Tra le varie caratteristiche, indicabili in etichetta, ve
ne sono due “prima spremitura a freddo” ed “estratto
a freddo” che continuano a suscitare perplessità
tanto fra i consumatori quanto tra gli addetti ai lavori.
Ne chiariamo portata e significato
Il Reg. Ce 1019/2002, sull’etichettatura e il confezionamento
degli oli vergini ed extra vergini d’oliva, stabilisce
che si può fregiare delle indicazioni:
prima spremitura a freddo, un olio vergine o extra vergine
d’oliva ottenuto a meno di 27 gradi centigradi con una
prima spremitura meccanica della pasta d’olive, con
un sistema di estrazione di tipo tradizionale con presse idrauliche.
estratto a freddo, un olio vergine o extra vergine d’oliva
ottenuto a meno di 27 gradi centigradi con un processo di
percolazione o di centrifugazione della pasta d’olive.
La fondamentale differenza tra le due diverse menzioni è
quindi unicamente attribuibile al sistema di estrazione dell’olio,
o meglio alla separazione delle tre fasi (olio-acqua-sansa).
In entrambi i casi, infatti, l’olio deve essere ottenuto
a una temperatura inferiore di 27 gradi centigradi.
Perché proprio 27 gradi centigradi?
Non è dato sapere perché sia stato stabilito
proprio questo limite, tanto che nella letteratura scientifica
e nella bibliografia oliandola, la maggior parte dei raffronti
(chimici ed organolettici) è stato eseguito con temperature
di 25, 30, 35 gradi centigradi. Tale parametro viene poi usualmente
correlato con un ulteriore dato, parimenti importante, che
è la temperatura di gramolazione. L’interazione
tra questi due fattori fisici è nota e si riscontra,
mediamente, un peggioramento delle caratteristiche chimiche
(acidità, perossidi, polifenoli) tanto più alziamo
la temperatura e aumentiamo i tempi di gramolazione. A questi
cambiamenti chimici corrispondono anche un mutamento del profilo
organolettico dell’olio, in particolare esaltando le
note dolci e una perdita del fruttato e dei sentori vegetali
man mano che operiamo a temperature più elevate e per
tempi più lunghi.
La sensazione è che il legislatore comunitario abbia
voluto introdurre il limite dei 27 gradi centigradi per evitare
che tale indicazione, che ha un appeal per il consumatore,
venga svilita da una massiccia presenza di prodotto avente
queste caratteristiche. I 30 gradi, da più parti chiesti
e invocati, non sarebbero infatti stati sufficientemente restrittivi.
Si è così, probabilmente, mediato tra i 25 gradi
dei puristi e i 30 gradi proposti da molti, industria olearia
compresa.
Spremuto o estratto?
L’indicazione “prima spremitura” contiene
invece, già di per sé, un anacronismo ed è
quindi priva di significato. E’ infatti ormai noto,
almeno a tutti gli addetti ai lavori, che da decenni non viene
più eseguita una seconda spremitura sulla pasta d’olive.
Questa era consuetudine passata, nata quando ancora non esistevano
le presse idrauliche, capaci di raggiungere pressioni notevoli
(600 atmosfere). Quando ancora era l’uomo o un animale
ad azionare le presse, ovvio che non si potesse raggiungere
tali pressioni. Era quindi necessario, per estrarre tutto
l’olio, provvedere a due o tre pressature, precedute
da altrettante gramolazioni. L’olio di “prima
spremitura” era di sicuro quello di qualità più
elevata. Tale distinzione, con l’introduzione delle
presse idrauliche è divenuta anacronistica. Rimasta
nell’immaginario del consumatore, il legislatore comunitario
ha preferito assecondare tale credenza piuttosto che fare
una corretta informazione e divulgazione. Più che “prima
spremitura a freddo” oggi si dovrebbe parlare, più
correttamente e semplicemente di “spremuto a freddo”.
Tra l’altro l’estrazione tradizionale, a presse,
sembra destinata a scomparire. E’ un sistema che presenta
notevoli svantaggi se rapportato a quello per centrifugazione.
Richiede infatti molta più manodopera, un controllo
più attento del processo che più difficilmente
può essere monitorato con strumenti tecnologici all’avanguardia,
una gestione più difficoltosa delle condizioni igenico-sanitarie
ottimali. Se non bastasse, i fiscoli, o diaframmi filtranti,
che separano strati di pasta, sono destinai a deteriorarsi
rapidamente e si prestano anche a trasferire eventuali connotati
negativi a partite che seguono quella difettata. In sintesi
il sistema di estrazione tradizionale, chiamato anche discontinuo,
non garantisce più quegli standard richiesti dal mercato,
in termini di efficienza, e resisterà solo grazie all’attaccamento
di qualche appassionato.
L’inserimento delle indicazioni “prima spremitura
a freddo” e “estratto a freddo” nel Reg.
Ce 1019/02 rappresenta prevalentemente, se non unicamente,
il tentativo di disciplinare l’uso indiscriminato e
incontrollato di menzioni che suscitano l’interesse
del consumatore.
Trovare tali diciture in etichetta è quindi soltanto
un indice di una particolare attenzione e cura, da parte del
produttore, sul processo di estrazione. Implica cioè
un interesse, almeno in questa delicata fase, alla qualità
del prodotto finito piuttosto che alla quantità ottenibile.
Teatro Naturale – 11/02/06
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