Horcynus Fest, al Teatro Siracusa “Il mare in tasca”

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Per l’ottavo e ultimo appuntamento con la stagione di prosa RivelAzioni, sabato alle 21.00 salirà sul palco del Teatro Politeama Siracusa di Reggio Calabria un maestro indiscusso della scena contemporanea internazionale: Cesar Brie.

Un teatrante di frontiera che racchiude nella sua storia personale e artistica le distese sconfinate della Patagonia (dove trascorre parte dell’infanzia), il tumulto di Buenos Aires (dove nasce e studia), i centri sociali di Milano (dove arriva da esiliato a metà degli anni Settanta mentre il suo Paese è in mano alla dittatura militare), la luce bianca della Danimarca (dove si trasferisce per lavorare con l’Odin Teatret di Eugenio Barba), le altitudini boliviane di Yotala (dove ha fondato il Teatro de los Andes e dove vive dal 1991 al 2010, in un’azienda agricola trasformata in comunità artistica, prima di rientrare in Italia per le minacce di morte subite a seguito della diffusione del suo documentario “Tahuamanu”).

Porterà in scena uno dei suoi spettacoli storici, prodotto nel 1989 e considerato il suo manifesto poetico: “Il mare in tasca”, scritto, diretto e interpretato da Cesar Brie che ne ha curato anche la scenografia (le musiche, invece, le attinge dagli spartiti classici di Antonio Vivaldi).

Lo spettacolo racconta la storia di un attore che, svegliatosi, scopre di essere stato trasformato in un prete. Da qui inizia un dialogo tra l’attore, il prete e Dio. Tutti e tre parlano attraverso una sola voce; tutti e tre hanno un ruolo, degli spettatori, un impegno sociale. Tutti e tre hanno bisogno di dire la loro, in modo forte, irruento. Un mare di parole, di metafore tra divino e profano, in cui tutto si mischia e si ammucchia sul proscenio, in cui staziona il pubblico fittizio che permette al sacerdote di rivolgersi al pubblico reale senza confonderlo con il suo gregge.

In questo rappresentazione che sfrutta l’espediente del metateatro, non si tratta di credere nella verità della scena ma nella verità della finzione, animata da oggetti semplici e quotidiani ma dall’alto valore simbolico. Una striscia di tessuto blu che spunta dalla tasca è il mare, un dito che si allunga verso il buio e tocca l’infinito. Brie crea così, in maniera irriverente e ironica, la storia di un uomo che non crede in Dio ma che è costretto a conversarci, con la complicità del pubblico, a sua volta testimone di un sacramento.

“Ogni attore porta uno spettatore sulle spalle”, dice Cesar Brie. Ne “Il mare in tasca” l’attore si offre in pasto al suo pubblico in un sacrificio che si rinnova ogni volta. Lo spettatore, in religioso silenzio, accoglie questa sua confessione, questa sua riflessione sull’agire teatrale, ma anche e soprattutto sulla vita che il teatro ha spesso la capacità di mostrare, a volte riflessa, altre volte distorta o amplificata. E lo assolve.

“Questo spettacolo racchiude in sé e sintetizza in maniera magnifica il filo rosso che ha legato gli spettacoli di questa rassegna teatrale. Una rassegna – sottolinea Massimo Barilla, direttore artistico della prosa del Teatro Siracusa e della Fondazione Horcynus Orca – che fin dal titolo, RivelAzioni, è stata dedicata alla dimensione poetica dello ‘svelamento’, della capacità e del coraggio di restare nudi a raccontare e a raccontarsi, alla ricerca di una verità nella finzione.

Non c’è personaggio che non riveli se stesso, un contesto, una storia, una memoria personale o collettiva attraverso la drammaturgia prima e l’azione teatrale poi. E quando questo svelare e svelarsi, attraversando il conflitto, diventa l’oggetto di un processo, di una trasformazione, di un confronto agito attraverso la parola e il corpo, il teatro a volte si fa poesia”.

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