Pentedattilo, “Teatro Primo” in scena con “FEDERICO II ME”

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Teatro nel borgo antico di Pentedattilo. La compagnia teatrale“Teatro Primo” di Villa San Giovanni mette in scena questa sera 17 agosto a partire dalle ore 21:00 “FEDERICO II ME” di Domenico Loddo con Stefano Cutrupi, Elvira Ghirlanda, Silvana Luppino, Alessio Praticò.

La regia è diretta da Christian Maria Parisi e le luci Guillermo Laurin. L’evento avrà luogo presso l’anfiteatro e l’ingresso è libero.

pentedattilo

La storia

Le parole annientano le cose. Nel momento stesso in cui un oggetto, un uomo, un fatto o una riflessione entrano nei meccanismi di un racconto, questi perdono la valenza del reale e assumono i connotati della fabula. Una vita narrata deve sottostare ai codici dell’intreccio, subendo l’onta della struttura che esige analessi e prolessi, di modo che la storia che si svolge sotto i nostri occhi sia un continuo gioco di anticipazioni e regressioni, per arrivare al climax stimolando fino al parossismo la suspense. Cioè, in definitiva, un po’ come accade con i preliminari prima del coito.
Questo “Federico II me” non si sottrae dunque alla logica di “situazione iniziale/rottura dell’equilibrio/evoluzione della vicenda/ristabilimento dell’equilibrio/situazione finale”, ma la complica per quanto può, portandola alle estreme conseguenze. La biografia di Federico II è continuamente tradita dalle stesse parole che cercano di raccontarlo. Avviene una cruenta autopsia della sua memoria storica, come se l’appuntamento con il presente narrante gli fosse stato dato sul freddo tavolo di un obitorio, al cospetto di un bisturi implacabile, e non su una scena che lo mitizzi come merita. Ma alla luce di questo, il tradimento operato nei confronti della sua esistenza lo porta al di là della finzione scenica, rendendolo reale proprio in virtù di questa sua assenza.
Renè Magritte dipinse una bellissima pipa, scrivendoci sopra che quella non era una pipa, perché in effetti quella era solo la rappresentazione di una pipa. Una pipa si tocca, si accende, si aspira, in un cerimoniale che poi t’invade le narici del suo umore fumante.
Il nostro Federico II non è Federico II, ma proprio perché c’è questa consapevolezza che non lo sia, lo diventa. Nella nostra drammaturgia ne possiamo disporne a piacimento, e quello che alla fine appare evocato dalle nostre parole non è più il simulacro di Federico II se stesso, ma la presenza tangibile e inequivocabile di Federico II noi.

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Author: francesca

autore e collaboratore di ntacalabria.it

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