Cronaca di un mercato impazzito, dove l’olio raffinato
costa quanto un buon extra vergine. Dopo l’incredibile
rialzo delle quotazioni registrato tra la fine di dicembre
e gli inizi di gennaio, ora si osserva una sostanziale stabilità
e pochi scambi. I buyers stanno alla finestra?
Nelle ultime settimane i prezzi dell’extra vergine
sulle principali piazze si sono assestati su livelli piuttosto
alti, inconsueti comunque alla luce dell’andamento delle
quotazioni negli ultimi anni.
L’exploit si è registrato proprio tra la fine
di dicembre e gli inizi di gennaio quando molti analisti prevedevano
una diminuzione dei listini. In effetti si è trattato
di un rialzo alquanto anomalo se consideriamo che le stime
produttive sono state per lo più confermate.
La Spagna ha prodotto circa 750-800 mila tonnellate d’olio,
la Tunisia 200 mila, la Grecia si è mantenuta sui livelli
produttivi abituali. Resta, come spesso è accaduto
e accade l’incognita italiana, con una produzione reale
e vendibile all’ingrosso che si conferma essere di 300
mila tonnellate o meno.
Rispetto a un’annata “normale” nel bacino
del Mediterraneo risultano quindi latitanti 200-300 mila tonnellate
d’olio. Una quantità tutt’altro che impressionante,
tanto più se si considerano le giacenze comunitarie
che istituzioni e associazioni dei produttori rilevavano essere
ancora considerevoli prima dell’inizio della campagna
olearia 2005-2006. Eppure, i prezzi sono saliti. Il dubbio
che gli stock dichiarati fossero decisamente più elevati
di quelli reali non è quindi privo di qualche fondamento.
Ogni previsione di andamento del mercato è, in questo
momento, strettamente legata con la percezione e le analisi
che i buyers hanno e avranno delle disponibilità di
olio extra vergine di oliva nei prossimi mesi. Un momento
di riflessione, una pausa che si evince anche dalla calma
e dalla scarsità degli scambi negli ultimi giorni.
Considerando che le stime produttive non fanno prevedere una
effettiva mancanza di prodotto, incapace di soddisfare la
domanda di olio extra vergine d’oliva sia a livello
nazionale sia internazionale, è plausibile ritenere
che presto assisteremo a una riduzione, o quantomeno a una
stabilità, dei prezzi. Una deduzione e una convinzione
basata anche sulla correlazione negativa tra prezzo e consumo
di massa per il prodotto extra vergine d’oliva. E’
infatti noto che esiste una vasta fascia di utenza che potrebbe
tornare a consumare altri grassi, in primis oli di semi, allorché
i prezzi dell’extra vergine si alzassero oltre a una
determinata soglia che, fino a qualche anno fa, era indicata
in 6 euro al litro.
Il mercato di nicchia
Le quotazioni dell’olio convenzionale oggi sono il vero
riferimento anche per gli extra vergini di nicchia. Un dato,
al tempo stesso, normale e allarmante.
E’ infatti consueto che il prezzo della commodity, ovvero
del bene di prima necessità, sia il metro di paragone
e confronto anche per produzioni elitarie. Tuttavia, usualmente,
esistendo in mercati ben distinti e definiti, non vi è
una reale correlazione tra quotazioni della commodity e del
bene di lusso.
Così non è per l’olio extra vergine di
oliva, dove si registra una dinamica dei prezzi sostanzialmente
identica per olio convenzionale e oli di nicchia.
E’ quindi lampante che gli oli a denominazione di origine,
biologici o comunque certificati non sono ancora riusciti
ad affermarsi, creando una propria identità ben distinguibile
che li collochi in un altro mercato rispetto al comune extra
vergine.
La vera anomalia è l’olio raffinato
E’ realmente stupefacente, e senza alcuna apparente
giustificazione plausibile, la quotazione raggiunta dall’olio
raffinato in queste ultime settimane, che si colloca a poche
decine di centesimi di euro da un buon extra vergine.
Uno scenario che preveda l’equivalenza di prezzo, non
soltanto sostanziale, tra olio di oliva e extra vergine è
quindi meno futuristico.
Altre stranezze e singolarità
La Spagna patria dei prezzi bassi? Non si direbbe stando alle
ultime quotazioni raggiunte anche dagli oli andalusi, che
recentemente hanno persino superato quelli greci. Straordinario
poi il prezzo raggiunto dall’Arbequina, che ha superato
anche l’italianissima Coratina.
Ancora più anomalo la quotazione, non riportata in
borsino, dell’olio tunisino, quest’anno di buona
qualità, specie nel nord del Paese, i cui listini sono
andati via vi aumentando, non differenziandosi sostanzialmente,
all’attualità, da quelli italiani e spagnoli.
E’ la Grecia, in questo strano quadro, a offrire oli
pregevoli, in particolare a Creta, a prezzi decisamente competitivi.
Teatro Naturale – 04/02/06
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