L’incultura dei festival e la cultura della minacce

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Riceviamo e pubblichiamo:

Qualche giorno fa Emilio Nigro, giornalista del Quotidiano, scrittore e critico (vincitore del premio nazionale Nico Garrone 2011 nella categoria “Critici più sensibili al teatro che muta”) ha denunciato sulla sua bacheca facebook di aver ricevuto una telefonata dal sindaco di un Comune che ha ospitato di recente un festival, che lo  avrebbe così apostrofato: “ “Lei è un pezzo di m… con i suoi articoli mette in cattiva luce il paese e l’amministrazione. Lei è un pezzo di m… adesso scriva pure sul giornale che il sindaco la prenderà a calci in culo. Presto verrò ad incontrarla per vederla in faccia, pezzo di m….”

Un festival può sembrare ormai, una consunta abitudine estiva, dal momento che un pò ovunque, ormai, la parola viene affibbiata a qualsiasi sagra stra-paesana per giustificare un presunto richiamo turistico, che puntualmente viene smentito, dissipando energie e denaro, raramente delle idee. La conseguenza è che, ormai, tutto ciò che viene programmato d’estate e cioè quello che solo qualche anno fa veniva indicato come « estate in città » ora viene impropriamente definito « festival ».

Scriveva Richard Wagner che un “festival: è un avvenimento straordinario, in un luogo straordinario, in un momento straordinario”. Un festival, infatti, è un atto poetico, è un puro atto artistico non un affastellamento di spettacoli messi l’uno dietro l’altro senza nessun rapporto fra di loro. Aldilà della magia del momento, un festival è il frutto di un lavoro, di una saggezza acquisita con l’esperienza, di un artigianato paziente.  Un festival è fatto di mille elementi che pongono una serie di problemi concreti dalla risoluzione deriva la forza dell’evento. Un’ambientazione scadente, per esempio, può danneggiare irreparabilmente una serata quanto il progetto di uno spettacolo sproporzionato  alle possibilità degli organizzatori e incoerente con il carattere del luogo. Eppure  spesso non ci si rende conto dell’importanza dei problemi architettonici, urbanistici, organizzativi e tecnici che pone un evento come un festival.

Che molti sindaci e assessori comunali, provinciali e regionali non sappiamo cosa sia un festival è cosa che purtroppo ormai non ci meraviglia più,bisognerebbe chiarire loro che  un “festival”, è cosa diversa da una rassegna di spettacoli, cosa nobilissima, ma profondamente diversa. E’ evidente che la gran parte dei nostri amministratori ignora la differenza, la confusione può essere solo giustificata dall’assonanza tra la parola festival e la parola festa… Bisognerebbe spiegare loro quale sia la differenza fra una direzione artistica e un agente di spettacolo, bisognerebbe spiegare loro che non basta essere un bravo attore o un bravo regista o un bravo organizzatore per progettare un festival o dirigere un teatro. La direzione artistica ha componenti creative complesse come la messa in scena di uno spettacolo, l’elaborazione di un quadro o della teoria della relatività, in poche parole bisogna essere degli artisti e non dei semplici burocrati della cultura !

Ora, in una regione dove la gestione della cultura diventa sempre più solo un affare per piccole e grandi cricche, i sindaci pretendono anche che si renda omaggio alle loro scempiaggini e se non sono assecondati  hanno anche l’arroganza di minacciare critici e giornalisti non allineati, colpevoli  solo di fare il loro mestiere.

In quanto cittadini calabresi, in quanto artisti e intellettuali che operano in questa regione e affinché venga assicurata la massima trasparenza nella gestione sui finanziamenti di denaro pubblico ai vari “eventi” CHIEDIAMO CHE VENGANO RESI PUBBLICI i bilanci di queste manifestazioni, con il dettaglio dei costi, che vengano resi pubblici i criteri di nomina dei direttori artistici e i loro curriculum.

PER UN TEATRO ALTRO

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Author: Cristina

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