“Ponti vecchi sulla Drina sì, Ponti nuovi no” di Virginia Iacopino

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Di Virginia Iacopino

“LE LUNAZIONI SI SUSSEGUIVANO E LE GENERAZIONI SPARIVANO, MA IL PONTE RESTAVA, IMMUTABILE COME L’ACQUA SOTTO LE SUE ARCATE” Dal Romanzo Storico IL PONTE SULLA DRINA DI IVO ANDRIC, 1945).

Il ponte sulla Drina segna il confine tra la Bosnia e la Serbia. Simboleggia la Jugoslavia unita. Nel corso dei secoli generazioni di musulmani, romani cattolici, protestanti, ortodossi, israeliti ecc. attraversarono il ponte per insediarsi nei fertili territori che nel 900 costituirono la nazione Jugoslava. Il ponte sulla Drina descrive le sensazioni di un giovane viaggiatore che rifiuta il concetto nazionalistico di patria,si sente cittadino del mondo.Considera dannoso che la Jugoslavia sia divisa in piccoli statarelli chiusi in se stessi e lotta contro le tradizioni culturali e religiose altrui. Il sogno di questo giovane incomincia a realizzarsi proprio nel 1945 da Ivan Josif Broz (figlio di padre croato e di madre slovena) soprannominato Tito, comandante partigiano dell’esercito popolare di liberazione della Jugoslavia dall’invasione nazifascista dei tedeschi e di Mussolini. Nei territori liberati i partigiani organizzarono comitati popolari con funzione di governo civile democratico comunista. Tito viene nominato presidente dei comitati e ,successivamente,nel 1953 viene eletto presidente della repubblica social comunista federale. Tutte le forze straniere alleate vengono invitate a lasciare il territorio. Una curiosità:i soprannomi erano molto diffusi tra i partigiani social-comunisti affinché in caso di arresto o uccisione non si potesse risalire alle famiglie per estorcere violentemente informazioni.Italianizzato, Tito significa tu fai questo cioè tu partigiano non fare di testa tua.Il Vaticano scomunicò la repubblica federale e Tito. Asseriva che non si lasciavano libertà religiosa romano-cristana.

Ciò non corrispondeva alla realtà,al contrario l’Arcivescovo Jugoslavo rappresentante papale istigava i suoi fedeli contro lo spettro del social comunismo che si aggirava per tutto il mondo. Naturalmente aveva paura della confisca delle sue ricchezze che potevano essere distribuite ai bisognosi come Cristo comanda. Tito non aderì all’ateismo di Stalin,non espropriò i beni altrui,non abolì la proprietà privata ma l’affiancò ad essere amministrata insieme a quella dello stato.Sperimentò con successo l’autogestione dell’impresa e la divisione dei profitti tra operai e datore di lavoro secondo i loro reciproci accordi.Gestì con saggezza il pubblico lavoro ma lo stato faceva un severo controllo affinché sia nel privato che nel pubblico non si verificassero corruzioni e ruberie speculative. Stalin non riuscì a sottomettere Tito al ricatto dell’arma economica.Tito rimase sempre fedele ai principi del socialismo dell’URSS ma riuscì a trasformare in realtà l’ideologia Marxista diciamo che, seguì una politica economica liberal comunista seguita da paesi non allineati al rigido concetto di Stalin.Forti furono i rapporti amichevoli e di concreto aiuto con i poveri del terzo mondo dall’India all’Etiopia ecc.

Tito lasciò a qualsiasi religione la libertà di parola e di espressione, aprì le frontiere a tutti i visitatori, tentò, ma senza purtroppo riuscirci, a riconciliare gli arabi con gli israeliti;molti di essi furono da Tito accolti come esiliati e,grazie a questo,impedì la caccia di Hitler e di Mussolini per completare il disegno di legge del massacro degli ebrei.
Con la morte di Tito guida carismatica le divisioni etniche e i conflitti nazionalistici crebbero fino a diventare conflitti armati secessionisti che hanno coinvolto diversi territori appartenenti alla repubblica federale Jugoslava. La causa principale di queste guerre del Kosovo fu proprio il risveglio imperante dell’irredentismo le cui radici storiche si devono ricercare nell’irredentismo italiano della prima guerra mondiale di cui Gabriele D’Annunzio appoggiato dal regime di Mussoliniano e dal pensiero di Mazzini fu il principale rivendicatore dei territori considerati italiani ancora sotto il dominio dell’Impero Austro-Ungarico.Gabriele D’Annunzio con i suoi infuocati scritti e con le sue azioni azzardate provocò gli scontri conosciuti come i Vespri Fiumani in cui vi furono morti e feriti.I suoi scritti furono uno strumento di propaganda nazionalista del governo Mussoliniano e trovarono, e purtroppo ancora trovano credito,nella destra nazionalista populista mossa da interessi economici dell’avida borghesia.

Le esperienze della guerra partigiana non vengono descritte in maniera diretta ma con una forma per educare alla riflessione dell’assurdo della violenza cogliendo l’orientamento realistico che deve essere applicato in una buona amministrazione social-comunista es.validi romanzi sono gli angeli cantano bene e il cielo non ha sponde,la primavera di Ivan Galeb, lontano è il sole,il gallo rosso vola verso il cielo ecc.
La questione delle foibe è molto ambigua e controversa. I trattati di pace assegnarono alla Jugoslavia tutta la Venezia Giulia. Trieste, diventata indipendente, avrebbe dovuto accogliere,secondo accordi,i profughi italiani che si ribellavano con guerriglie e non volevano rimanere nei territori jugoslavi amministrati da Tito. Da Trieste non arrivò mai nessun convoglio per cui molti italiani bruciarono i loro mobili pronti per il trasloco e tentarono la fuga attraverso le foibe. Si legarono per maggior sicurezza come fanno gli alpinisti per le scalate e mentre Trieste sparava per impedire il loro ingresso in città,terra frontaliera di libero scambio, i Titini, a loro volta, sparavano in aria per accelerare la fuga.Sì,bisogna ammettere che ci furono crimini e vendette personali di Titini ma non risulta dai documenti storici valutati con serietà che il dramma delle foibe si deve attribuire solamente a Tito che aveva perfino preso accordi con lo stato italiano per far rientrare coloro che non volevano rimanere in uno stato federale social-comunista. Non ci fu nessuna eliminazione dell’etnia italiana nell’ambito dell’esodo Istriano e le storie degli scampati dalle foibe sono contraddittorie e stimolate ad arte.

Ponti vecchi sulla Drina sì, ponti nuovi da chi vuole costruire fantasiose arcate che congiungono il continente con un’isola no. Distruggerebbero e danneggerebbero seriamente, sotto tutti gli aspetti, i territori divisi da madre natura.

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Author: Maristella Costarella

autore e collaboratore di ntacalabria.it

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