Reggio Calabria, il solito cancan sul Ponte lascia il tempo che trova

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ponte stretto

di Bruno Sergi e Giovanni Alvaro

Avere dato il via alla ‘Dichiarazione di Pubblica Utilità del progetto definitivo del ponte sullo Stretto di Messina’, da parte del Contraente Generale Eurolink, con la pubblicazione del progetto degli espropri e del relativo avviso per il pubblico, ha scatenato l’ira funesta degli Achilli nostrani che hanno inondato i giornali locali con fiammeggianti e infocate dichiarazioni contrarie alla costruzione del Ponte e tutte infarcite di affermazioni tra le più incredibili e spacciate per pura verità.

In questo gioco si sono distinti in tanti, sia politici che intellettuali, convinti che per colmare l’assenza di iniziativa politica basti cavalcare qualunque battaglia, anche la più assurda, anche quella che si appalesa la più idonea contro il governo in carica. Si dimentica volutamente che nei decenni precedenti governi di vario colore hanno portato la fase progettuale avanti e il primo assenso al progetto a campata unica è di Massimo D’Alema, che lo esprime, nel 2000, dopo il parere favorevole dei due advisor nominati dal Cipe da lui presieduto (la Steinman Int. – Gruppo Parson per valutare gli aspetti tecnici, e l’ATI guidata dalla Pricewaterhouse Coopers per sistemare gli aspetti territoriali, ambientali, economici e finanziari).

Venne, allora, riconosciuta la fattibilità economica, finanziaria, trasportistica ed ambientale, ritenendo la soluzione del ponte la più vantaggiosa rispetto a qualsiasi altro scenario alternativo. I vari esponenti del centro/sinistra, tra cui tutti quelli che si stracciano oggi le vesti, proclamarono, urbi et orbi, che trionfava il progresso e lo sviluppo, e annunciavano l’apertura, a breve, dei cantieri.

Anche i media di ‘sinistra’ strillavano a favore dell’opera, anche perché avevano contribuito alla decisione. Il clamore mediatico, infatti, portava ad affermare, senza mezzi termini, che il Paese è favorevole al progetto del Ponte, e il quotidiano “la Repubblica”, il 15 agosto 1984, titolava: “Nove Italiani su dieci vogliono il Ponte dello Stretto”, pubblicando i risultati di un sondaggio di Demoskopea secondo cui l’85% della popolazione Italiana pensava che l’opera si doveva fare e che avrebbe portato un grande vantaggio al nostro Paese. Successivi sondaggi, fino ai giorni nostri, hanno dato sempre in testa il Si al Ponte.

Oggi però è un altro giorno, e senza alcuna vergogna si cambiano i pareri e si tenta di giustificarli anche con affermazioni insincere, tra le quali: ‘l’Europa non lo vuole’; ‘si pubblicano elenchi di espropriandi per un ponte che non c’è’, ‘la Regione avvia corsi di specializzazione per un’opera archiviata’, ‘il 21 settembre l’Europa ritira i finanziamenti promessi’, ‘con la crisi finanziaria mondiale è impensabile fare il ponte’. Ma, com’è facile rendersene conto, sono solo pietosi tentativi per addolcire la pillola amara, che non si vuole ingoiare, di una realtà ormai in divenire e che potrebbe portare ad un nuovo futuro per tutta l’area, sempreché si sia in grado di coglierne opportunità e sfide, come abbiamo avuto modo di scrivere in passato.

Un aspetto, comunque, va chiarito. Se non altro per l’opinione pubblica che non può essere mal guidata così vistosamente in tempi di difficoltà economiche: quella dei finanziamenti promessi e poi ritirati da parte dell’Europa. Ma quando mai. L’Europa non poteva, né può, ritirare alcunché per la semplice ragione che non aveva assunto alcun impegno finanziario. Infatti il 40% del finanziamento (quello pubblico) è stato alla base della gara d’appalto ed è formato da 1,3 miliardi di euro decisi dal Cipe, e da 1,2 miliardi frutto dell’aumento di capitale da parte della ‘Stretto di Messina’. Il restante 60%, così come deciso fin dall’inizio, sarà reperito nel mercato finanziario privato.

Fino ad ieri si ironizzava sulla reale possibilità di tale reperimento, ma da oggi crediamo sia impossibile farlo perché è sceso in campo anche Pechino che, ‘sollecitata’ a comprare parte del debito italiano, ha fatto sapere attraverso la China Investment Corporation (uno dei più grandi fondi sovrani della Cina, Paese che avrebbe già acquistato il 4% dei nostri titoli di Stato) che se proprio deve investire in Italia preferisce, come ha fatto sapere il Ministro Matteoli presente ad uno degli incontri, farlo finanziando il Ponte sullo Stretto e altre infrastrutture trasportistiche.

In tempi di ristrettezze economiche, e in tempi, anche per il nostro Paese, di urgenza di crescita sarebbe delittuoso cincischiare su un’opera che, volenti o nolenti, sarà determinante per il Mezzogiorno, le sue infrastrutture, l’alta velocità, la fine del suo isolamento e il vero cambio di passo economico e culturale nei suoi territori.

Mai come in questo momento, quindi, la Cina, come si diceva una volta, la consideriamo amica e vicina. E mai come adesso siamo convinti che il ruolino di marcia del ponte debba procedere con tutte le accortezze del caso. Entro settembre il progetto definitivo sarà trasmesso al Ministero delle Infrastrutture che potrà convocare ed aprire la Conferenza di servizi che dovrà concludersi entro 60 giorni. Dopo il progetto sarà trasmesso al Cipe per l’approvazione definitiva.

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Author: Cristina

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