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Indennizzi relativi all’impatto sull’agricoltura delle nuove infrastrutture
Le possibili ricadute negative sulle aziende agricole e sul mondo rurale in genere e i criteri per la valutazione e destinazione dell’indennità per i danni subiti

 

La realizzazione di nuove opere legate a una migliore mobilità nel territorio (autostrade, superstrade, ferrovie) interessa non poche aziende agricole, destinate a subire un danno diretto a seguito della perdita di terreni e di investimenti fondiari (piantagioni, abitazioni, annessi rustici ecc). Per tali perdite l’indennità di esproprio per pubblica utilità dovrebbe garantire un adeguato compenso ai singoli imprenditori coinvolti. L’articolo, logica prosecuzione di quello pubblicato in Phytomagazine N. 46 del 22/12/2005 (L’impatto delle grandi opere su agricoltura e ambiente), descrive le principali ricadute nei confronti delle aziende agricole e i possibili interventi a sostegno di queste ultime, prendendo come esempio la situazione della Regione Veneto.

Le eventuali ricadute nei confronti delle aziende agricole
L’agricoltura veneta sta cambiando notevolmente. Dai dati dell’ultimo Censimento dell’Agricoltura si evince, ad esempio, sul piano strutturale, che è in atto una sensibile riduzione del numero di aziende (- 14,2% nel complesso, - 50,3% negli allevamenti bovini), circa pari a quella delle superfici utilizzate (-15,2%). Anche sul piano organizzativo si osservano significativi cambiamenti, in parte latenti in parte già manifesti. Uno di tali cambiamenti, in particolare, riguarda l’evoluzione verso una nuova aziendalità denominata in letteratura azienda agricola di servizi ambientali, che accanto alla produzione di prodotti tradizionali, e in alcuni casi più compatibili con l’ambiente (ad esempio produzioni biologiche), si proietta in futuro con potenzialità diverse e comunque integrative in settori emergenti quali agriturismo, attività terapeutiche, tutela del territorio, attività sportivo-ricreative, miglioramento delle risorse naturali, igiene atmosferica, sfalcio, vendita diretta di prodotti agro-alimentari ecc.
La realizzazione di nuove opere legate a una migliore mobilità nel territorio (autostrade, superstrade, ferrovie) interesserà non poche aziende agricole, destinate a patire un danno diretto a seguito della perdita di terreni e di investimenti fondiari (piantagioni, abitazioni, annessi rustici ecc.). Per tali perdite l’indennità di esproprio per pubblica utilità dovrebbe garantire un adeguato ristoro ai singoli imprenditori coinvolti. Il recente testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità (Dpr. 327/2001) e l’accordo regionale sulle metodologie per la determinazione delle indennità di espropriazione (Dgr. n. 1238/2000), offrono al riguardo le migliori garanzie (se non altro sul piano teorico) per una piena tutela dei diritti degli espropriati.
Esistono tuttavia altre categorie di danni, cosiddetti indiretti, derivanti dalla presenza di nuove infrastrutture viarie previste che provocano all’azienda che le subisce, sia una diminuzione di utilità causata dall’evento dannoso, sia un aumento di costi dovuto alle spese per contenere gli effetti di tale evento o per ripristinare, ove sia possibile, la situazione precedente.
Tali danni derivano da:
- frammentazione del territorio con un aggravio dei costi di produzione e con maggiori difficoltà in una prospettiva di riorganizzazione aziendale;
- inquinamento dei terreni agricoli e dell’aria dovuto alla vicinanza di una infrastruttura stradale e della consistenza di mobilità che lungo essa si manifesterà;
- alterazioni alle falde freatiche superficiali e sotterranee, con la creazione di zone o troppo secche o troppo umide;
- insorgenza di regolamentazioni restrittive con conseguenti maggiori costi per alcune pratiche agricole;
- difficoltà di affiancare agli allevamenti le superfici per il pascolo in una prospettiva incoraggiata dalle disposizioni della Unione europea di una zootecnica estensiva (la stalla isolata dal fondo, risulta essere oggi una soluzione meno sussidiata);
- difficoltà di attuare una agricoltura biologica per i fondi limitrofi a importanti assi stradali (i Reg. 2090/92 e 2092/92 in tema di agricoltura biologica prevedono 300 metri di distanza da superstrade e autostrade);
- perdita di rilevanza localizzativa nel caso di aziende agrituristiche.
Esiste un ulteriore danno poco manifesto, ma riscontrabile tra alcuni operatori del settore agricolo: un numero rilevante di questi (specie se di età avanzata) è influenzato nelle sue aspettative di investimento dalla situazione contingente. Una arteria autostradale che divide un fondo e/o che insidia un territorio, per esempio, costituisce con buona probabilità un fattore di ordine psicologico che induce disimpegno in imprenditori pessimisti.
Naturalmente la stima del danno comporta una conoscenza tecnica del bene da stimare (ad esempio nel caso di danno da inquinamento atmosferico subito da una azienda frutticola è necessaria una buona conoscenza della patologia vegetale delle colture in essere). Ne consegue che nella fase operativa solo con la conoscenza concreta delle aziende interessate dal passaggio autostradale si potranno valutare i singoli danni aziendali che, comunque, si presentano con una propria complessità e con un peculiare procedimento estimativo di tipologia di danno, in relazione alle differenti categorie di beni oggetto di stima.
Le eventuali ricadute nei confronti dell’intero sistema agricolo
Le conseguenze che derivano alle aree agricole, e più in generale alle economie rurali a cui tale agricoltura fa riferimento, a seguito della modificazione di un preesistente assetto territoriale riguardano sia l’azienda (effetti micro territoriali), sia il sistema agricolo complessivo (effetti macro territoriali). Tali conseguenze si possono mettere in luce riconducendole alle funzioni proprie del settore primario, in particolare le funzioni economiche, ambientali e sociali che il comparto agro-forestale svolge nello specifico contesto di osservazione. Si ricorda infatti che le funzioni svolte dal settore agricolo si possono così riassumere:
- funzioni economiche: produzioni di beni alimentari e non alimentari; produzione di reddito; possibilità occupazionali sia nel settore che a monte e a valle ad esso; minori dipendenze dall’estero; mantenimento di investimenti presenti nel territorio;
- funzioni ambientali: conservazione di un sistema ambientale/territoriale flessibile e reversibile; mantenimento della qualità dell’ambiente nei suoi aspetti paesaggistici e naturalistici; creazione di condizioni ambientali idonee ad ospitare attività ricreative; salvaguardia del territorio contro il dissesto idrogeologico;
- funzioni sociali: mantenimento di valori propri della cultura e società contadina con risposte socialmente convenienti a varie problematiche sociali quali: a) valorizzazione dell’anziano, b) economie dei servizi familiari, c) decongestionamento della città.
Intaccando quindi l’organizzazione produttiva agricola vengono compromesse quasi sempre in modo irreversibile, tutte o in parte, le diverse funzioni appena descritte. Tutto ciò si può tradurre in costi per il sistema agricolo e più in generale per l’intera collettività che da esso trae in modo diretto e indiretto beni e servizi, in quanto è noto che l’agricoltura e le risorse a essa attribuite concorrono a produrre varie e numerose esternalità positive.
Limitandosi ad alcune considerazioni legate alla perdita della funzione economica svolta dall’agricoltura, è possibile indicare 2 categorie di costi connessi al cambiamento di destinazione d’uso di un territorio in precedenza agricolo:
a) i costi di sottrazione conseguenti alla perdita definitiva delle potenzialità produttive dei terreni;
b) i costi di interazione nelle due modalità:
- di tipo diretto quando comportano maggiori spese (uso meno efficiente degli investimenti fondiari e delle attrezzature, modificazione del regime delle acque superficiali e sotterranee, difficoltà di smaltimento dei residui dell’allevamento ecc.)
- di tipo indiretto quando comportano riduzione delle produzioni (calo di produzione per inquinamento dell’aria e dell’acqua, impossibilità di praticare alcuni indirizzi produttivi e di effettuare alcune pratiche colturali per la presenza di abitazioni ecc.).
Con riferimento ai costi di sottrazione si ritiene che questi siano definibili e compensabili a livello aziendale rispetto a quanto precedentemente detto (indennizzo a seguito di esproprio per pubblica utilità). Va tuttavia precisato che tale costo non ha solamente una componente privatistica stimabile con il più probabile valore di mercato del bene fondiario sottratto, ma possiede anche una componente pubblicistica. Infatti la perdita per cambio di destinazione d’uso (da agricolo a extragricolo) di un ettaro di coltura, significa di fatto perdere la sommatoria delle infinite produzioni annue che si potrebbero produrre nell’ettaro di quella coltura agricola (nell’ipotesi che rimanesse tale nel tempo). Il valore di queste produzioni è quasi sempre notevolmente superiore al prezzo di mercato del fondo interessato. Sul piano monetario si fa riferimento al valore scontato all’attualità delle infinite produzioni annue che si ottengono da una superficie agricola.
Con riferimento ai costi di interazione patiti dal sistema, la stima si presenta complessa per due ordini di motivi.
Il primo è dovuto al fatto che va considerata la variazione della produttività agricola indotta dalla competizione nell’uso dei fattori produttivi e dalle conflittualità per usi alternativi delle risorse naturali. Il percorso che viene impiegato al riguardo passa normalmente attraverso analisi e valutazioni riguardanti a) la variazione dell’attitudine naturale dei suoli destinati alla produzione e l’alterazione del sistema idrico, b) la penalizzazione di infrastrutture e/o investimenti fondiari preesistenti, c) la variazione dell’assetto produttivo e strutturale delle aziende del comprensorio di riferimento.
Non va dimenticato che l’impatto sull’ecologia agraria di una zona agricola determinato dalla realizzazione di un’infrastruttura viaria varia notevolmente in base alla specificità dell’opera in questione e in base alle caratteristiche ambientali e produttive dell’area interessata. In ogni caso esistono alcuni fattori di rischio che vanno tenuti in debita considerazione. Tra questi vanno ricordati l’inquinamento atmosferico, i pericoli da sversamento e l’alterazione del precedente regime idrico. Gli inquinanti atmosferici più pericolosi, derivanti dai gas di scarico dei veicoli possono essere ritenuti: gli ossidi di azoto e quelli di zolfo, alcuni additivi antidetonanti, il percolato e in generale i residui incombusti. I danni/pericoli da sversamento, spesso sottovalutati, derivano dalla fuoriuscita , in caso di incidente, di liquidi tossici o carichi pericolosi. L’inquinamento atmosferico e i possibili sversamenti costituiscono fattori in grado di alterare anche in modo grave la qualità dell’aria, del suolo e dell’acqua. Appare quindi indispensabile che questi fattori siano sottoposti a una attenta e continua vigilanza. Inoltre l’alterazione della composizione chimica di aria, acqua e terreno potrebbe in taluni casi alterare la fisiologia di alcune piante, nonché creare accumuli di agenti inquinanti in grado di entrare nella catena alimentare umana. Infine alcune attività agricole potrebbero essere danneggiate anche da fenomeni di inquinamento acustico (es. allevamenti di lepri, o zone di ripopolamento faunistico).
Il secondo motivo riguarda il fatto che un intervento pubblico, quale una nuova autostrada, se aumenta l’utilità o la convenienza di taluni, può diminuire quella di altri. Un progetto di tal tipo può dare buoni risultati in termini di convenienza finanziaria e anche in termini di convenienza economica nei confronti di varie categorie di utenti, ma risultare non equo nei suoi effetti redistributivi. Da qui la necessità di quantificare lo scompenso e compensare gli operatori del sistema agricolo i cui benefici sono inferiori al danno patito.
Più in generale alla luce della nuova visione che oggi la cultura prevalente attribuisce all’ambiente e alle economie che con esso interagiscono e nella impossibilità di pervenire ad una stima puntuale dei benefici e dei costi, in mancanza dei dati progettuali delle nuove opere, si possono elencare alcuni punti fermi per la stima dell’indennizzo al sistema agricolo dei danni causati da infrastrutture:
- individuazione delle aree agricole presumibilmente destinate a risentire degli effetti delle nuove infrastrutture;
- individuazione delle tipologie e degli impatti per dette aree (si vedano le indicazioni precedenti);
- stima dei costi difensivi e/o di ripristino e/o dei mancati redditi per il sistema.
Esiste un’ulteriore conseguenza derivante dalla costruzione di nuove infrastrutture viarie: il paesaggio rurale, storico o recente, viene infatti alterato e spesso danneggiato. Va ricordato che il paesaggio non costituisce solo una componente estetica del territorio, ma rappresenta pur sempre una valenza economica in quanto bene pubblico puro. Non mancano in letteratura studi e ricerche, riferiti anche alla Regione Veneto, che stimano il valore monetario del paesaggio rurale. Danneggiare quindi tale componente significa arrecare un danno che non è solo rivolto ai diretti interessati, gli imprenditori agricoli, che ne sono i conservatori e/o i trasformatori, ma anche alla collettività nel suo complesso, che dal paesaggio trae beneficio.
Gli economisti agrari e ambientali stimano al riguardo la perdita per la collettività conseguente a tali eventi, quale differenza tra ricavi privati e costi sociali. Queste operazioni di entrate e uscite ambientali hanno trovato crescenti attuazioni nella contabilità di Stati europei e da qualche anno anche nella contabilità italiana (in questo caso ancora in via sperimentale). Tali procedure si affermano nella misura in cui si accetta che la ricchezza nazionale non è più rappresentabile dal solo prodotto interno lordo, ma anche da altre componenti denominate beni e servizi immateriali che concorrono sempre più a far conseguire il cosiddetto ben-essere sociale (non strettamente economico). Il richiamo è ancora alle esternalità positive che non sono riconosciute, in termini di prezzo, dal mercato. Un esempio per tutti è il caso delle foreste italiane che occupano all’incirca 8 milioni di ettari. Il prodotto materiale dell’attività economica dei boschi (legname, piccoli frutti, funghi ecc.) così come compare nella contabilità nazionale è pari a circa 390 milioni di euro. La stima dei vari benefici arrecati dagli stessi boschi (attività anti erosione dei suoli, depurazione dell’acqua e dell’aria, attività ricreative, sportive, culturali ecc.) supera i 2 miliardi di euro.
Le precedenti considerazioni possono aiutare a far percepire l’esistenza di un danno e suggerire un percorso di stima del valore patito dal settore agricolo nel suo complesso. Il passaggio successivo resta quello della quantificazione e della definizione delle più opportune destinazioni dell’importo di stima che ne può derivare per riportare sul piano sociale, economico e ambientale il sistema nella situazione ante intervento.

Le misure del Piano di Sviluppo Rurale del Veneto quale criterio di destinazione dell’indennità del danno patito dal sistema agricolo
Un riconoscimento e un sostegno alle funzioni economiche, ambientali e sociali svolte dal sistema agricolo sono forniti dal contenuto centrale del recente Piano di sviluppo rurale del Veneto finanziato dall’Unione Europea con il concorso della Amministrazione regionale medesima. Il Piano si articola in assi (tre), disaggregati in sottoassi (otto) e ulteriormente in misure operative (ventidue). Esso individua tre grandi obiettivi (assi) di valorizzazione e sostegno alla politica e specifica i canali (misure) attraverso cui concretizzare le sue azioni progettuali e i suoi finanziamenti. Le indicazioni operative contenute nel Piano derivano da considerazioni simili a quelle riportate in tema di aree rurali e ambiente.
Questa analogia di impostazione e la ricca articolazione del Piano consentono di inserire in tale griglia l’insieme di indennizzi che dovrebbero essere riconosciuti al sistema agricolo. Potrebbe apparire una palese contraddizione da un lato finanziare alcune misure del Piano regionale, dall’altro realizzare opere di natura urbana, per quanto inderogabili quali le nuove infrastrutture viarie, che vanno contro, benché solo per pochi brani del territorio, all’intervento proposto. Ne consegue l’opportunità che tutte quelle misure il cui obiettivo è in qualche modo conflittuale con le opere viarie, siano rinforzate se non altro sino al punto di ripristinare il danno patito dall’agroecosistema.
Un esempio specifico è dato dall’asse 3 del Piano (multifunzionalità dell’agricoltura e salvaguardia e tutela dell’ambiente e del paesaggio rurale). Tra le varie indicazioni è prevista una misura n. 6 agroambiente a sua volta articolata in 4 sottomisure e ulteriormente disaggregata in 12 azioni progettuali innovative e di notevole portata. Questo pacchetto di iniziative costituisce la sede idonea per rispondere coerentemente agli interventi in precedenza trattati e riguardanti il rapporto economia-ambiente e uomo-ambiente.
L’ampio quadro di azioni della misura 6 (suffragato anche dallo schema valutativo contenuto a conclusione della misura medesima), potrebbe costituire un buon palinsesto per interfacciare tutto ciò che le nuove infrastrutture viarie porteranno in contrasto, rispetto agli obiettivi specifici e alle indicazioni di risultato ivi indicate e ampliando così i contributi ora previsti.

Da una lettura d’assieme delle misure indicate dal Piano regionale di sviluppo rurale in essere, le misure che si presentano idoneamente collegate e potenzialmente in grado di risanare alcune conseguenze economiche, sociali e ambientali derivanti dalla costruzione di grandi opere infrastrutturali previste, sono:
- agroambiente, e in maniera particolare le sottomisure Conservazione delle risorse e Cura e conservazione del paesaggio agrario;
- imboschimento delle superfici agricole;
- imboschimento dei terreni non agricoli;
- agriturismo;
- diversificazione delle attività legate all’agricoltura.
La puntuale descrizione offerta dal Psr per tali misure potrebbe far pensare a una volontà di ben considerare la interazione-competizione che si manifesta tra economia-ambiente e opere urbane. Se si confrontano tuttavia i dati dei finanziamenti erogati, la misura Agroambiente è quella che risulta tra le meno finanziate nei primi anni di attività del Piano rispetto all’elevato numero di domande e pertanto proprio a tale misura si potrebbe destinare la parte prevalente dell’indennità del danno patito dall’agroecosistema, concedendo anche alle altre misure un finanziamento che, al momento, appare del tutto insufficiente.

Conclusioni
In definitiva considerato l’alto impatto anche economico e sociale conseguente alla nuova infrastrutturazione del Veneto e la importanza assunta dallo strumento regionale Piano di Sviluppo Rurale, si ritiene che spetti a questi farsi carico di gestire, attraverso le sue articolazioni e nell’arco temporale stesso del piano, quel giusto indennizzo che andrà riconosciuto al sistema agricolo per i danni subiti. In tal modo si potrà riconoscere realmente alle aziende agricole venete il rilevante ruolo che esse svolgono in rapporto all’ambiente, al mantenimento di paesaggi storici e attuali e più in generale all’apporto di servizi ambientali a favore della intera collettività regionale.

Giorgio Franceschetti
Dipartimento Territorio e Sistemi agro-forestali - Università degli Studi di Padova

Phytomagazine n. 47

 

 
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