Staiti, Esplorando la Chiesa di Santa Maria de’ Tridetti

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Staiti, ecco il nuovo episodio di “Esplorando dietro casa”

Lungo la strada che conduce al moderno centro di Staiti, si apre una vallata dove insistono le “silenti ruine” di Santa Maria de’ Tridetti.

Paolo Orsi, celebre archeologo nativo di Rovereto, le definì così. Egli visitò i resti di Santa Maria de’ Tridetti all’inizio del Novecento.

All’epoca i ruderi erano in stato di completo abbandono.

I rovi e le erbacce si erano avvinti alle evidenze archeologiche in un abbraccio inestricabile.

Gli abitanti del posto usavano l’edificio storico come cava di materiale da impiegare nelle moderne costruzioni.

Nonostante la miseranda condizione della Chiesa, Orsi intuì l’estrema importanza della struttura lasciandoci una descrizione minuziosa che costituisce una finestra temporale molto importante.

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Quando, verso la fine del Novecento, ci fu l’intervento di consolidamento e restauro sulla Chiesa, alcune componenti della struttura descritte da Orsi non erano più visibili.

Ciononostante, il visitatore che oggi si reca a Santa Maria de Tridetti può ancora apprezzare i principali elementi architettonici che caratterizzavano l’edificio.

Staiti, La Chiesa

La Chiesa ha un impianto a tre navate. Doveva presentare una copertura lignea, ipotizzata già da Orsi e della quale non è rimasto più nulla. La facciata è orientata verso monte e le absidi verso mare.

Nella facciata si sviluppa un arcone ogivale; nell’ordine superiore si apre una finestra affiancata da due merli a coda di rondine, un motivo decorativo singolare ma ricorrente a Santa Maria de’ Tridetti; la finestra è, a sua volta, coronata da un campaniletto a vela con pinnacoli riconducibili a rifacimenti tardi (verosimilmente cinquecenteschi o seicenteschi).

La parete di fondo è caratterizzata dalla presenza di tre absidi: una centrale e due laterali meno pronunciate.

In ogni abside si apre una finestra coronata da una semi-cupola che poggia su una cornice a cremagliera. Sopra la finestra dell’abside centrale ricorre il tema decorativo dei merli a coda di rondine.

Questo tipo di decorazione si ripete anche nei due ordini superiori.

L’interno era caratterizzato dalla presenza di quattro grandi pilastri, due per lato, che uniti da archi sorreggevano le capriate del tetto e i travicelli dei tettucci laterali.

Il presbiterio era sormontato da una cupola nella quale, alcuni studiosi, hanno identificato contaminazioni con la qubba: la piccola cupola tipica degli edifici islamici (di cui Orsi ha prodotto un interessante rilievo ricostruttivo).

L’abside centrale è affiancata da due colonne in cotto sormontate da capitelli marmorei.

Ai lati del presbiterio ci sono due corpi rettangolari noti come prothesis e diaconicòn. Tali ambienti erano coperti con voltine a crociera e absidi poco accentuate, verosimilmente erano destinati a funzioni secondarie.

Staiti, a quando risale la Chiesa?

La datazione della chiesa di Santa Maria de’ Tridetti è controversa. Secondo alcuni studiosi, la Chiesa è stata edificata su una struttura preesistente databile intorno all’anno Mille. Sicuramente l’impianto di base è di epoca Normanna (XI secolo) e rimase in uso almeno fino al Seicento.

La struttura, probabilmente, non era destinata ad accogliere i fedeli, ma era una chiesa afferente a un monastero dove officiavano monaci basiliani.

Il monastero è andato completamente perduto, ma se ne conserva memoria attraverso la toponomastica che riporta, nelle immediate vicinanze, la località detta “le badie”.

Santa Maria de Tridetti, nonostante la pesante spoliazione subita per secoli, fa intuire ancora oggi l’elevata tecnica e la cura che erano state adottate in fase di costruzione.

Al cospetto dei ruderi anche un visitatore occasionale percepisce un’armonia di base che scaturisce dall’equilibrio dei volumi, dalla qualificazione cromatica e dall’articolazione delle superficie esterne.

In questo edificio si fondano l’esperienza bizantina, l’influsso nordico normanno e le soluzioni tecniche di provenienza islamica: una sintesi perfetta della complessità culturale della Calabria medievale.

Articolo a cura di Giovanni Speranza

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Author: Maria Cristina Condello

Maria Cristina Condello ha conseguito la laurea Magistrale in "Informazione, Editoria e Giornalismo" presso L'Università degli Studi Roma Tre. Nel 2015 ha conseguito il Master di Secondo Livello in "Sviluppo Applicazioni Web, Mobile e Social Media". Dal 2016 è Direttore Responsabile della testata giornalistica ntacalabria.it

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