Villa San Giovanni (RC), il Sindaco Rocco La Valle sulla criminalità organizzata

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Scriveva una importante penna del giornalismo europeo:“è il momento in cui, qualunque sia il ruolo, un uomo deve fare quello che è giusto e non quello che gli conviene”. E quel che è giusto è anche nella coscienza di un uomo, poco importa (anzi importa tanto) se è un uomo delle istituzioni. È questo il momento di manifestare un pensiero su un argomento forse spinoso, fortemente attuale, certamente di interesse generale: la Città di Reggio Calabria e la procedura di scioglimento degli organi elettivi per infiltrazioni  o condizionamento mafioso.

Una premessa è d’obbligo! La procedura è corretto che segua il suo corso e che tutti i soggetti interessati al procedimento svolgano il loro lavoro con la massima serenità. Ma io sento il dovere (sono un cittadino ma sono anche un Sindaco) di esprimere la mia opinione, non faziosa, non strumentale, ma così, con naturalezza, come esce dal cuore.

D’altronde se la procedura di scioglimento è un istituto democratico regolamentato con legge, esprimere un’opinione credo sia altrettanto democratico. Per questo un Sindaco, se sente di farlo, ha il dovere di farlo; accrescerà costruttivamente il dibattito su quello che è il vero obiettivo della legge e sul diritto della collettività allo svolgimento democratico della vita amministrativa.

È incontestabile che nel meridione d’Italia sia molto diffuso il fenomeno della criminalità organizzata; così come è inconfutabile che la stessa tenti di annidarsi nelle istituzioni incidendo in vario modo sugli organi politici e gestionali delle amministrazioni locali. Saremmo stupidi ipocriti se avessimo la presunzione di negare che l’influenza della criminalità organizzata non costituisca un vero e proprio fenomeno culturale, sociale ed economico.

La prima elementare domanda pertanto è la seguente: ma se così è, siamo tutti mafiosi?

Non penso e non voglio pensare che tutto sia riconducibile ad un fenomeno mafioso. Credo invece nell’onestà, nella società civile( che subisce ogni forma di pressione), nello Stato e nelle istituzioni in genere. Credo nell’azione di chi, in trincea, quotidianamente opera opponendosi all’agire delle organizzazioni criminali.

Gli attori di questo processo sono molteplici: la sola Magistratura, che sta svolgendo un lavoro encomiabile, non riuscirà a garantire lo svolgimento democratico della vita amministrativa se quel lavoro non sarà accompagnato da un superamento di retaggi culturali sintomo di una subordinazione mentale congeniale al modo di operare della criminalità organizzata. Ma, particolarmente, se non sarà accompagnata da esempi significativi di singoli che manifestano il proprio dissenso mettendoci la propria “faccia”, sacrificando le loro professioni, affrontando con la forza dell’onestà chi cerca di sottrarre alle istituzioni il controllo del territorio e, quel che è più grave, il controllo delle stesse istituzioni democratiche.

Nella consapevolezza che la via maestra non la conosce nessuno e che quella della legalità la si conquista giorno dopo giorno, passo dopo passo, ispirati dai predetti principi e da una unità di intenti, con i Sindaci del comprensorio abbiamo avviato un percorso comune, stiamo condividendo diversi progetti, siamo portatori tutti indistintamente di interessi collettivi e generali, stiamo lavorando “gomito a gomito” come mai è accaduto in questo lembo periferico di territorio nazionale.

Noi sappiamo che alcuno (oltre noi stessi) potrà segnare una svolta radicale al sistema. Non è un problema di uomini (nella misura in cui gli stessi non siano direttamente coinvolti) ma di cultura. Si sta parlando tanto di scioglimento degli Enti ed ho appreso che la legge, perché ciò si realizzi, non esige né la prova di commissione di reati né che i collegamenti risultino da prove inconfutabili, essendo sufficiente la sola presenza di “elementi” su “collegamenti” o “forme di condizionamento” che consentono di individuare la sussistenza di un rapporto fra gli amministratori e le consorterie criminali. Ho appreso anche che il provvedimento di scioglimento costituisce un atto di alta amministrazione ed è pertanto assolutamente discrezionale. Ma da Sindaco so che la discrezionalità va applicata con “buon senso” proprio laddove le maglie sono larghe, soprattutto in quelle amministrazioni ed in quei contesti in cui a chi governa nulla è contestato se non di essersi adoperati, fino allo stremo, per inculcare nelle genti una cultura diversa ed un modo di amministrare libero da condizionamenti di sorta.

La Democrazia deve risorgere (e questo sento di dirlo anche con riferimento all’agire delle opposizioni politiche, spesso troppo prese dal ruolo e lontane dalla realtà) dal dibattito e dal confronto tra uomini che l’azione criminale vogliono combattere con esempi concreti di legalità e di buona amministrazione.

Ho condiviso con il Sindaco Arena un pensiero, un progetto ed un percorso. Non sono stato il solo ed il coinvolgimento dei Comuni dell’area dello Stretto sono un fulgido esempio di gestione comune e costante della cosa pubblica. Ed è giusto che questo si sappia, anche se non fa notizia, anche se non ha i riflettori accesi, anche se potrebbe apparire “poca cosa”.

Come diceva un grande politico dei primi anni dello scorso secolo, il dovere politico, al pari della scienza, è preparazione, fatica, dolore, e il suo imperativo categorico è assai semplice: che ciascuno faccia, dirittamente e umilmente, il proprio compito, affinché il paese abbia ciò che veramente gli manca, ossia la coscienza della disciplina e della responsabilità.

Noi cerchiamo di fare il nostro dovere ed il dovere politico non sta nel piacere: sta nel sacrificio.

Che la Legge, allora, faccia il suo corso.

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Author: Cristina

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