dei nuovi diritti naturali dell’epoca moderna, su cui può nascere un dibattito al punto tale, secondo me da inquadrarlo tra i diritti fondamentali della persona.

I paesi sono la nostra cultura antropologica più intima e inviterei il partito a riflettere su questo. A me sembra, e credo di non dire falsità o creare condizioni per analisi sbagliate, che possiamo inquadrare l’Area Grecanica come un sistema di Poleis greche, per storia e sistema antropologico, organizzato o che tenta di organizzarsi in modo federativo su rapporti di produzione agricola maggiormente e strutturato a doppio cerchio concentrico per cultura. Il cuore pulsante culturalmente e storicamente, non sarebbe altro che il cerchio più interno ove vige la lingua ellenofona ancora parlata e che comprende, ed è un dato oggettivo,i Comuni di Bova, Condofuri e Roghudi nella loro parte “vetus”. Attorno a questo cuore culturale, che è la minoranza dei greci di Calabria, si dipana un secondo cerchio, i secondi paesi satelliti che sono di tradizione grecanica per modo di vivere sociale, intendere rapporti umani, capacità individuali, tradizioni, usi e costumi.

La zona ha dei confini a triangolo i cui vertici di base si aprono da Motta e si chiudono a Staiti e il vertice più alto è Cardeto. Se nel cerchio più intenso la spiritualità dei costumi è dovuta alla tradizione Bizantina e Basiliana,gli altri paesi satelliti hanno saputo custodire altre e più importanti culture storiche, quella ebraica, quella islamica, e forti della loro grecità hanno saputo coltivare talenti e suffragati dal sentimento del cristianesimo prima e socialista poi hanno imparato il valore della solidarietà umana come senso del primum vivere, con modi di intendere la vita sociale, economica e tradizionale che hanno un identico comun denominatore. Se il primo cerchio forma una specie di piccola capitale storica di questa minoranza, il secondo cerchio ne è la provincia. E se i problemi prima ancora di essere politici, sono sociali, è comune l’identità culturale.

In poche parole l’area grecanica tutta ha un popolo, ed è sotto un certo profilo letterario una patria (non una nazione si badi). Chiarito questo aspetto che io giudico fondamentale vi è un secondo. Quello dell’orogenesi territoriale che divide tra zone montane e zone costiere all’interno a volte anche di singoli comuni. La teoria di base, che io condivido, espressa anche da alcuni compagni di tradizione marxista, e che mi pare tuttavia essere un asse portante è di ragionare in termini, in un’ottica anche di un più compiuto sviluppo turistico, che le due zone debbano vivere necessariamente in simbiosi di crescita e mutuo scambio produttivo e attrattivo. La Calabria ha il magnificente dono di avere sia i Monti che la Costa, lo dirò fino allo sfinimento, sbilanciare troppo gli investimenti pubblici a favore di una zona piuttosto che in un’altra significa avere uno sviluppo zoppo e monco che non giova alla crescita, ma anzi la dimezza, spopola le montagne o viceversa non crea occasioni di rilancio e di iniziativa privata nelle coste. Per questo mi batto affinchè anche il terzo settore impari all’interno degli stessi luoghi a non frazionarsi, ma a cooperare in mutua crescita e per cause comuni.

Chiarito questo a livello politico, rimane di suscitare nelle genti la voglia di amore e di voler restare, di amare comunque i propri luoghi, di sviluppare essa stessa per prima ovunque ella sia una volontà perchè si creino le condizioni di rilancio. Ecco perché guardo con favore anche ai calabresi che vivono lontani ma che comunque hanno a cuore la sorte dei propri luoghi, essi andrebbero ascoltati e sentiti soprattutto perché si approcciano alle nostre realtà con percezioni diverse, vedono i cambiamenti, li notano, hanno soluzioni e consigli. Tuttavia vengo alle dolenti note, essendo un razionalista e non un utopista.

Diceva Norberto Bobbio che ogni riformista è pessimista e tale dunque devo essere, anche drastico persino. Se ci si aspetta di coltivare il sogno e l’illusione che tutte le realtà dell’Area Grecanica rispondano prontamente e subito, a costoro posso semplicemente rispondere che questa non è solo utopia, ma pura demagogia. Esistono da noi, realtà territoriali talmente complesse e attanagliate da problemi sociali, così piene di contraddizioni e asperità, che dovremmo rassegnarci anche al fatto che queste non vedranno mai realizzato un progetto, un rinnovo e che purtroppo benchè afflitte da perniciosità oscurantiste non hanno l’humus per poter avere una visione futura più nuova e più buona. Esiste sciaguratamente, un darwinismo delle comunità, dobbiamo metterlo in conto, che è implacabile e severo e che punisce le genti e le comunità che non vedono al di là del proprio naso fino ad estinguerle. Purtroppo è così. Compito del partito e di ogni progressista in questo campo è cercare di guardare non all’impossibile ed inutile condizione di resuscitare economicamente salme sociali di plebi sconfessate dalla storia e vittime della loro stessa volontà di progresso, ma di guardare piuttosto alla dignità e ai diritti del singolo individuo ivi presente, cercando di recuperare qualche mentalità volenterosa meglio se giovani.Domenico Principato

 E’lì nell’individuo di queste realtà che il partito può, deve e sa guardare. E’in queste scoperte che si salva la dignità del partito, nel suo senso di solidarietà umana. Tuttavia da Socialista penso che se i popoli hanno una loro volontà nella storia che sa benissimo e in autonomia indirizzarvi verso un destino fasto o nefasto che sia, allo stesso modo credo nella dignità e nella lotta verso la felicità degli individui in maniera ancora più marcata in una connotazione di dignità, libertà e giustizia sociale. Ci si impegni dunque per costoro, per il loro diritto alla informazione, alla partecipazione, alla parità, alla loro coesione e integrità di esseri umani, al loro diritto di accesso alle cure e ai luoghi di cultura, ci si batta sempre contro il disagio giovanile e la solitudine intergenerazionale. Su questi temi l’impegno della federazione sia incessante martellante e costante e mi avrete sempre al vostro fianco. Si ricerchi su questi temi il dialogo con tutte le forze progressiste(…)

Si insista su un progetto culturale dell’Area Grecanica, che abbia un portale telematico comune, un progetto di offerta e servizi turistici comuni e che in questi termini possa avere ad oggetto le eccellenze e le peculiarità eno-grastronomiche della nostra economia rurale. Si istituzionalizzino le De.co eterogenee di ogni zona dell’Area Grecanica tutta e la sua istituzionalizzazione e riconoscimento venga dato a un ente terzo di matrice pubblica. Non si può concepire che persone della stessa cultura e della stessa area disconoscano le proprie potenzialità e i propri prodotti di eccellenza. Si avvii così una economia prima circolare e di crescita tra tutti i paesi,  come lo era nei primi del 900, ma in maniera più efficiente e con mezzi moderni la si faccia conoscere a chi ha sete di visitare la nostra terra. Ci si batta per i servizi. E’ risaputo che le agenzie turistiche, nate nel territorio, non riescono a decollare, perché i disservizi dei luoghi di destinazione, come per esempio la rete idrica nei periodi di picco, portano l’utente a rivalersi del rimborso, che grava sull’agenzia ma su responsabilità dell’ente comunale.

Oltre a questo la perdita di visitatori è di 1 a 3, per ogni deluso nei servizi tre non visitano per preventivato disagio.

Sono sempre del parere e rimango di questa convinzione, che il popolo dell’Area Grecanica si salva solo se ha la capacità di far uscire le rispettive comunità dall’isolamento. Esso deve essere abituato a ragionare nell’ottica del mutuo soccorso dei popoli, in termini di solidarietà umana, in più sani e costruttivi rapporti sociali tra ceti, pubblica amministrazione, aziende sane, artigiani e diritti fondamentali dei cittadini. Insomma o l’Area Grecanica ragiona come un popolo, ritrova l’orgoglio dell’identità comune, saprà combattere battaglie comuni o sarà destinata a perire sotto le regole dell’economia moderna. Si lotti per far cessare le lotte intestine tra singoli paesi, singole fazioni e frazioni, si metta da parte l’odio di classe o vedremo presto un deserto senza possibilità di futuro e a tutto danno delle classi più deboli.

E sono queste classi che tuttavia muovono la storia, e per costoro, se non si fa nulla, sono bastevoli tre cose, un cervello, una scuola e una stazione. Vero è che senza sviluppo non si possono comprare né penne né libri. Si rifletta su questo alla luce dell’epoca moderna.

Relativamente al partito, penso che sia ora di intavolare una discussione più ampia e partecipata, che possa condurre assieme a intellettuali degni di nota agli “stati generali del socialismo dell’Area Grecanica”, avremo così modo di conoscere meglio le problematiche di ogni territorio, sentire le esigenze delle comunità, sviluppare soluzioni e soprattutto aprire le porte alla gente. Solo così potremo costruire e contribuire anche noi alla chiamata verso la costruzione del futuro come è nostro dovere di uomini liberi.”

 

di Domenico Principato

 

 

 

 

 

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Author: Redazione Notizie