Reggio Calabria,Via Crucis migranti da stazioni-approdi di speranza

Reggio Calabria,Via Crucis migranti da stazioni-approdi di speranza

Una Cattedrale gremita, come non si vedeva dai tempi precovid, ha celebrato venerdì 3 marzo, l’Arcivescovo Fortunato Morrone  la Via Crucis “Da un abisso di indifferenza a un mare di umanità, in preghiera per le vittime del naufragio di Cutro e di sempre”. Il momento di preghiera è stato organizzato da diversi uffici ed enti diocesani coordinati dalla Caritas diocesana di Reggio Calabria – Bova.

La celebrazione inizia ricordando «Tanti i morti nel Mediterraneo, dal 1988 al recente naufragio di Cutro. Sono uomini, donne e bambini in fuga dalla fame, dalla guerra, dalle persecuzioni per le quali in molte parti del mondo ancora si muore. Anche una sola di queste vite perse in mare, in un viaggio di dolore e disperazione, è una sconfitta per tutti che non può lasciarci indifferenti».

Tutti i fedeli, con la loro preghiera, hanno voluto ricordare chi ha trovato solo nella Casa del Padre quell’accoglienza, negata da chi ha chiuso il proprio cuore all’amore fraterno e alla condivisione, per paura ed egoismo.

Queste morti sono un richiamo alla responsabilità – ancora il testo della preghiera – per guardare alla realtà delle migrazioni mettendo sempre in primo piano la vita di ognuno e il pieno rispetto dei diritti umani. Siamo sicuri che “le grandi acque non possono e non debbono spegnere l’amore e la speranza.

Ripercorrendo alcune significative stazioni della Via Crucis, che per l’occasione sono diventati approdi in porti di speranza, la Chiesa reggina ha invocato l’aiuto di Dio perché, attraverso la sequela e l’imitazione del Signore Gesù, non anneghi nel cuore di ognuno e nel cuore del mondo, la compassione e la pace fondata sulla giustizia e sul rispetto di ogni persona e di ogni popolo.

Le parole dell’arcivescovo Fortunato Morrone Alla fine della celebrazione, prima della benedizione finale, ha preso la parola l’arcivescovo di Reggio Calabria – Bova, monsignor Fortunato Morrone, che ha fortemente voluto la liturgia di questa sera e che, nei giorni scorsi, si è recato a Cutro, località nella quale ha esercitato il suo ministero di parroco fino alla nomina ad arcivescovo della comunità dello Stretto.

Siamo qui stasera non per parlare di rassegnazione, ma di resurrezione – ha esordito Morrone. La Via Crucis diventa via, via della Luce: anche in quella notte drammatica alcune luci si sono accese, non tutti sono stati salvati, ma quelle luci hanno dato speranza concreta, hanno tirato fuori dal mare quei pochi che sono sopravvissuti. Quello che stiamo vivendo qui, ha continuato il presule, «non è un rituale, non è uno spettacolo, il rischio è che passato questo drammatico momento non ri-andiamo alla memoria, ma rischiamo di dimenticarci.

La vostra presenza conforta la mia fede e mi provoca ad essere anche io, nel mio piccolo, tra coloro che non si voltano dall’altra parte. È facile puntare il dito, con una certa indignazione, contro chi “avrebbe dovuto”. Ma il problema dobbiamo porcelo in profondità: ma noi oggi, siamo disposti a non voltarci dall’altra parte? Poi il presule, ringraziando i presenti per la loro adesione all’iniziativa, ha fatto presente che «a volte nelle piccole cose mostriamo un rigurgito di umanità, ma non può accadere solo nelle emergenze: Dio sta dalla parte della nostra umanità, e allora noi dobbiamo onorare la nostra umanità». Quindi, affinché non accada veramente mai più, secondo il presule, «non basta ripetere come una litania “mai più”, ma dobbiamo partire dal dare un’educazione diversa ai nostri figli. Siamo chiamati a responsabilità, la fede è un richiamo alla responsabilità: questa croce rappresenta l’impotenza di Dio davanti ai tanti nostri no».