Quando l’arte e l’Aspromonte si incontrano per parlare del perdono

foto1

Questo post é stato letto 31500 volte!

foto1
foto1

Venti giovani delle Accademie di Belle Arti di Reggio Calabria, Roma, Urbino e della Scuola Internazionale della Grafica di Venezia si sono trovati ad Africo antico dal 19 al 26 maggio per un work shop dal titolo ripreso dal Cantico di frate sole di san Francesco “Beati quelli che perdonano per il tuo amore”.

Il Centro Programmazione Culturale Mediterranea di Reggio Calabria, che da anni si occupa di cultura e promozione del territorio reggino, ha scelto Africo antico non solo per il luogo ma perché il paese, abbandonato nel 1951 per lo smottamento della montagna, non è mai stato dimenticato da chi si trasferì allora o da chi è nato sulla costa al nuovo Africo, tenacemente voluto per non perdere né identità né storia. Non lontano da questo borgo ormai diroccato, l’Associazione Santu Leu Apricus ospita all’interno del parco dell’Aspromonte – senza dubbio uno dei più belli d’Italia – gruppi e iniziative che non solo mantengano viva la memoria di quei luoghi ma che ne vogliano promuovere la fruizione.

Così sotto le querce e non in una sala pubblica, la settimana di lavoro si è aperta ascoltando chi, con quegli stessi luoghi, fu testimone di una storia dolorosa e non ancora conclusa, che si può chiamare ‘Ndrangheta.

Il professore Giovanni Curatola ha riunito in convegno coloro che furono coinvolti negli anni dei sequestri, e sono ancora impegnati contro la malavita e il malaffare, per condurre il dibattito sull’attualità proposta dal tema del “perdono e pentimento”. Sono intervenuti tra gli altri lo scrittore Gioacchino Criaco, da Africo, il sostituto procuratore della Repubblica Francesco Mollace, il Luogotenente Cosimo Sframeli, don Nino Pangallo direttore regionale della Caritas, e inoltre Luciana Careri, allora fidanzata del brigadiere dei Carabinieri Carmine Tripodi ucciso nel 1985 e insignito della medaglia d’oro, e Deborah Cartisano, dell’associazione Libera, figlia di Lollò Cartisano, il fotografo rapito nel 1993 e ucciso per avere resistito alle intimidazioni della ‘Ndrangheta.

Al di là dei ricordi ancora emotivamente vivi, le analisi hanno messo in luce una situazione lontana dall’essere sanata che, seppur abbia perso le più clamorose connotazioni di criminalità eversiva, ha proseguito sulla via delle commistioni di interessi celandosi in una zona grigia in cui è difficile distinguere affiliati e chi, in modi diversi, persegue convenienze convergenti.

I giovani artisti dunque si sono trovati di fronte non solo a tragiche rievocazioni e fatti di cronaca attuale, ma a un nodo istituzionale e personale in cui il perdono, testimoniato da Luciana e da Deborah, il pentimento e le esigenze di giustizia rimangono le vie ineludibili di una pacificazione costruttiva. La settimana pertanto è iniziata con una riflessione complessa, concreta, coinvolgente, vissuta quasi in attesa della beatificazione di don Pino Pugliesi, ucciso lo stesso anno del rapimento di Cartisano, che è stata celebrata il giorno 26 maggio, data di conclusione del work shop.

I giovani dovevano trasporre le loro riflessioni in un graphic diary, un diario cartaceo fatto di immagini e parole. Piccole opere d’arte, che verranno esposte in una mostra itinerante che toccherà varie città italiane tra le quali Assisi. Per queste opere gli artisti hanno preferito il simbolismo astratto o naturalistico, dimostrando quanto il perdono in tutte le sue implicazioni umane e cristiane assuma significato esistenziale e valore universale. Ognuno, con impronta davvero originale, ha consegnato non solo un’opera d’arte a tema, ma anche, cosa che posso confermare per il tempo che ho trascorso con loro per l’animazione spirituale e francescana, l’autenticità di una risposta personale e coinvolta che non mancherà di essere apprezzata anche sul piano della qualità artistica.

Questo post é stato letto 31500 volte!

Author: Cristina

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *