

Calabria, i colori al tramonto con vista mare. Storie, numeri e vite
di MARIA CRIACO
“Perdete ogne speranza, o voi ch’intrate…” Dante scorge queste parole scritte sulla porta che conduce all’inferno, e come grave ammonimento la pena per chi varca quella soglia è per sempre. Quanti occhi hanno guardato questi colori senza vederli, perché è così che succede quando si vivono momenti e situazioni di disagio, l’ansia e l’incertezza hanno il sopravvento sulla normalità. E dalle finestre dell’ ospedale in contrada Verga di Locri, questo è lo scenario che spesso si presenta al calar del giorno, mentre occhi smarriti pensano alle svolte che la vita imbocca senza chiedere permesso.
A pagarne il pegno è la gente comune, che fino al giorno prima insegue la propria routine come una certezza incrollabile, e il momento dopo si trova ad affrontare in un percorso a ostacoli, una sfida che non aveva pianificato, e sentire raccontare altre storie di vite, non è la stessa cosa che provarle sulla propria pelle.
La sfida più grande è resistere. Resistere al fatto che non esistono certezze, e che tutti siamo vulnerabili ad un sistema sanitario che non tutela la salute, ma salvaguarda una politica che da anni è lontana dai bisogni sociali, soprattutto attenta alle tasche di cliniche ed istituti privati a discapito di un diritto sanitario pubblico, sancito dall’articolo 32 della nostra Costituzione.
Mesi, e a volte si sfiora l’anno per prenotare una visita specialistica nei nostri ospedali, nel frattempo o si passa a miglior vita, oppure la stessa prenotazione veicola privatamente a pagamento, quindi, come per magia i tempi si accorciano in pochi giorni, in barba a chi per questioni economiche non se lo può permettere. Lunghe liste di attesa, mancanza di posti letto, carenza di medici e infermieri.
Affrontare un intervento diventa una roulette russa. Non rimane che cercare altrove quello che qui non c’è. Inizia così un viaggio di cui non si conosce il percorso, ma si conoscono le mille difficoltà che si affrontano per intraprenderlo, psicologiche, emotive, economiche. Ed ecco che il verbo resistere diventa una seconda pelle, tutto cambia e scombina ogni cosa, e la vita precedente sembra lontanissima, si entra a far parte di una percentuale di persone invisibili, sparisce così ogni storia singola, ingoiata ancora da altre percentuali che ingrossano il numero consistente degli emigrati della speranza.
Come un cane che si morde la coda, la nostra diventa una terra spogliata e denudata, costretta a pagare altrove i servizi che non offre a casa sua, rimanendo sempre il fanalino di coda, la punta di uno stivale che non riesce a reggere il suo stesso peso. Terra a cui viene chiesto di essere autonoma nella sua gestione, al pari delle altre grandi regioni industrializzate, come se i presupposti fossero uguali. “Resistere” diventa quasi un’impresa impossibile se vengono a mancare i principi fondamentali di uguaglianza nei confronti di chi non riesce ad affrontare tutto questo, e sono in tanti.
Storie di vite reali. Persone.
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