“Il lago magico” di Graziella Baglio, la recensione del libro

lago magico

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Graziella Baglio, “Il lago magico“, Kimerik Edizioni, pp.146.

E’ difficile accettare una critica, soprattutto quando viene da un parente, un amico, un conoscente o un estraneo” affermava Franklin P. Jones. La critica può non essere piacevole, ma è necessaria: se non fosse vera, si potrebbe ignorarla; se fosse ingiusta si potrebbe evitare un’inutile irritazione; se fosse ignorante, si potrebbe sorridere; ma se fosse giustificata, si dovrebbe imparare da essa.

Scorrendo i primi capitoli del libro “Il lago magico” di Graziella Baglio, editato da Kimerik, uscito il 13 marzo 2017 sotto forma di “Romanzo, drammatico, contemporaneo” la critica che un lettore potrebbe muovere è quella di avere fra le mani soltanto una storia elementare, dal linguaggio post adolescenziale, con una trama improbabile i cui personaggi sono privi di spessore psicologico e soprattutto di carattere.

Il libro, in breve, è ambientato a Fussen, Monaco di Baviera e racconta la storia di Carol, la protagonista del romanzo, che vive in una lussuosissima casa con vista sul lago Lech; in questo luogo, ritenuto incantato e magico, nasce una storia d’amore fra la stessa Carol e Jason, un giovane vicino di casa, con cui ella trascorreva le proprie giornate. A causa della crisi economica e di alcuni affari illeciti del padre, divenuto successivamente collaboratore di giustizia, Carol, senza neppure il tempo di salutare Jason, verrà trascinata via dalla sua famiglia, senza alcuna spiegazione, in un paese remoto della Sicilia. Da ora innanzi una bugia dei genitori condizionerà la sua vita e quella di Jason. Ella, a causa di questa menzogna, conoscerà e sposerà Marco dando vita ad un matrimonio frettoloso ed infelice. E poi c’è Jason che a distanza di anni, sempre in quella baita, non ha dimenticato Carol ed è convinto che un giorno lei ritornerà. E lei ritornerà, appunto, per farci una figlia “inaspettata”, morire di cancro nelle sue braccia dopo aver tentato di ricongiungere frettolosamente i cocci di una vita che non ha saputo vivere, e, altresì, programmare le vite altrui dopo la sua morte”.

Non c’è passione, non c’è amore, anche quello che lei prova per Jason è un amore indolente, che non osa, che non agisce; Carol non ha carattere, lo riscopre solo in punto di morte, trovando il coraggio di fare quello che non avrebbe mai fatto se fosse stata in salute: lasciare il marito e tornare al principio. Non c’è spessore psicologico nel suo personaggio, non c’è la benché minima parvenza di una donna vitale, audace. E’ una donna marionetta prima imboccata dal padre e la madre, poi dal marito, dai suoceri. L’unico personaggio che si sarebbe potuto salvare è la sorella, Janette, se solo Carol non le avesse, alla fine, combinato il matrimonio, dopo la sua morte, con il tanto amato Jason.

Noi lettori potremmo anche perdonare l’improbabilità della trama, lo stile linguistico colloquiale, la mancanza di discorsività in alcuni capitoli che potevano essere approfonditi, e elogiare magari la punteggiatura che risulta ben organizzata, ma non è possibile in alcun modo perdonare al libro la mancanza di ritmo narrativo: esso verte sulla confusione, sull’accozzaglia di eventi che tentano di dare suspense ma che, inevitabilmente, risultano costruiti e artefatti, sconnessi fra il magico e il reale.

Che romanzo voleva essere questo libro? Un romanzo di formazione, un romanzo psicologico, un romanzo rosa? Sicuramente, a mio avviso, non è Letteratura!

Di questo libro rimane solo il magnifico paesaggio della Baviera, così come si evince dall’incipit del testo, la superba copertina di Pixabay con i due cigni  che svolazzano sul lago, e un dispiacere immane per lo spreco di cellulosa.

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