Melito Porto Salvo (RC), i partiti si riuniscono

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Nella prospettiva del rinnovo dell’amministrazione comunale di Melito P.S. nella prossima primavera, i partiti riuniti in un tavolo congiunto, hanno indetto un ulteriore incontro presso il circolo Italia dei valori di Melito P.S.  per  definire in modo definitivo i punti essenziali del programma elettorale.

Nello specifico i rappresentanti dell’idv, pdci, sel, pd, api, fli hanno approvato  un programma che prevede, fra l’altro, un no netto alla centrale a carbone di Saline Ioniche, l’istituzione, nella futura governance locale, dello strumento dei bilanci ambientale , sociale e partecipato, l’inserimento di meccanismi finalizzati alla trasparenza dell’attività amministrativa e all’affermazione della legalità contro la prevaricazione mafiosa, un impegno concreto, stante la crisi economica attuale, nell’ambito delle politiche sociali e fiscali.

Nel contempo gli esponenti territoriali delle forze politiche hanno previsto la necessità di una cabina di regia politica dei partiti per la valutazione delle candidature per evitare approcci personalistici e clientelari, evidenziando l’importanza che la politica si riappropri delle proprie funzioni, insieme agli altri soggetti, nella elaborazione  delle scelte fondanti che andranno a caratterizzare la futura amministrazione.

In tal modo si è riaffermata l’importanza di una forte discontinuità rispetto al sistema attuale di gestione della cosa pubblica locale. Infine si è deciso, alla luce dei punti programmatici approvati, di attivare  una serie di incontri con i movimenti civici presenti sul territorio per verificare la possibilità di un percorso comune e in questa direzione il tavolo ha stabilito di organizzare  un momento di confronto programmatico con il  movimento civico di Melito Futura.

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Author: Maria Cristina Condello

Maria Cristina Condello ha conseguito la laurea Magistrale in "Informazione, Editoria e Giornalismo" presso L'Università degli Studi Roma Tre. Nel 2015 ha conseguito il Master di Secondo Livello in "Sviluppo Applicazioni Web, Mobile e Social Media". Dal 2016 è Direttore Responsabile della testata giornalistica ntacalabria.it

2 thoughts on “Melito Porto Salvo (RC), i partiti si riuniscono

  1. Dopo aver letto le affermazioni della Coordinatrice di Legambiente Nicoletta Palladino circa la loro preconcetta avversione al CARBONE, a prescindere, cioè senza alcun approfondimento di merito che consenta di valutare qual’è la situazione in tutti i Paesi ricchi e sviluppati del pianeta circa la produzione elettrica da Carbone, non c’è che da rimanere sconcertati.

    Ma è così difficile documentarsi ed esaminare come i Paesi del G8 o del G20 producono l’elettricità a casa loro e domandarsi poi perchè e per quale ragione il loro “Mix delle Fonti” per la generazione elettrica a casa loro differisca così sostanzialmente da quello che storicamente ed ancora oggi abbiamo in Italia?

    Magari poi ci si potrebbe rendere conto del perchè in Italia l’elettricità costa mediamente oltre il 30% più che ai ns. diretti concorrenti e perchè l’Italia non risulta competitiva nelle sue diverse attività industriali, quelle che danno l’occupazione che tanto invochiamo.

    Oggi una moderna centrale a Carbone ha lo stesso – se non migliore – impatto ambientale di una moderna centrale a Gas Metano, poi si può anche decidere di far a meno dell’elettricità e ritornare velocemente alle condizioni di vita di un secolo fa. Ma non lamentiamocene poi.

  2. “L’avversione al carbone nasce da cattiva informazione”
    di Rinaldo Sorgenti
    Talvolta si scrive su argomenti di particolare interesse senza conoscerne a fondo i presupposti di merito e questo, invece di contribuire ad una migliore e più approfondita conoscenza dei temi, porta ad ulteriore confusione se non addirittura ad alimentare il pregiudizio.
    Colgo quindi l’occasione per tentare di fare chiarezza su diversi “falsi miti e luoghi comuni” che da sempre condizionano il confronto tra l’utilizzo del Gas o del Carbone per la generazione elettrica nel nostro Paese, con alcune riflessioni anche alle fonti cosiddette rinnovabili (FER). Senza un’oggettiva e corretta analisi degli elementi di merito, infatti, si rischia di rimanere ancorati a slogan vecchi e superati, che ancora confondono l’opinione pubblica.
    E’ sorprendente notare che quasi tutti parlino delle emissioni di CO2, magari demonizzando la Centrale di Cerano (BR) perché, essendo l’impianto più grande nel nostro Paese alimentato con questo prezioso combustibile, inevitabilmente emette un maggior quantitativo di anidride carbonica, mentre spesso si discute dell’apparente ritardo dell’Italia rispetto ai vincoli impostici dalla Ue, associando queste emissioni al concetto dell’asserita salvaguardia dell’ambiente.
    Innanzi tutto bisognerebbe sapere e dire a chiare lettere che la CO2 non è di fatto un “inquinante” e non produce alcun effetto nocivo a livello locale. Infatti, le vere emissioni inquinanti riguardano gli ossidi di zolfo e di azoto, le polveri ed i metalli pesanti il cui impatto, comunque e grazie alle moderne tecnologie (CCT), è sostanzialmente e drasticamente ridotto. Infatti, una moderna centrale a Carbone ha sostanzialmente lo stesso impatto ambientale di una moderna centrale a Gas, a parità di elettricità prodotta e tenuto ovviamente conto delle reali condizioni di esercizio di questi impianti nel nostro Paese.
    Peraltro, quando per esempio si lascia intendere che sarebbe opportuno dismettere impianti fondamentali per il sistema elettrico nazionale per sostituirli con produzione elettrica da FER (Fonti Energetiche Rinnovabili) o “provvisoriamente” a Gas metano, evidentemente non si conoscono bene i concetti fondamentali che governano la produzione di elettricità nel Mondo, sia dal punto di vista tecnico che economico, nonché occupazionale, vista l’importanza che ha il poter disporre di abbondante energia a prezzi ragionevoli per poter sostenere la competitività del nostro sistema Paese, sia in ambito locale che internazionale. Nel caso specifico, non riconoscere l’importanza che ha per l’occupazione e l’economia locale la presenza sul territorio di un moderno impianto di generazione elettrica (come appunto la Centrale di Vado Ligure), magari asserendo che la Liguria produce più energia di quanta ne consumi (come se ogni Regione dovesse, autarchicamente, produrre in loco solo quello di cui ha normalmente bisogno e nulla più), vuol dire non contestualizzare le situazioni e far finta di non conoscere la realtà e le caratteristiche del territorio e le necessarie integrazioni che da sempre hanno caratterizzato lo sviluppo delle diverse infrastrutture produttive nei diversi Paesi. Sarebbe chiaramente assurdo – se non impossibile – che ciascun Comune o Provincia producesse in loco SOLO quello di cui necessita (acciaio, vetro carta, metalli, cemento, elettricità, combustibili vari, ecc. ecc.. Tutti immaginiamo l’incredibile sperpero di risorse che questo richiederebbe, con svantaggi a tutti i livelli e per tutta la collettività. Infatti, questo è un concetto solo “ideologico” che nessun saggio governante di un paese sviluppato del Mondo ha mai pensato (neppure nel corso di un sogno/incubo notturno) di attuare.
    Ancora una volta, allora, guardiamo senza pregiudizi fuori dalla nostra finestra e osserviamo cosa avviene nella verde Danimarca a Noordjylland, o in Germania a Niederaussem (Paesi dove le Fonti Rinnovabili hanno avuto un particolare sviluppo, soprattutto per le condizioni di naturale ventosità dei rispettivi territori), dove è in progetto la realizzazione di nuove e moderne centrali alimentate a Carbone; in Germania, peraltro, in un sito che già ospita storici impianti di produzione a Carbone per una potenza 4 volte superiore a quella della Centrale di Brindisi Sud (e 9 volte la potenza complessiva a Carbone della Centrale di Vado dopo la realizzazione del nuovo modernissimo gruppo da 460 MW) e dove il turismo e l’agricoltura di qualità convivono egregiamente intorno a questi moderni impianti.
    Poi, noi tutti dovremmo domandarci qual è il contributo alla generazione elettrica in Germania, assicurato dagli ingenti investimenti eseguiti nel Solare Fotovoltaico (primi assoluti al Mondo), per scoprire che questo assicura loro solo lo 0,5% dell’elettricità che consumano, mentre il Carbone copre il 47% dell’elettricità di cui hanno bisogno! In Danimarca poi (il Paese più ventoso d’Europa), dove troviamo pale eoliche ovunque, anche di fronte alle fredde e desolate spiagge, dove l’Eolico contribuisce per il 13% mentre il Carbone (tutto d’importazione) copre circa il 50% dell’elettricità prodotta in loco. E quando nelle “ore di punta” (cioè di maggior richiesta elettrica) il vento NON spira, sono costretti, per non rischiare il “black-out”, ad importare l’elettricità dalla vicina Svezia, prodotta dal Nucleare!
    Invece, a causa della fuorviante enfasi che è stata posta sulla questione del “Protocollo di Kyoto” e dei conseguenti eccessivi ed ingiustificati oneri di riduzione delle emissioni di CO2 imposti all’Italia nell’ambito Ue, nonchè della visione parziale sulle sole emissioni “post combustione” di Gas e Carbone, anziché sul loro “ciclo di vita” globale, si arriva a stravolgere i concetti fondamentali e le ragioni vere e sostanziali che sono a favore dell’uso del Carbone per la produzione elettrica ovunque nel Mondo, nonché nei Paesi più ricchi e sviluppati del Pianeta.
    Infatti, quando si parla di GHG “Green House Gas” (gas ad effetto serra), si dovrebbe considerare l’insieme delle relative emissioni nell’intero “ciclo di vita” dei diversi combustibili: dal punto di estrazione dai giacimenti – dove avviene la riduzione dagli elementi indesiderati (CO2=anidride carbonica, H2S=idrogeno solforato e N20=protossido di azoto) -, alle emissioni durante il trasferimento ai luoghi di destino, ed infine le emissioni in fase di combustione per produrre l’elettricità. Ciò, purtroppo, non avviene e le stesse Direttive IPPC (Prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) ed ETS (Emissions Trading Scheme) dimenticano totalmente questi elementi fondamentali, concentrandosi solo sulle emissioni a destino, cioè “post-combustione”. Da qui nasce l’errata convinzione che utilizzando il Gas Metano si emetta circa la metà di CO2 rispetto all’impiego del Carbone, quando invece le relative emissioni sarebbero sostanzialmente analoghe qualora – come dovrebbe essere – si conteggiassero quelle complessive.
    Per queste ragioni, il Protocollo di Kyoto si è rivelato chiaramente uno strumento inadeguato ad affrontare il concetto della riduzione delle emissioni globali dei gas ad effetto serra, tanto più che la sua applicazione continua ad essere marginale e limitata ad una parte dei Paesi (solo Ue!), dove peraltro le tecnologie di impiego dei combustibili sono tra le più avanzate ed efficienti nel mondo. Senza peraltro dimenticare che, per ridurre le emissioni di CO2, non basta agire solo sul settore “produzione energia elettrica”, ma bisognerebbe considerare tutte le altre fonti di rilascio, tra le quali e con contributi rilevanti ci sono certamente anche il riscaldamento degli edifici, i trasporti, le diverse altre attività industriali ed il settore delle costruzioni, nonché l’agricoltura.
    Per concludere, allora, mi soffermo sul doppio concreto vantaggio del Carbone rispetto al Gas: grazie all’abbondanza di riserve distribuite in Paesi geo-politicamente diversificati e grazie alla relativa economicità del prezzo, il Carbone da un contributo fondamentale a tenere bassi i prezzi di generazione elettrica (elemento determinante per molte industrie manifatturiere energivore, quali acciaio, cemento, carta, vetro, metalli vari, ecc.), oltre a liberare ingenti risorse, utili anche alla ricerca sulle Fonti Rinnovabili. Gli esempio sopracitati di Germania e Danimarca ne sono una concreta evidenza, sotto gli occhi di tutti coloro che vogliono approfondire l’argomento senza pregiudizi inutili, dannosi ed altresì costosi.
    Un ultimo accenno anche all’aspetto dei costi di Kyoto, che diversi giornali riportano come gravoso onere che l’Italia dovrà pagare per l’apparente mancato rispetto dei limiti di emissione di CO2. Al riguardo è importante considerare (e sapere) che ai tedeschi hanno riconosciuto emissioni pro-capite di 14,92 tonn./anno di CO2 contro solo 8,7 tonn./anno a noi italiani! Ma che bravi (a Bruxelles) e di grazia: perché questa discriminazione, se la CO2 NON è dannosa alla salute, tantomeno in ambito locale? La risposta è purtroppo semplice e …sconcertante: “Purtroppo, chi ha negoziato per noi a Bruxelles nel 1998 e successivamente con gli ultimi P.N.A. (Piano Nazionale di Allocazione) si è fatto platealmente gabbare e sulla scia di un “falso ambientalismo” si è fatto concedere un volume di emissioni assolutamente penalizzante per l’Italia e per la competitività del nostro sistema Paese, nonostante noi avessimo la più bassa “intensità energetica”, vale a dire produciamo lo stesso bene consumando meno energia dei nostri concorrenti Ue” e le più basse emissioni pro-capite di CO2, secondi solo alla Francia, perché produce il 78% dell’elettricità con il Nucleare!
    Quindi la Germania (con circa 81 milioni di abitanti), che emette ogni anno 1.230 milioni di tonnellate di CO2 ed ha il 47% di Carbone nel “Mix delle Fonti”, appare già sotto, dopo il primo anno di vigenza del P.Kyoto, del 2,8% rispetto al “tetto” di emissioni di CO2 loro assegnato (con un’eccedenza di quote per oltre 40 milioni di tonn./anno!), mentre l’Italia (con circa 58 milioni di abitanti), con i propri 520 milioni di tonnellate/anno di CO2 ed il 59% di Gas nel “Mix Energetico” nazionale, appare in ritardo per circa il 13% rispetto al “tetto” di emissioni di CO2 assegnatoci. Vi sembra che Italia e Germania siano state trattate nello stesso modo? Per non parlare poi della Francia e della Gran Bretagna.
    Nella speranza di aver contribuito a fare un po’ di chiarezza, invito tutti a documentarsi meglio su tutti questi argomenti ed a pretendere maggiore informazione tecnica per poter meglio valutare tutti questi argomenti, così importanti per noi tutti.

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