L’AGRICOLTURA CAMBIA VOLTO, ED
E’ SEMPRE PIU’ "NO FOOD"
Agriturismo, fattorie didattiche, colture per biocombustibili.
Ora anche produzioni biotecnologiche a scopo medico-farmaceutico.
Un nuovo percorso per il settore primario, da fornitore di
alimenti a qualcosa di non ancora chiaramente definito e delineato
Fin da quando l’uomo imparò a coltivare la terra,
ricavandone nutrimento, l’agricoltura ha adempiuto al
fondamentale scopo di fornire i mezzi di sostentamento alla
comunità, alla stessa specie di Homo sapiens. Che si
trattasse di beni di lusso, accessibili a pochi, o della farina
per il pane, il settore primario ha offerto di che vivere
per migliaia di anni.
Nel secolo scorso, l’aumento demografico che è
seguito alla seconda guerra mondiale ha accresciuto il peso
e il valore del comparto che doveva sfamare una popolazione
in crescita. Tutta l’attenzione e la ricerca era focalizzata
ad accrescere il potenziale produttivo, insomma a produrre
di più.
Da vent’anni le parole d’ordine sono cambiate:
qualità e non quantità.
Nonostante le misure introdotte, volte a contenere la produzione,
le tecniche e le tecnologie a disposizione hanno creato una
situazione di perenne surplus, di sovrappiù alimentare
nei Paesi occidentali. Si cercò di porvi rimedio in
Europa con la Pac, in altri luoghi e Nazioni con norme similari.
Non funzionò.
Ora che le misure a sostegno del reddito sono state ridotte,
a tal punto da non assolvere più pienamente il motivo
per cui sono nate, si cerca di delineare altre strade per
l’agricoltura.
L’agriturismo è stato un primo tentativo, di
successo, per fornire all’agricoltore, promosso d’ufficio
imprenditore agricolo, un reddito integrativo non vincolato
ad aiuti pubblici. Sulla scia sono nate le fattorie didattiche
e tutte quelle iniziative volte ad assicurare un flusso di
turisti e di denaro dalla città alla campagna.
Resta tuttavia insoluto il problema del surplus produttivo.
Coltivare e produrre commodities, ovvero generi di prima necessità,
non conviene più, i prezzi all’ingrosso sono
troppo bassi. Non è neanche possibile che le produzioni
che garantiscono un premio di prezzo (Dop, Igp, biologico…)
possano allargare a dismisura il loro bacino di utenza e il
loro mercato. Devono infatti, per tenere elevate le quotazioni,
rimanere prodotti di nicchia.
Quale futuro allora per l’agricoltura? E’ necessario
inventarsi altre strade, diverse vie.
Da pochissimi anni sono in corso sperimentazioni, e qualche
progetto concreto, per l’utilizzo di biomasse e dei
prodotti agricoli a fini energetici. Con le quotazioni del
petrolio così elevate, la prospettiva di un loro diffuso
utilizzo diventa sempre più allettante. Lo sviluppo
di queste fonti presenterebbe poi l’indubbio vantaggio
di trovare il favore della società, sempre più
sensibile a tematiche ambientali. Un’agricoltura al
servizio delle energie rinnovabili è quindi un percorso
possibile.
Un altro, ancora più recente, si sta delineando all’orizzonte.
La possibilità, attraverso le biotecnologie, di produrre
medicinali nei campi. Intere colture da cui estrarre principi
attivi ad uso medico-farmaceutico. Non si tratta di un’opzione
futuribile, di proposizioni espresse in qualche convegno o
delle elucubrazioni di uno scienziato pazzo. E’ realtà.
L’agricoltura non è più soltanto fornitore
di generi alimentari. E’ qualcosa di più, è
qualcosa di diverso. Se il settore primario non potrà
mai abdicare al suo ruolo di produttore di alimenti, si aprono
nuovi scenari. Il settore primario, continuerà a chiamarsi
così?, resterà comunque intimamente legato all’umanità,
offrendole, in un modo e nell’altro, i necessari mezzi
di sostentamento.
Teatro Naturale 28/01/0
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