Melito Porto Salvo, Reggio Calabria

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Di Lilli Tripodi

Melito Porto Salvo, il comune più a sud della penisola italiana, è stato e ancora è il motore commerciale, istituzionale e occupazionale dell’intero comprensorio grecanico. Con l’ospedale, con le scuole superiori, con la pretura, il centro urbano di Melito attira ogni giorno buona parte dei flussi veicolari locali, tanto che recentemente il comune ha ritenuto necessario riformare la viabilità interna, al fine di snellire il traffico sulla via Nazionale. I 35 kmq di superficie comunale di Melito si strutturano in un complesso sistema territoriale che dal mare si sviluppa fino all’entroterra collinare, a 10 km dalla costa, dove la scacchiera disegnata dalle strade e dagli isolati urbani lascia il posto a morbidi uliveti, ad arbusteti collinari di ginestra odorosa e di rovo comune, a pini mediterranei, a cisti e salvia della gariga, a eucalipti e a pascoli. L’intero complesso della sfera naturalistica di Melito è perfezionato dalla presenza di tre corridoi ecologici, la fiumara di  Melito (Tuccio), la fiumara di Annà e la fiumara di S. Elia che, con il loro corredo di agrumeti e di frutteti, tagliano verticalmente l’intera superficie comunale. Parallelamente al torrente Tuccio si snoda la SP 3, lungo la quale si trovano le frazioni interne: Pallica, Prunella, Lacco-Caredia e Musupuniti. Melito centro si trova proprio al principio di questo asse stradale e si sviluppa dalla collinetta su cui si trova il centro storico (35 m s.l.m.) fino alla costa. Ai suoi lati, sempre lungo la costa, si trovano le altre due frazioni, Pilati e Annà, rispettivamente a est e a ovest del centro. In realtà il nucleo originario di Melito è stato Pentedattilo, un piccolo borgo rupestre a 8 km dalla costa. Secondo alcuni storici il borgo fu fondato dai Calcidesi nel 640 a.C. Indubbia è la presenza di un insediamento di epoca tardo-romana, testimoniata dai ritrovamenti effettuati nel 1704 presso la foce del torrente Annà, riguardanti due colonne indicanti il XX e il XXI miglio della via consolare Costantina – Licina, che da Reggio giungeva fino a Locri. La fondazione di Pentedattilo è comunque riferibile al periodo bizantino, quando si consolidò in tutta l’Italia Meridionale la tendenza all’abbandono delle fasce costiere e iniziò il processo di ellenizzazione dovuto alla colonizzazione monastica orientale. Il toponimo, infatti, deriverebbe dal greco penta, cinque, e daktilos, dita, che descrive così la forma della roccia arenaria alla quale il paese è arroccato. Oggi di questo borgo rimane ben poco. Si può ben dire che la sua decadenza ebbe inizio dalla notte di Pasqua del 1686 quando, secondo la leggenda, gli Alberti, allora feudatari di Pentedattilo, furono sterminati per mano del marchese Abenavoli di Montebello. Da allora in poi pestilenze, terremoti e carestie hanno lentamente indotto lo spopolamento del borgo, avvenuto però in via definitiva solo negli anni Sessanta del secolo scorso. Agli Alberti, insieme ai Ramirez, ultimi marchesi di Pentedattilo, resta però il merito di aver promosso lo sviluppo del territorio melitese, rispettivamente per aver incentivato lo spostamento dei coloni verso le zone corrispondenti all’attuale Melito Vecchia, nel 1630, e per aver introdotto la coltivazione del bergamotto, soprattutto nei territori di Annà, alla fine del XIX secolo. Ogni anno d’estate la rupe pentedattilese si ripopola per via di iniziative culturali quali il festival itinerante “Paleariza” e il festival internazionale di cortometraggi “Pentedattilo film festival”, nonché altri eventi promossi dall’associazione locale Pro-Pentedattilo. Affinché l’interesse per questo borgo non si riduca a una mera esaltazione stagionale della sua amenità è bene ribadire quanto osservato da Angelica Costa : Pentedattilo, che non fa ancora parte del territorio delimitato dal Parco Nazionale dell’Aspromonte, ne è già una  “porta d’accesso” naturale, un avamposto che si impone per il suo valore “ionico”, “rappresentativo”, “evolutivo” e “comunicativo”. Sarebbe bello, visitato Pentedattilo, proseguire lungo un percorso idoneo, fino al cuore più misterioso e segreto del Parco. (Costa A., Comunicare il Parco, Gangemi Editore, Roma 2004, p. 170). Molto probabilmente il toponimo Melito deriva dalla presenza del torrente omonimo (noto anche come Tuccio), potamòs tu Melìtu, in greco fiume del miele, per l’abbondanza di miele presente nella zona; mentre l’apposizione Porto Salvo riguarda il culto per la Madonna di Porto Salvo, cui la popolazione melitese è fortemente devota da quando, all’inizio del 1600, fu ritrovato sulla spiaggia, in prossimità dell’omonimo santuario, il quadro raffigurante la Vergine, proveniente, secondo una nenia popolare, dalla Turchia. L’insediamento primitivo si pone sulle ultime pendici del crinale facente capo a Monte Embrisi ed è delimitato a meridione dalle due polarità originarie dell’intero impianto: il Palazzo degli Alberti e la chiesa parrocchiale dell’Immacolata. La disposizione planimetrica di Melito Vecchia presenta un insieme quasi casuale di percorsi e di tessuti edilizi estremamente frantumati, che accolgono prevalentemente tipologie a schiera elementari. La prima espansione programmatica del centro fu attuata intorno agli anni Trenta lungo il lato monte del percorso della via Nazionale, secondo una direzionalità a nastro che si prospetta sull’elegante passeggiata costituita dal viale delle Rimembranze. Le espansioni attuatesi tra gli anni Cinquanta e Ottanta determinano due assi rettilinei fondamentali che, penetrando nella zona pianeggiante compresa tra la Nazionale e la ferrovia, mettono a sistema l’intero centro con le polarità funzionali principali: la stazione ferroviaria e l’ospedale, prospiciente proprio sull’asse interno principale, il Corso Garibaldi. Parallelamente a esso si sviluppa, invece, la via T. Minicuci, sulla quale si aprono le trasversali che insistono sul quartiere Marina. Il territorio urbano di Melito è ancora oggi in espansione, ma la vastità del comune lascia ampio spazio alle coltivazioni di agrumeti e di bergamotteti che, seppure ridotte dalle opere di urbanizzazione del centro e di Pallica, rivestono ancora gran parte delle fertili aree che costeggiano la fiumara a Punella e a Lacco-Caredia, nonché le pianure di Annà, attorno a villa Ramirez. L’intera costa melitese presenta, inoltre, spiagge attrezzate che, grazie alla varia presenza di campeggi e di stabilimenti balneari, riescono a soddisfare le diverse esigenze del turismo locale e straniero. A partire dall’ultima settimana di aprile, data in cui si svolgono i solenni festeggiamenti in onore di Maria SS di Porto Salvo, si apre la lunga stagione di eventi melitesi, che per tutta l’estate animano i diversi quartieri del centro e le frazioni.

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Author: Lilli Tripodi

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