Il contributo deflattivo del settore primario va smarrito
nei vari passaggi della filiera. Oneri previdenziali e caro-gasolio
pesano sulla gestione delle imprese agricole. Per gli agricoltori
crescono i costi e calano i redditi
I prezzi al consumo salgono, mentre sui campi è sempre
discesa. Così per l’agricoltura , unica tra i
settori produttivi, continua ad essere deflazione: in un anno
(2005) il calo è stato pari al 4,4 per cento. Anche
a gennaio il contributo del settore al contenimento del costo
della vita è stato positivo, evitando che la crescita
fosse maggiore. Un apporto che è divenuto ormai una
costante in questi ultimi due anni. E’ quanto afferma
la Cia-Confederazione italiana agricoltori in merito ai dati
diffusi dall’Istat che mettono in risalto una ripresa
del trend inflazionistico.
La Cia evidenzia che la flessione dei prezzi all’origine
praticati dagli agricoltori ha avuto picchi elevati in particolare
nei cereali (meno 17,5 per cento), nella frutta e negli agrumi
(meno 8,1 per cento), nelle carni suine (meno 8 per cento)
e avicole (meno 4,5 per cento). Nello stesso tempo, tuttavia,
sul settore agricolo hanno continuato a gravare pesanti oneri
(costo del lavoro, contributi previdenziali, credito bancario,
caro-gasolio), mentre i consumi sono restati stagnanti, con
evidenti cali in particolare nel comparto dell’ortofrutta
(meno 4,3 per cento).
Una tendenza -afferma la Cia- che si è tradotta in
una riduzione, nel 2005, del valore aggiunto agricolo (meno
5,1 per cento) e dei redditi dei produttori (meno 9,6 per
cento). Il che conferma la preoccupante crisi strutturale
della nostra agricoltura.
La Cia rileva, quindi, che la ripresa dell’export agricolo
e di alcuni consumi agroalimentari, registrata lo scorso anno,
è stata possibile proprio grazie all’ulteriore
riduzione dei prezzi sui campi. Questo, però, significa
che il settore contribuisce al rallentamento del caro-vita,
senza che ci sia una strategia del nostro made in Italy alimentare
basata sulla competitività dei costi.
L’andamento al ribasso dei prezzi avutosi alla produzione
agricola -avverte la Cia- non ha trovato, invece, riscontro
nei vari passaggi della filiera dell’agroalimentare.
In pratica, se la diminuzione registrata presso i produttori
agricoli si fosse realizzata anche all’ingrosso e al
consumo, il contenimento dell’inflazione, probabilmente,
sarebbe stato maggiore. Si è andata, al contrario,
allargando ancora di più la forbice tra i listini sui
campi e quelli al dettaglio. Si hanno incrementi anche di
venti volte.
Fonte: Cia
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