Nell’ambito dell'agricoltura biologica in Basilicata
una discreta diffusione ha avuto la frutticoltura, principalmente
per quanto riguarda le albicocche, ma anche pesche e susine.
Le problematiche tecniche da affrontare sono tante e riguardano
soprattutto gli aspetti della fertilizzazione e della difesa
dai parassiti.
In Basilicata negli ultimi anni vi è stata una forte
conversione all’agricoltura biologica, con circa 5.000
aziende iscritte all’albo regionale. La superficie totale
regionale è pari a circa 88.000 ettari, con una Sau
di 66.400. La maggior parte delle aziende agricole è
attualmente nella fase di conversione (che ha una durata di
3 anni), poiché molte adesioni si sono avute a partire
dal 2002.
Le colture più rappresentative sono i cereali, e solo
nell’ultimo quinquennio sono state convertite al biologico
anche le coltivazioni di specie arboree.
Le colture arboree più diffuse sono gli agrumi e le
drupacee, quest’ultime con circa 1.450 ha, dei quali
1.085 coltivati nel Metapontino, dove si concentra circa il
23% delle aziende. In questo gruppo di piante, in termini
di superficie primeggia l’albicocco, a seguire il pesco
e il susino.
L’albicocco in questi ultimi anni ha subito un incremento
di superficie coltivata (da dati Istat circa 3.800 ha) tale
da collocare la Basilicata a livello nazionale nelle prime
posizioni per superficie e produzione.
Con la diffusione della specie è cresciuta anche l’attenzione
da parte degli imprenditori verso tecniche di coltivazione
a basso impatto ambientale, con un uso più razionale
dei fattori produttivi. Questo ha favorito la conduzione integrata
e negli ultimi anni quella biologica, anche perché,
grazie alla vocazionalità pedoclimatica del territorio
di coltivazione, sono pochi i parassiti particolarmente dannosi
per la coltura.
Il 75% delle albicocche è prodotto secondo metodologie
di coltivazione integrata, mentre le biologiche occupano il
15%, lasciando solo il 10% al convenzionale, con una tendenza
nei prossimi anni all'ulteriore aumento del biologico.
Per il pesco e il susino la conduzione biologica diviene più
problematica a causa del maggior numero di parassiti che attaccano
queste due specie. Tuttavia, soprattutto per il pesco, negli
ultimi anni vi è stata una discreta diffusione del
metodo biologico, stimolata anche da marchi commerciali affermati
sul territorio nazionale, che operano nell’areale metapontino.
La gestione del suolo
Per quanto riguarda il suolo si pratica una gestione conservativa,
tesa a ripristinare un livello ottimale di sostanza organica,
depauperata da un uso smodato di concimi chimici e ripetute
lavorazioni avvenute negli anni precedenti. Da indagini pedologiche
effettuate dai Servizi di Sviluppo regionali è stato
evidenziato un contenuto in sostanza organica inferiore all’1%
e livelli di humus (componente stabile) inferiore allo 0,7%,
parametri che rendono evidente la minore fertilità
biologica del terreno, dato importante nel caso si voglia
intraprendere la conduzione biologica. Dalla tabella 1 si
evince anche l’elevato livello di nitrati originato
dall’apporto dei fertilizzanti di sintesi.
Nella coltivazione biologica la migliore gestione dell’azoto
si consegue attraverso la limitazione delle lavorazioni e
con la coltivazione di leguminose, in consociazione temporanea
(sovescio) con la copertura vegetale.
Scelta varietale
Per il pesco la scelta varietale è effettuata, senza
considerare la suscettibilità a eventuali parassiti,
rispetto agli aspetti agronomici, pomologici e produttivi.
Uno dei pochi aspetti considerati nella scelta, se non l’unico,
è l’epoca di maturazione, con particolare attenzione
alla fase precoce. Questo atteggiamento contraddistingue anche
l’albicocco, mentre per il susino non è possibile,
in quanto poche sono le varietà che maturano in giugno,
periodo in cui la carica parassitaria è minima.
Lo standard varietale rispecchia quello della peschicoltura
integrata con Maycrest, Early Maycrest, Springcrest, Springbelle,
Flavorcrest tra le pesche a polpa gialla; Big Top, Laura e
Supercrimson tra le nettarine a polpa gialla; per le percoche
la Babygold 9. Il portinnesto maggiormente utilizzato è
il GF 677, anche se in qualche caso è presente il Missouri.
Per l’albicocco le varietà più diffuse
nel bio sono le stesse del tradizionale: S. Castrese, Cafona,
Vitillo, Portici, Pellecchiella, a queste si aggiungono Bella
d’Italia, Precoce di Imola, Tyrinthos e le nuove introduzioni
come Ninfa.
La coltivazione
La forma di allevamento più diffusa per il pesco è
il vaso ritardato, mentre per l’albicocco è il
vaso libero, anche se non mancano campi che adottano forme
in parete come la palmetta e l’Ypsilon trasversale.
Gli interventi sulla pianta riguardano la potatura e il diradamento
dei frutti. Per il pesco si eseguono due interventi di potatura
verde e uno al bruno, mentre sull’albicocco si agisce
solo al verde. In questa fase la potatura serve a equilibrare
il numero dei rami a frutto in modo da eliminare quelli resi
improduttivi da eventuali attacchi parassitari per non inficiare
la produttività. Con il diradamento vengono eliminati
i frutti danneggiati da parassiti (tripide per il pesco e
monilia per l’albicocco), per evitare maggiori scarti
in fase di raccolta.
L’irrigazione è effettuata con metodi a microportata
localizzati con erogatori di diversa portata. I turni irrigui
hanno inizio nel periodo primaverile e continuano in modo
costante fino alla raccolta; in seguito vengono effettuati
solo interventi per assicurare al meglio lo svolgimento delle
successive fasi fenologiche. Il turno medio varia rispetto
al tipo di impianto, mentre la scelta del momento avviene
sia empiricamente sia attraverso sistemi informativi quali
bollettini e software messi a disposizione da piattaforme
informatiche (Irriweb). Per il pesco dopo la raccolta, che
avviene entro la prima decade di luglio, vengono effettuati
interventi seguendo il metodo dello stress idrico controllato.
Non potendo utilizzare diserbanti, in frutticoltura biologica
si rende indispensabile intervenire con lavorazioni per il
controllo delle malerbe. In alcune aziende viene effettuato
l’inerbimento controllato, praticando alcuni sfalci
nel periodo estivo. Il numero di lavorazioni eseguite in un
anno ammonta circa a 5.
La fertilizzazione è la pratica agronomica più
impegnativa per aspetti sia tecnici sia economici, in quanto
si deve ripristinare un contenuto adeguato di sostanza organica.
Certamente nel medio periodo il ripristino di una fertilità
ottimale del terreno abbatterà e/o annullerà
il gap con la gestione integrata.
Inoltre, grazie alla disponibilità di fertilizzanti
autorizzati in agricoltura biologica, di migliore efficienza
ed efficacia, si ha una migliore risposta in termini produttivi
da parte delle colture.
Le unità fertilizzanti applicabili sono definite dal
Codice di Buona Pratica Agricola, che regolamenta gli apporti
di azoto, in quanto il Metapontino è un’area
soggetta a rischio inquinamento da nitrati derivanti da attività
agricola. E’ praticata la fertirrigazione nella fase
post-diradamento.
La difesa
La dannosità dei parassiti (foto principale) varia
in base alle condizioni climatiche dell’annata e alla
virulenza, che può rendere difficile il controllo,
anche per la disponibilità limitata di mezzi tecnici
con i quali si deve intervenire in maniera preventiva.
Per l’albicocco la difesa è abbastanza agevole
in quanto questa specie non è interessata da grosse
problematiche fitopatologiche, grazie anche alle condizioni
pedoclimatiche di coltivazione, quali bassa umidità
relativa e scarse precipitazioni durante il periodo compreso
tra fioritura e maturazione. Per il pesco, invece, si hanno
maggiori problemi, soprattutto per le varietà che maturano
tardivamente, a causa degli attacchi di fitofagi come la mosca
della frutta, la cidia e l’anarsia.
Per l’albicocco tra le crittogame desta qualche preoccupazione
il corineo, controllato con una applicazione di ossicloruro
di rame a caduta foglie e con poltiglia bordolese a gennaio,
interventi utilizzati anche nel pesco nei confronti della
bolla.
Per la monilia dei fiori si deve necessariamente agire invece
con misure di tipo preventivo con interventi a base di bicarbonato
di sodio o zolfo proteinato a fine fioritura, qualche intervento
in più potrà risultare necessario per le varietà
più suscettibili come Cafona e Bella di Italia. E’
possibile utilizzare anche polisolfuro di calcio a basso dosaggio
oppure propoli. Per il controllo dell’oidio, sia per
il pesco sia per l’albicocco, si impiega zolfo bagnabile
o proteinato.
Per quanto riguarda i fitofagi, sull’albicocco causano
danni le cocciniglie, controllate con trattamenti invernali
a base di polisolfuro di calcio e gli afidi, contrastati con
l’eliminazione dei germogli attaccati e interventi a
base di piretro. Minori problemi determinano anarsia e cidia,
controllabili con l’impiego di Bacillus thuringensis
varietà kurstaki.
Nel pesco, invece, possono causare danni ingenti gli afidi,
i tripidi, la cidia, l’anarsia e la mosca della frutta;
per questi fitofagi il controllo è agevolato dalla
precocità delle varietà coltivate.
Gli afidi più dannosi sono il verde e il farinoso;
quest’ultimo determina una scarsa lignificazione dei
germogli, con una minore differenziazione a fiore; gli interventi
effettuati per combatterlo sono a base di olio minerale leggero,
nel periodo invernale, mentre con infestazioni in atto si
utilizzano gelatina, rotenone e piretro.
Anche i tripidi (foto 1) provocano danni economici sia con
gli attacchi precoci sia con quelli tardivi in preraccolta,
che nelle annate di forte infestazione determinano un’alta
incidenza dello scarto. Diversi sono i prodotti che si utilizzano
per il controllo, alcuni distribuiti in prefioritura (come
il polisolfuro di calcio, efficace anche contro le cocciniglie),
altri invece in post-diradamento (come rotenone, piretro,
azadiractina).
La cidia e l’anarsia interessano maggiormente le piante
in allevamento, mentre sui frutti i danni possono essere contenuti
con interventi a base di Bacillus thuringiensis. In abbinamento
a questo viene utilizzata la tecnica della confusione sessuale,
che ha dato risultati incoraggianti, ma che richiede l’applicazione
su appezzamenti di una certa estensione.
Per cultivar di pesco a maturazione tardiva, si verificano
spesso attacchi di mosca della frutta, fitofago difficile
da controllare e per contrastare il quale è opportuno
l’uso di trappole spia e per cattura massale, intervenendo
solo se necessario con piretro; comunque il controllo di tale
fitofago resta abbastanza complesso, in quanto al momento
non vi è una strategia di difesa in biologico che dia
soddisfacenti risultati in annate particolarmente favorevoli
al parassita.
I problemi maggiori si hanno per le percoche e sulle varietà
di nettarine come Big Top, dove si possono osservare danni
anche sul 10% dei frutti, in annate con forti infestazioni.
Sulle percoche si effettuano almeno 4-5 interventi con rotenone
e azadiractina, ottenendo risultati interessanti.
Conclusioni
Lo sviluppo della frutticoltura biologica si consoliderà
nei prossimi anni ed è molto legato ai risultati commerciali.
Restano in piedi problemi di natura tecnica relativamente
alla fertilizzazione e soprattutto alla difesa dai parassiti.
Pertanto risulta determinante il ruolo del tecnico, da cui
è difficile prescindere almeno nei primi anni di conduzione.
La redditività nelle aziende biologiche è maggiore
rispetto a quelle integrate, e questo si accentua maggiormente
nelle annate in cui i prezzi di vendita sono inferiori.
Avendo soprattutto campi in cui è stata praticata la
conversione al biologico, questi non sono stati progettati
ex-novo, ma adattati a questa forma di conduzione, aspetto
che non consente di scegliere l’ambiente di coltivazione
più vocato, la densità di impianto, la cultivar,
l’impianto di irrigazione ecc. Nella conversione degli
impianti convenzionali, oltre ai problemi strutturali sovracitati,
si aggiunge anche quello del ripristino ecologico, poiché
dopo un lungo periodo caratterizzato dall’uso di sostanze
chimiche (concimi, antiparassitari ecc.) vi può essere
difficoltà nel ripristino della biodiversità
nel sistema frutteto. Infine risulta più difficile
educare l’imprenditore a una gestione biologica, essendo
egli abituato alla risoluzione definitiva e rapida dei problemi
attraverso i mezzi chimici di sintesi.
La coltivazione dell’albicocco con metodi a basso impatto
ambientale avrà ulteriore espansione nel Metapontino
anche con la creazione di marchi di qualità e/o territoriali,
per il cui conseguimento si lavorerà a breve.
La commercializzazione dei prodotti biologici avviene principalmente
attraverso la Grande Distribuzione Organizzata con produzioni
a marchio, e questa resta attualmente una delle poche opportunità
di valorizzazione del prodotto.
Da un punto di vista commerciale le quantità disponibili
sono limitate e riguardano mercati abbastanza ristretti. Un
quadro più completo si potrà avere anche nei
prossimi anni, in quanto le informazioni e le conoscenze maturate
ci potranno far comprendere i limiti e le peculiarità
di questa forma di conduzione.
Phytomagazine n. 47
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